Oxia Planum è stat scolpita dai venti marziani

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Oxia Planum è stat scolpita dai venti marziani

Acqua, ma anche forti venti hanno modellato le rocce e le dune di sabbia presenti nella regione marziana Oxia Planum, scelta quale sito di atterraggio della prossima missione euro-russa per lo studio del Pianeta rosso. A guidare lo studio, pubblicato sulla rivista Geophyiscal Research Letter, Simone Silvestro, ricercatore Inaf
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Non solo l’acqua, che in passato scorreva copiosa, ha modellato Oxia Planum, la regione del pianeta Marte selezionata per questa sua caratteristica come sito di atterraggio della futura missione ExoMars delle agenzie spaziali europea e russa. Un nuovo studio su Oxia Planum guidato da Simone Silvestro, ricercatore dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) mostra evidenze di un cambiamento del regime dei venti avvenuto negli ultimi tre miliardi di anni della storia del Pianeta rosso, i cui effetti sono oggi visibili nelle immagini delle rocce erose e delle sabbie presenti nella zona. 

La ricostruzione tridimensionale della regione Oxia Planum di Marte ottenuta dalle riprese dalla fotocamera HiRise a bordo del Mars Reconnaissance Orbiter della Nasa. Sono ben visibili le strutture geologiche denominate Periodic Bedrock Ridges (Pbrs). Crediti: Nasa/Jpl/University of Arizona

Oxia Planum, situata in prossimità dell’equatore marziano, mostra segni geologici e mineralogici di due distinte epoche in cui l’acqua era presente in superficie nella cosiddetta era Noachiana, riconducibile a un intervallo di tempo compreso tra 4,1 e 3,7 miliardi di anni fa. «Nel nostro nuovo studio siamo riusciti a mettere in evidenza un cambiamento del regime dei venti prevalenti che sferzano Oxia Planum che si sarebbe verificato nell’ultimo periodo geologico del pianeta, l’Amazzoniano, da tre miliardi di anni fa fino ad oggi», dice Silvestro, in forza all’Inaf di Napoli e primo autore dell’articolo pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters. «In questo periodo il clima marziano ha subìto anche cambiamenti consistenti dovuti alle variazioni caotiche dei suoi parametri orbitali, come l’inclinazione e la precessione dell’asse di rotazione ed il cambiamento dell’eccentricità dell’orbita. Vista la mancanza di acqua in superficie durante l’Amazzoniano, il vento è ed è stato il principale agente di modificazione della superficie» prosegue il ricercatore. 

Simone Silvestro durante una campagna di ricerca in Marocco nel luglio del 2017 dedicata al monitoraggio di dune e ripple da paragonare con gli analoghi marziani

I cambiamenti dell’insolazione superficiale causati dal modificarsi dei parametri orbitali provocano alterazioni locali di temperatura che possono a loro volta causare variazioni nell’intensità e nella direzione dei venti sul pianeta. Tali cambiamenti possono essere “registrati” dalle morfologie eoliche. Ad esempio, sulla Terra, il “cuore” più antico dei grandi deserti sabbiosi risale all’ultimo massimo glaciale tra 31 mila e 16 mila anni fa. In quell’epoca il clima era più secco, poiché l’umidità era “intrappolata” nei ghiacciai, ed i venti più forti. I venti spirati negli ultimi millenni hanno poi rimodellato le dune più antiche, formando strutture sabbiose complesse in cui dune più piccole si sovrappongono a quelle più antiche.

La stessa cosa accade su Marte. «In particolare, nell’area di studio di Oxia Planum, abbiamo identificato un sistema geologico complesso in cui forme eoliche più giovani tracciate da venti provenienti da Sudest, i cosiddetti megaripple o transverse aeolian ridge, si sovrappongono ad una struttura più antica modellata dai venti provenienti da Nord», aggiunge Silvestro. «I nostri risultati mostrano che la struttura più antica è “scavata” nella roccia e rappresenta l’impronta di un sistema di megaripple originatosi dopo la formazione di un’unità vulcanica scura che uno studio precedente colloca all’inizio dell’Amazzoniano, e dopo un altro grande evento di erosione eolica che ha modellato i bordi dei crateri più grandi ed antichi». Queste strutture regolari scavate nella roccia sono comunemente chiamate Periodic Bedrock Ridges (Pbrs) e sono state solo recentemente scoperte sulla Terra. 

Francesca Esposito nel laboratorio dell’Inaf di Napoli

«Nel nostro articolo mostriamo quindi che forti cambiamenti climatici nel sito di atterraggio della missione ExoMars 2022 non sono limitati al Noachiano, ma sono avvenuti anche nel più ‘recente’ Amazzoniano», aggiunge Francesca Esposito, anche lei ricercatrice Inaf a Napoli e coautrice dello studio. «Le nostre ipotesi sull’origine eolica del sistema relitto identificato in Oxia Planum e sulla direzione dei paleoventi che vi spiravano potranno essere testate direttamente dalla missione ExoMars e potranno essere d’aiuto nell’interpretazione della geologia del sito di atterraggio, analogamente a quanto avvenuto per il rover Curiosity della Nasa nel cratere Gale». 

Essendo scavati in un’unità rocciosa ricca in argilla, come dimostrato da dati mineralogici ricavati dalle sonde orbitanti attorno a Marte, i Pbrss rappresentano una finestra erosiva importante nei primi centimetri e metri di una struttura geologica di grande interesse dal punto di vista astrobiologico presente in Oxia Planum. La strumentazione meteorologica a bordo della piattaforma fissa di ExoMars che si poserà sulla superficie del pianeta permetterà di ricostruire in maggior dettaglio l’attuale regime dei venti in quella regione e, di riflesso, aiuterà gli scienziati a comprendere meglio la portata del cambiamento climatico descritto in questo studio.  Ma non è tutto: strutture eoliche complesse simili a quelle visibili in Oxia Planum – che possiedono cioè la sua stessa orientazione – sono state scoperte anche in Meridiani Planum, una regione 1600 km a Sudovest dell’area di studio e sito di atterraggio del Rover della Nasa Opportunity. L’identificazione e la corretta interpretazione di megaripple e PBRs possono fornire quindi importanti e più estese informazioni sui cambiamenti climatici marziani avvenuti nell’epoca Amazzoniana.

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