Il 92% dei ghiacciai alpini rischia di scomparire entro la fine di questo secolo
ITP di Trieste: gravi ripercussioni per il turismo invernale, l’economia e l’ambiente alpino. “Sono necessarie azioni tempestive e decise per cambiare il corso degli eventi e cercare di preservare un elemento così centrale nell’ecosistema alpino europeo”
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Secondo il climatologo Filippo Giorgi dell’International center for Thoretical Physics (ITP) di Trieste, «Tutti i ghiacciai alpini continueranno a diminuire nei prossimi decenni, e infatti la maggior parte rischia di scomparire completamente entro la fine del secolo».
Giorgi è uno degli autori del nuovo studio “200 years of equilibrium-line altitude variability across the European Alps (1901−2100)” pubblicato su Climate Dynamics da un team di ricercatori dell’ITP e dell’Aberystwyth University nell’ambito del progetto CHANGE finanziato dall’Unione Europea e coordinato dall’università gallese, e che ha evidenziato «Un allarmante andamento dei ghiacciai nelle Alpi europee, destinati a scomparire quasi del tutto entro la fine di questo secolo».
Il team internazionale di ricercatori ha creato un modello di ghiacciai alpini, calcolando le condizioni in cui i ghiacciai sarebbero in equilibrio, cioè stabili e non a rischio di scioglimento, a seconda di vari fattori ambientali e climatici. «Lo scopo principale della ricerca – spiegano all’ITP – era quello di fare previsioni più accurate sulla probabile risposta dei ghiacciai ai cambiamenti climatici».
Devastanti conseguenze per il turismo, l’economia e l’ambiente alpini,
Giorgi evidenzia che «I risultati di questo studio indicano l’inevitabile destino della scomparsa dei ghiacciai alpini, per tutti i vari scenari di aumento dei gas serra nell’atmosfera esaminati, anche per quelli più ottimisti. Nel caso dello scenario business as usual, nel quale tutto rimane uguale e non vengono presi provvedimenti per cambiare la situazione, le previsioni indicano che la scomparsa di quasi tutti i ghiacciai alpini è certa».
Mentre la politica italiana litiga sul divieto di passare le vacanze natalizie sugli sci, ignora che i 4.000 ghiacciai alpini, che comprendono destinazioni sciistiche affollate molto amate dagli europei, come il famoso Piccolo Cervino a Zermatt, in Svizzera, il ghiacciaio di Hintertux in Austria e il ghiacciaio La Grand Motte a Tignes, in Francia, sono a rischio estinzione in breve tempo e che per le località italiane più in basso il destino è già segnato, se non già abbondantemente in corso.
Secondo il nuovo studio, «I ghiacciai di queste famose località sciistiche scompariranno quasi completamente entro il 2100. Questo aggiungerà numerosi effetti a catena sull’accumulo e il deflusso dell’acqua, sull’ambiente e sugli ecosistemi alpini». I risultati dello studio dimostrano che «La risposta dei ghiacciai alpini ai cambiamenti climatici sarà rapida e altamente variabile» e che far fronte alle sue conseguenze richiederà «azioni organizzate a livello internazionale e di un coordinamento tra scienziati e istituzioni».
Giorgi conferma che «La scomparsa dei ghiacciai avrebbe impatti enormi sugli ecosistemi alpini e un forte calo della disponibilità di risorse idriche per le attività umane, soprattutto in estate. L’ambiente alpino è uno dei più importanti in Europa, sia dal punto di vista degli ecosistemi montani che da quello dell’economia, ed è anche uno degli ambienti più vulnerabili al riscaldamento globale. Questo dovrebbe quindi rappresentare un grande campanello d’allarme per l’Europa in generale e per l’Italia in particolare».
Per simulare possibili cambiamenti nell’estensione del ghiacciaio nei prossimi decenni, il team di ricercatori ha sviluppato un nuovo approccio che si concentra sul calcolo dell’altitudine alla quale l’accumulo di ghiaccio e il suo scioglimento sono uguali, quindi il ghiacciaio può essere considerato stabile e non a rischio. I risultati coprono l’intera regione delle Alpi europee e si basano su 200 anni di dati raccolti e previsioni climatiche, nel periodo dal 1901 al 2100.
La principale autrice dello studio, Manja Žebre del Department of geography and Earth sciences dell’ Aberystwyth University, evidenzia che «Sono in fase di elaborazione dei piani per applicare l’approccio di modellazione utilizzato in questo progetto di ricerca ad altri ghiacciai montani in tutto il mondo come le Ande, l’Himalaya e le Montagne Rocciose. Estendere la ricerca a questi areali più ampi fornirà un quadro più completo del probabile impatto del cambiamento climatico sui ghiacciai di montagna a livello globale».
Il coordinatore del progetto, Neil Glasser dell’università di Aberystwyth, ricorda che «Il cambiamento climatico è una questione globale, ci riguarda tutti e uno dei suoi impatti più immediati è sui ghiacciai e sulle calotte glaciali. Per il cambiamento climatico, i ghiacciai sono il “Canarino nella miniera”: il loro ritiro è velocissimo. Ci saranno cambiamenti più grandi in arrivo dal cambiamento climatico, ma questa drammatica scomparsa dei ghiacciai dalle Alpi è uno degli effetti più immediati e visibili. Questi ghiacciai influenzano tutto, dagli ecosistemi alle popolazioni umane. Uno dei maggiori impatti sulla popolazione locale delle Alpi è sulle risorse idriche e sul cambiamento dello scioglimento e del deflusso. Ciò avrà implicazioni per l’acqua potabile, i raccolti, l’irrigazione, i servizi igienico-sanitari e l’energia idroelettrica. I risultati del progetto CHANGE forniscono anche informazioni rilevanti per i ghiacciai di montagna simili a livello globale. I risultati contribuiscono a una migliore comprensione di come i ghiacciai delle Alpi europee stanno rispondendo ai cambiamenti climatici. Se, come prevediamo, vedremo questi modelli replicati su base globale, il ritiro dei ghiacciai di montagna avrà implicazioni significative per l’innalzamento del livello del mare. Fino alla loro scomparsa, i ghiacciai continueranno a contribuire all’idrologia dei loro singoli bacini, ma nei modi più vari. E’ probabile che la maggior parte contribuisca maggiormente al defklusso a breve termine ma, nel tempo, il deflusso diminuirà. Altri diminuiranno drasticamente il loro deflusso e alcuni potrebbero aver già superato il loro picco di deflusso».
Renato Colucci del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che ha guidato il team italiano sul progetto, ha aggiunto: «Si prevede che la Equilibrium Line Altitude supererà la quota massima del 69% di tutti i ghiacciai alpini anche nello scenario più ottimistico di mitigazione delle emissioni di gas serra ed entro il 2050 quasi, se non tutti, i ghiacciai sotto i 3.500 metri delle Alpi saranno molto probabilmente già sciolti. Questo è il primo studio che indaga sull’Equilibrium Line Altitude ambientale dell’intero arco alpino su un periodo così lungo e fornisce una buona base per comprendere meglio le differenze regionali nella risposta dei ghiacciai ai cambiamenti climatici».
I risultati dello studio sono chiari: «Sono necessarie azioni tempestive e decise per cambiare il corso degli eventi e cercare di preservare un elemento così centrale nell’ecosistema alpino europeo».
Giorgi conclude: «L’unico modo efficace per contenere questo fenomeno è contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra in atmosfera, al fine di stabilizzare le temperature al di sotto della soglia stabilita nell’accordo di Parigi del 2015, che è di 1,5 – 2° C rispetto alle temperature globali preindustriali. L’Italia deve quindi accelerare la conversione alla green economy e fare pressione sulla comunità internazionale affinché questa conversione avvenga anche a livello europeo e mondiale. A livello locale, gli effetti del riscaldamento globale dovrebbero essere presi in considerazione in tutta la pianificazione delle politiche socioeconomiche come la gestione dell’acqua, l’agricoltura e la gestione del territorio».