Le eruzioni storiche dell’Etna
Parte 1. Dall’epoca greca alla fine del ‘500
di Stefano Branca e Jean-Claude Tanguy
ingvvulcani.com
La storia eruttiva dell’Etna negli ultimi tremila anni è oggi meglio conosciuta grazie a recenti ricerche multidisciplinari che hanno permesso di ricostruire con maggiore dettaglio l’attività storica del vulcano siciliano.
Durante la realizzazione della nuova Carta geologica dell’Etna è stata effettuata una revisione della storia delle eruzioni grazie ad un approccio multidisciplinare di tipo stratigrafico, radiometrico, archeomagnetico, paleomagnetico e storico (Figura1).
Il “periodo storico” dell’Etna comprende circa tre millenni ed in base ad una opinione consolidata si ritiene che le eruzioni del vulcano siciliano durante questo intervallo siano ben conosciute attraverso le informazioni delle fonti storiche. In realtà, sono presenti enormi lacune temporali nei documenti storici; ad esempio non ci sono validi resoconti in merito al periodo compreso tra il 252 d.C. e il 1062. Inoltre, andando più indietro nel tempo, le fonti di epoca Greco-Romana sono spesso inaffidabili e soprattutto non sono così accurate da permettere di individuare le bocche eruttive o l’estensione spaziale delle colate laviche. Ne consegue che i principali parametri vulcanologici delle eruzioni, fra cui la stima del volume dei prodotti vulcanici, risultano molto dubbi o completamente sconosciuti. Questi dati sono fondamentali per ricostruire le dinamiche del vulcano e per una ricostruzione attendibile dell’attività eruttiva. Pertanto, per superare i limiti di conoscenza legati al solo uso delle fonti storiche, durante la realizzazione della nuova carta geologica dell’Etna è stato applicato un approccio multidisciplinare.
Recenti datazioni archeomagnetiche e radiometriche (misure 226Ra-230Th), hanno evidenziato che l’80% delle colate laviche “attribuite” sulla base di fonti storiche antecedenti al XVIII secolo non erano state prodotte realmente dalle eruzioni citate nei documenti storici. La discrepanza di alcune età attribuite nella cartografia geologica precedente variava da secoli fino al millennio.
I documenti storici riguardanti le eruzioni dell’epoca Greco-Romana e medievali sono scarsi e generalmente non precisi sull’ubicazione dei prodotti vulcanici; solo una colata lavica di questo periodo può essere attribuita ad una data precisa riportata nelle fonti storiche. Si tratta di quella che ha raggiunto il mare nel 396 a.C. e bloccato l’avanzamento dell’esercito cartaginese, in accordo con quanto narrato da Diodoro Siculo. Questa eruzione corrisponde al vasto campo lavico presente presso l’attuale villaggio di Santa Tecla (mg nelle Figure 1 e 2), generato dal cono di scorie del Monte Gorna, in quanto è l’unica colata lungo la costa la cui età archeomagnetica è compatibile con l’evento riportato da Diodoro. Invece, le fonti delle eruzioni riportate nel 479 e nel 425 a.C. non permettono di localizzare i prodotti di tali eventi. Il vasto campo lavico generato dal M. Arso (aa), nel basso versante sud-occidentale del vulcano, a monte di S. Maria di Licodia, ha un’età radiometrica (misurata con il metodo 226Ra-230Th) di 920 a.C. ± 550 e pertanto potrebbe corrispondere ad uno di questi due eventi riportati da Tucidide.
Nel 140 a.C. lo storico romano Julius Obsequens riporta dei generici “fuochi” più grandi del solito, riferibili probabilmente ad un’attività sommitale. In seguito due grandi eruzioni laterali, localizzate nel basso versante meridionale ed in quello sud-orientale, hanno generato i coni di Monpilieri (ir) e di Salto del Cane (sd) (Figg. 1 e 2). Tenendo in considerazione l’incertezza nelle età ricavate con i metodi archeomagnetici e 226Ra-230Th, queste eruzioni potrebbero essere quelle avvenute nel 135 e nel 126 a.C., in accordo con Julius Obsequens che in quelle date riporta un’intensa attività sia esplosiva che effusiva.
Nel 122 a.C. avvenne la grande eruzione pliniana che produsse la caldera de Il Piano ed… L’ARTICOLO CONTINUA QUI