Gas serra: c’è il pericolo (ignorato) del permafrost sottomarino
Anche se non sono una bomba a orologeria, non possiamo continuare a ignorare i gas serra del permafrost sottomarino
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Secondo lo studio “Subsea permafrost carbon stocks and climate change sensitivity estimated by expert assessment”, pubblicato recentemente su Environmental Research Letters da un team internazionale di 25 ricercatori.25 ricercatori, il permafrost finito sotto la superficie del mare attualmente intrappola 60 miliardi di tonnellate di metano e 560 miliardi di tonnellate di carbonio organico.
Lo studio, unico nel suo genere, si occupa di una cosa della quale si sa poco: i sedimenti e il suolo congelati – il permafrost sottomarino – che, anche se si scongelano lentamente, rilasciano metano e carbonio che potrebbero avere impatti significativi sul clima. Per capire di cosa si sta parlando, come spiega una delle autrici dello studio, Jennifer Frederick dei Sandia National Laboratories, «Dalla rivoluzione industriale, gli esseri umani hanno rilasciato circa 500 miliardi di tonnellate di carbonio nell’atmosfera».
Mentre i ricercatori ridimensionano precedenti allarmi sullo scioglimento del permafrost sottomarino, «Non è una bomba a orologeria e potrebbe impiegare centinaia di anni per emettere i suoi gas serra», la Frederick fa notare che «Lo stock di carbonio del permafrost sottomarino rappresenta un potenziale enorme feedback dell’ecosistema al cambiamento climatico non ancora incluso nelle proiezioni e negli accordi climatici. Si prevede che verrà rilasciato per un lungo periodo di tempo, ma è ancora una quantità significativa. Questa valutazione di esperti sta portando alla luce che non possiamo semplicemente ignorarlo perché è sott’acqua e non possiamo vederlo. E’ in agguato lì ed è potenzialmente una grande fonte di carbonio, in particolare metano».
Il team di ricercatori guidato da Sayedeh Sara Sayedi e Benjamin Abbott del Department of plant and wildlife science della Brigham Young University, ha analizzato studi e rapporti disponibili sull’argomento per capire qunto e come il permafrost sottomarino possa influenzare i cambiamenti climatici. Lo studio è stato coordinato dal Permafrost Carbon Network che conta più di 400 ricercatori in130 istituti di ricerca in 21 Paes e che hanno cercato di rispondere ad alcune domende: «Qual è l’attuale estensione del permafrost sottomarino? Quanto carbonio è bloccato nel permafrost sottomarino? Quanto è stato e verrà rilasciato? Qual è il tasso di rilascio nell’atmosfera?»
La Frederick che realizza modelli del permafrost sottomarino da quasi 10 anni, collabora con l’Arctic Science and Security Initiative di Sandia, che lavora per il Department of Energy Office of Biological and Environmental Research. Una collaborazione più che ventennale che permette ai ricercatori di iniziare a decifrare le tendenze del permafrost sottomarino. La Frederick ha sottolineato: «Spero che questo studio inizi a unire la comunità di ricerca sul permafrost sottomarino. Storicamente, non è stato solo un luogo impegnativo per svolgere il lavoro sul campo e fare osservazioni, ma le barriere linguistiche e altri ostacoli all’accessibilità alle osservazioni e alla letteratura esistenti hanno rappresentato una sfida per il progresso scientifico internazionale in questo settore».
Il team internazionale stima che il permafrost sottomarino si sia cominciato a scongelare dalla fine dell’ultimo periodo glaciale, 14.000 anni fa, e che attualmente rilasci ogni anno circa 140 milioni di tonnellate di anidride carbonica e 5,3 milioni di tonnellate di metano nell’atmosfera. La Sayedi sottolinea che «Si tratta di una piccola frazione delle emissioni totali di gas serra causate dall’uomo all’anno, circa la stessa impronta annuale della Spagna».
Tuttavia, secondo lo studio, «I moderni rilasci di gas serra sono principalmente il risultato della risposta naturale alla deglaciazione». Lo studio suggerisce che «Il riscaldamento globale causato dall’uomo può accelerare il rilascio di gas serra, ma a causa della mancanza di ricerca e incertezze in quest’area, le cause determinanti e i tassi di rilascio rimarranno sconosciuti fino a quando non saranno disponibili migliori stime empiriche e modellistiche». La Frederick aggiunge: «Sono ottimista che questo studio farà luce sul fatto che esiste il permafrost sottomarino e che le persone stanno studiando il suo ruolo nel clima. Le dimensioni della comunità di ricerca non riflettono necessariamente la sua importanza nel sistema climatico».
Quasi tutti gli esperti coinvolti nello studio hanno menzionato il gap di conoscenze sul permafrost, che rende più difficile agli scienziati anticipare i cambiamenti e riduce l’affidabilità delle stime sui pozzi e i flussi di carbonio, nonché le condizioni termiche e idrologiche del permafrost.
La Frederick conclude: «Mentre c’è una ricchezza di ricerche in corso sul permafrost terrestre, il permafrost sottomarino non è mai stato affrontato in questo modo prima e non è stato oggetto di altrettanta collaborazione internazionale. Se confrontata con l’ammontare del carbonio nel permafrost terrestre e con quello che c’è oggi nell’atmosfera, la quantità di carbonio sequestrato o associato al permafrost sottomarino è rilevante. Questo è un esempio di una grande fonte di carbonio che non è stata considerata nelle previsioni o negli accordi sul clima. Anche se non sono una bomba a orologeria, ciò che è certo è che gli stock di carbonio del permafrost sottomarino non possono continuare a essere ignorati e abbiamo bisogno di saperne di più su come influenzeranno il futuro della Terra».