Ci aspetta un futuro assurdo se continueremo a sottostimare le sfide ambientali
17 scienziati: è innegabile che sia in corso la sesta estinzione di massa. Le azioni individuali non bastano, necessari grandi cambiamenti sistemici e veloci
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Con lo studio/appello “Underestimating the Challenges of Avoiding a Ghastly Future” pubblicato su Frontiers in Conservation Science, 17 eminenti scienziati – Corey Bradshaw e Frédérik Saltré (Flinders University), Paul Ehrlich, Joan Diamond, Rodolfo Dirzo e Anne Ehrlich (Stanford University),Andrew Beattie, Graham Pyke e Christine Turnbull (Macquarie University), Gerardo Ceballos (Universidad Nacional Autónoma de México), Eileen Crist (Virginia Tech), John Harte (University of California – Berkeley), Mary Ellen Harte (The Rocky Mountain Biological Laboratory), Peter Raven (Missouri Botanical Garden), William Ripple (Oregon State University), Mathis Wackernagel (Global Footprint Network) Daniel Blumstein (University of California- Los Angeles – UCLA) – lanciano un drammatico allarme: nei prossimi decenni, «Senza un intervento immediato e drastico, gli esseri umani dovranno affrontare un orribile futuro», compresi salute in declino, devastazione climatica, decine di milioni di migranti ambientali e altre pandemie.
Gli scienziati citano più di 150 studi scientifici e sottolineano che «La portata delle minacce alla biosfera e a tutte le sue forme di vita – inclusa l’umanità – è infatti così grande che è difficile da afferrare anche per esperti ben informati». Poi concludono: «Che siamo già sulla strada di una sesta estinzione importante è ora scientificamente innegabile (…) Il mainstream sta avendo difficoltà a cogliere l’entità di questa perdita, nonostante la costante erosione del tessuto della civiltà umana (…) Il nostro non è un appello alla resa: puntiamo a dare ai leader una “doccia fredda” realistica dello stato del pianeta, essenziale per pianificare al fine di evitare un futuro orribile».
Uno dei firmatari, Blumstein, professore di ecologia e biologia evolutiva e dell’Institute of the Environment and Sustainability dell’UCLA e autore del libro “The Nature of Fear: Survival Lessons from the Wild“, sottolinea: «Poiché troppe persone hanno sottovalutato la gravità della crisi e hanno ignorato gli avvertimenti degli esperti, gli scienziati devono continuare a parlare, ma devono anche evitare sia di addolcire le sfide schiaccianti o di indurre sentimenti di disperazione. Senza apprezzare e trasmettere appieno la portata dei problemi e l’enormità delle soluzioni richieste, la società non riuscirà a raggiungere anche modesti obiettivi di sostenibilità e sicuramente seguirà la catastrofe. Quello che stiamo dicendo è spaventoso, ma dobbiamo essere sinceri e schietti se l’umanità vuole comprendere l’enormità delle sfide che dobbiamo affrontare per la creazione di un futuro sostenibile».
La Terra ha subito 5 estinzioni di massa, ognuna delle quali ha comportato una perdita di oltre il 70% di tutte le specie del pianeta. la più recente è stata quella di 66 milioni di anni fa. «Ora – riporta il documento – l’aumento della temperatura previsto e altri attacchi umani all’ambiente significano che circa 1 milione delle specie delle 7 a 10 milioni del pianeta saranno minacciate di estinzione nei prossimi decenni».
Blumstein ha detto che il punto di non ritorno potrebbe verificarsi entro i prossimi decenni: «Un’estinzione che colpisce fino al 70% di tutte le specie – come le precedenti estinzioni di massa citate nel documento – potrebbe potenzialmente verificarsi entro i prossimi secoli».
Una delle principali tendenze discusse nel documento è la crescita esplosiva della popolazione umana: «Ora ci sono 7,8 miliardi di persone, più del doppio della popolazione della Terra solo 50 anni fa. Ed entro il 2050, la cifra dovrebbe raggiungere i 10 miliardi, il che causerebbe o aggraverebbe numerosi seri problemi. Ad esempio, più di 700 milioni di persone muoiono di fame e più di 1 miliardo è già malnutrito; entrambe le cifre dovrebbero aumentare con la crescita della popolazione. La crescita della popolazione aumenta anche notevolmente il rischio di pandemie, perché la maggior parte delle nuove malattie infettive derivano dalle interazioni uomo-animale, gli esseri umani vivono più vicini che mai agli animali selvatici e il commercio di fauna selvatica continua ad aumentare in modo significativo. La crescita della popolazione contribuisce anche all’aumento della disoccupazione e, se combinata con una Terra più calda, porta a inondazioni e incendi più frequenti e intensi, scarsa qualità dell’acqua e dell’aria e peggioramento della salute umana».
Gli autori dell’appello scrivono che c’è «Una quasi certezza che questi problemi peggioreranno nei prossimi decenni, con impatti negativi per i secoli a venire» e che «I trend globali avversi sono evidenti».
Paul Ehrlich aggiunge: «L’umanità sta attuando uno schema Ponzi ecologico in cui la società deruba la natura e le generazioni future per pagare oggi il miglioramento economico a breve termine». Riprendendo le questioni evidenziate negli ultimi anni da molti attivisti climatici, compresa Greta Thunberg, Blumstein ha detto che «La Thunberg ha assolutamente ragione sull’urgenza dei pericoli che dobbiamo affrontare».
I 17 scienziati scrivono anche che «La gravità delle minacce dovrebbe trascendere il tribalismo politico», ma prendono atto che finora non è stato così e sono scettici su quando o se il cambiamento potrà verificarsi: «La maggior parte delle economie mondiali si basa sull’idea politica che una contromisura significativa ora sia troppo costosa per essere politicamente appetibile. In combinazione con campagne di disinformazione finanziate nel tentativo di proteggere i profitti a breve termine, è dubbio che qualsiasi cambiamento necessario negli investimenti economici di scala sufficiente sarà effettuato in tempo».
Per Paul Ehrlich, «Sebbene sia una notizia positiva che il presidente eletto Biden intenda coinvolgere nuovamente gli Stati Uniti nell’accordo sul clima di Parigi entro i suoi primi 100 giorni di mandato, è un gesto minuscolo data la portata della sfida».
Documento afferma che «Affrontare l’enormità del problema richiede cambiamenti di vasta portata al capitalismo globale, all’istruzione e all’uguaglianza» e suggerisce cambiamenti concreti che potrebbero aiutare a evitare la catastrofe come l’abolizione dell’idea di crescita economica perpetua, la corretta determinazione del prezzo delle esternalità ambientali, porre fine completamente e rapidamente all’uso dei combustibili fossili, regolamentare rigorosamente i mercati e l’acquisizioni di proprietà, tenere sotto controllo il lobbismo delle corporations e favorire l’emancipazione delle donne. Ma gli scienziati firmatari riconoscono anche che «L’innato “pregiudizio all’ottimismo” degli esseri umani ha portato alcuni a ignorare gli avvertimenti sul futuro del nostro pianeta».
Il rapporto arriva infatti dopo che il mondo non è riuscito a raggiungere nemmeno uno degli obiettivi per la biodiversità di Aichi delle Convention on biological diversity per il 2020 e dopo il fallimento di quelli che la comunità internazionale si era data per difendere la biodiversità entro il 2010. L’11 gennaio, all’One Planet Summit, una coalizione di oltre 50 paesi si è impegnata a proteggere quasi un terzo del pianeta, a mare e a terra, entro il 2030.
Ma Blumstein non è ottimista: «Quando avremo compreso appieno l’impatto del deterioramento ecologico, sarà troppo tardi». Paul Ehrlich ha fatto notare in un’intervista a The Guardian che «Il deterioramento ambientale è infinitamente più minaccioso per la civiltà del trumpismo o del Covid-19 .
In “The Population Bomb”, pubblicato nel 1968, Paul e Anne Ehrlich avvertivano che era imminente un’ esplosione demografica e che centinaia di milioni di persone sarebbero morte di fame, anche se poi hanno riconosciuto che alcune previsioni fatte erano sbagliate, ma non il messaggio fondamentale che la crescita della popolazione e gli alti livelli di consumo da parte delle nazioni ricche ci stanno portando alla distruzione. E nell’intervista al Guardian Paul ha ribadito che «La crescita-mania è la malattia mortale della civiltà: deve essere sostituita da campagne che fanno dell’equità e del benessere gli obiettivi della società, non quello di consumare più spazzatura».
Blumstein conclude: «Il nostro punto principale è che una volta che ci rendiamo conto della portata e dell’imminenza del problema, diventa chiaro che abbiamo bisogno di molto di più delle azioni individuali come usare meno plastica, mangiare meno carne o volare di meno. Il punto è che abbiamo bisogno di grandi cambiamenti sistemici e veloci».