Ecco gli Odd Radio Circles, strani cerchi nel cielo radio di Askap

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Ecco gli Odd Radio Circles, strani cerchi nel cielo radio di Askap

Utilizzando il radiotelescopio Askap, in Australia, un team di scienziati ha scoperto un fenomeno anomalo nello spazio profondo, chiamato Odd Radio Circles: sorgenti radio che appaiono nelle immagini del radiotelescopio come grandi cerchi luminosi nel cielo. Di cosa potrebbe trattarsi? Lo abbiamo chiesto a Isabella Prandoni, ricercatrice all’Inaf Ira di Bologna
di Laura Leonardi
www.media.inaf.it

“Somewhere, something incredible is waiting to be known”. Da qualche parte, qualcosa di incredibile aspetta di essere conosciuto, diceva una delle più emblematiche frasi di Carl Sagan, scienziato e scrittore di fama mondiale. E da qualche tempo i radioastronomi, nel loro continuo lavoro di esplorazione del cosmo, sembra si siano imbattuti in alcuni oggetti apparentemente mai osservati prima.

Tre dei quattro Odd Radio Circles (Orc) scoperti dal radiotelescopio australiano Square Kilometer Array Pathfinder (Askap) nel 2019. Crediti: Norris et al.

Utilizzando il radiotelescopio australiano Askap (Australian Square Kilometre Array Pathfinder) – uno degli array di radiotelescopi più sensibili al mondo, situato presso l’Osservatorio radioastronomico di Murchison –  sono state individuate curiose sorgenti radio denominate Odd Radio Circles (in italiano, strani cerchi radio) che appaiono come dischi fortemente circolari, più luminosi lungo i bordi e con un diametro di circa un arcominuto di (quasi il tre per cento della dimensione apparente della Luna). 

Gli Orc individuati con Askap attualmente sono quattro, e sono stati notati per la prima volta alla fine del 2019, durante le prime osservazioni effettuate per il progetto pilota Evolutionary Map of the Universe da Anna Kapinska, radioastronoma responsabile del progetto e coautrice dello studio in uscita su Publications of the Astronomical Society of Australia, guidato da Ray Norris, che descrive la scoperta. Queste misteriose sorgenti radio stanno destando stupore e curiosità in molte parti del mondo e i ricercatori hanno immaginato vari possibili meccanismi all’origine del fenomeno, ma nessuno di essi sembra fornire una spiegazione convincente. C’è chi sostiene si tratti di fenomeni legati alle esplosioni di supernova, oppure collegati all’attività evolutiva di una galassia. Altri invece, i più scettici, suggeriscono che le sorgenti radio possano avere origini artificiali, e dunque siano causati da qualche interferenza.

Al momento non c’è modo di confermare o smentire con certezza queste possibilità, ma la questione è molto interessante. Cosa potranno mai essere queste inaspettate sorgenti radio individuate nello spazio profondo? Media Inaf prova a fare il punto con Isabella Prandoni ricercatrice all’Istituto di radioastronomia dell’Inaf di Bologna, attivamente coinvolta nello sviluppo di grandi progetti internazionali come lo Square Kilometre Array (Ska) e in molte fra le maggiori survey radio in corso, inclusa questa che ha portato alla scoperta degli Odd Radio Circles.

Isabella Prandoni, ricercatrice all’Istituto di radioastronomia dell’Inaf di Bologna

L’origine di questi oggetti ancora sfugge. Alcuni sostengono si tratti di resti di supernova, è possibile?

«Queste peculiari sorgenti radio circolari assomigliano moltissimo a resti di supernova. La simmetria eè perfettamente circolare e sono più luminosi ai bordi (cioè lungo la circonferenza esterna), esattamente come spesso si osserva nei resti di supernova. Tuttavia gli Orc si trovano a latitudini galattiche molto elevate, ovvero molto distanti dal piano galattico, dove resti di supernova non sono mai stati osservati. Se gli Orc fossero resti di supernova si tratterebbe di una nuova popolazione di resti di supernova nell’alone della Via Lattea».

C’è qualche altro oggetto che abbia un’apparenza analoga? 

«Anche le nebulose planetarie presentano delle forti somiglianze con gli Orc, tuttavia considerazioni di tipo spettrale rendono questa ipotesi poco plausibile. Infatti gli Orc presentano spettri radio ripidi, consistenti con quelli originati da radiazione di sincrotrone, mentre l’emissione radio delle nebulose planetarie è di tipo termico free-free, con spettro piatto. Ed è altresì difficile ipotizzare che si tratti di un fenomeno associato a lensing gravitazionale. I cosiddetti “anelli di Einstein” hanno diametri al più di qualche secondo d’arco, mentre gli Orc sono 10-20 volte più grandi. In linea di principio un ammasso di galassie massiccio e distante (a redshift ~1) potrebbe creare un anello delle dimensioni degli Orc, ma è difficile che l’ammasso sia così simmetrico e ben allineato con la sorgente di background da formare un cerchio come quelli che osserviamo. Su queste scale ciò che usualmente vediamo è un insieme di immagini replicate distinte».

Dunque secondo lei di cosa si tratta? O di cosa spera che si tratti?

«Dal punto di vista morfologico gli Orc somigliano molto ai resti di supernova, e quel tipo di morfologia si può adattare anche ad altre tipologie di fenomeni transienti. In effetti l’immagine circolare che osserviamo può suggerire che si tratti un oggetto sferico, per esempio un’onda sferica propagata da un evento di tipo esplosivo. Questa a mio parere è un’ipotesi molto suggestiva. Tuttavia per spiegare le grandi dimensioni di questi oggetti bisognerebbe ipotizzare che l’evento sia avvenuto molto indietro nel tempo, ovvero che l’onda abbia avuto il tempo per propagarsi a grandi distanze dal punto di origine. Un’altra ipotesi suggestiva è che si tratti di getti di radio galassie osservati da una prospettiva inusuale o con proprietà peculiari. Questa ipotesi potrebbe forse spiegare il caso di due degli Orc osservati, che si trovano molto vicini tra loro e sembrano quindi essere associati a uno stesso fenomeno».

Immagine del primo Orc individuato su uno sfondo di galassie a lunghezze d’onda visibili. Al centro dell’Orc si vede una galassia arancione ma non sappiamo se fa parte dell’oggetto sconosciuto o solo di un problema legato alla prospettiva dell’osservazione. Crediti: Bärbel Koribalski, basata su dati Askap, con l’immagine ottica del Dark Energy Survey

Attualmente non se ne conosce la distanza. Sapere quanto sono lontani potrebbe fornire indizi utili a rivelarne l’identità? 

«Sicuramente. Conoscere la distanza di questi oggetti ci consente di convertire le dimensioni angolari osservate in dimensioni fisiche. Per uno di questi oggetti abbiamo una  identificazione molto plausibile con una galassia che si trova circa a redshift ~0.4. Questo implicherebbe dimensioni lineari di circa 400 chiloparsec [oltre un milione di anni luce, ndr]. Dimensioni di questo tipo sono enormi, se si pensa che le galassie hanno dimensioni di qualche decina di chiloparsec».

State provando a osservarli anche voi con i radiotelescopi dell’Inaf?  

«Gli Orc scoperti con il telescopio australiano Askap si trovano tutti nell’emisfero australe. Solo uno di questi, scoperto con il telescopio indiano Gmrt, si trova nell’emisfero boreale e quindi è osservabile dall’Italia. Tuttavia si tratta di un oggetto estremamente debole. L’unico dei nostri telescopi che potrebbe tentare questo tipo di osservazioni è il Sardinia Radio Telescope. Non sono al corrente di osservazioni in corso, ma non escludo future osservazioni di follow-up per caratterizzarne meglio le proprietà. Viceversa sono personalmente coinvolta in un follow-up con il radio telescopio Low Frequency Array (LoFar), gestito dall’Istituto olandese di radioastronomia (Astron) in collaborazione con diversi altri istituti di ricerca europei, tra cui l’Istituto nazionale di astrofisica».

Ultimamente la radioastronomia offre parecchie sorprese. Prima i Fast Radio Burst, ora questi Odd Radio Circles… Se ci trovassimo davvero di fronte a un evento completamente nuovo, come cambierebbe la nostra comprensione dell’universo? 

«Sarebbe molto eccitante se si trattasse di un fenomeno completamente nuovo. Tuttavia per capire le implicazioni di questa scoperta è necessario prima comprendere meglio la natura di questi oggetti ed eliminare – o confermare – una a una le varie ipotesi formulate. Ciò che è certo è che ci aspetta un lungo lavoro di acquisizione e analisi di dati e di confronto con la teoria».


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