Gli anelli degli alberi possono conservare le tracce di antiche esplosioni stellari
di Francesca Mancuso
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Una stella che muore non è un evento pacifico. Auguriamoci di non assistervi mai. Essa infatti spinge via il suo materiale esterno dando luogo a una colossale esplosione, irradiando lo spazio con radiazioni gamma ad alta energia per diversi anni. Tuttavia, lo spazio vuoto non è l’unico “elemento” esposto a questa radiazione. Una nuova ricerca suggerisce che gli alberi secolari della Terra potrebbero contenere le prove di queste fuochi d’artificio celesti.
Una ricerca davvero suggestiva quella realizzata dagli scienziati dell’Università della California Boulder, secondo cui gli anelli degli alberi possono contenere indizi della morte stellare. Massicce esplosioni di energia che avvengono a migliaia di anni luce dalla Terra potrebbero aver lasciato tracce nella biologia e geologia del nostro pianeta. Lo ipotizza il geoscienziato Robert Brakenridge in uno studio appena pubblicato sull’International Journal of Astrobiology in cui esamina gli impatti delle supernove, alcuni degli eventi più violenti dell’universo conosciuto. Basti pensare che nell’arco di pochi mesi terrestri, una sola di queste eruzioni può rilasciare tanta energia quanta ne produrrà il sole durante tutta la sua vita.
“Vediamo sempre supernove in altre galassie”, ha detto Brakenridge, ricercatore senior presso l’ Istituto di ricerca artica e alpina (INSTAAR) presso l’Università del Colorado Boulder. “Attraverso un telescopio, una galassia è un piccolo punto nebbioso. Poi, all’improvviso, appare una stella che potrebbe essere luminosa come il resto della galassia “. Una supernova molto vicina potrebbe essere in grado di spazzare via la civiltà umana dalla faccia della Terra. Ma anche da più lontano, esse possono inondare il nostro pianeta di radiazioni pericolose potenzialmente in grado di danneggiare lo strato protettivo di ozono.
Per studiarne i possibili impatti, Brakenridge ha cercato in un posto inusuale e difficilmente collegabile al cielo. Anzi. Ha indagato nel luogo che più di ogni altro è radicato sulla terra: gli alberi. Secondo il geoscienziato, proprio gli anelli degli alberi secolari conservano le “impronte digitali” di queste lontane esplosioni cosmiche. I risultati non sono definitivi ma offrono allettanti indizi che, quando si tratta della stabilità della vita sulla Terra, lo spazio abbia un grosso peso.
“Questi sono eventi estremi, e i loro potenziali effetti sembrano corrispondere ai record degli anelli degli alberi”, ha detto Brakenridge.
La ricerca è partita dal caso di un curioso atomo, il carbonio-14. Noto anche come radiocarbonio, è un isotopo del carbonio che si trova solo in piccole quantità sulla Terra e si forma quando i raggi cosmici dallo spazio bombardano l’atmosfera del nostro pianeta in modo costante.
“Gli alberi raccolgono anidride carbonica e parte di quel carbonio sarà radiocarbonio” è la spiegazione fornita dallo scienziato.
A volte, tuttavia, la quantità di radiocarbonio che gli alberi raccolgono non è costante. Gli scienziati hanno scoperto alcuni casi in cui la concentrazione di questo isotopo all’interno degli anelli degli alberi aumenta improvvisamente e senza un’apparente ragione terrena. Una delle ipotesi più probabili è che questi picchi che durano diversi anni potrebbero essere dovuti a brillamenti solari o enormi espulsioni di energia dalla superficie del sole. Ma Brakenridge e altri ricercatori hanno guardato oltre il nostro sistema solare.
“Stiamo assistendo a eventi terrestri che richiedono una spiegazione”, ha detto Brakenridge. “Ci sono davvero solo due possibilità: un brillamento solare o una supernova. Penso che l’ipotesi della supernova sia stata scartata troppo rapidamente “.
Gli scienziati hanno visto che le supernove di alcune galassie hanno prodotto una quantità incredibile di radiazioni gamma, lo stesso tipo di radiazione che può innescare la formazione di atomi di radiocarbonio sulla Terra. Sebbene questi isotopi non siano pericolosi da soli, un picco nei loro livelli potrebbe indicare che l’energia di una supernova lontana ha viaggiato da centinaia a migliaia di anni luce fino alnostro pianeta. Per testare l’ipotesi, Brakenridge ha guardato al passato e ha considerato le esplosioni di supernove avvenute relativamente vicino alla Terra negli ultimi 40.000 anni. Gli scienziati possono studiare questi eventi osservando le nebulose che tali eventi si sono lasciati alle spalle. Ha quindi confrontato l’età stimata di quei fuochi d’artificio galattici con i record degli anelli degli alberi sul terreno.
Ha scoperto così che delle otto supernove più vicine studiate sembravano essere tutte associate a picchi inspiegabili nella registrazione del radiocarbonio sulla Terra. Una di esse è un’ex stella della costellazione della Vela. Questo corpo celeste, che una volta si trovava a circa 815 anni luce dalla Terra, è diventato una supernova circa 13.000 anni fa. Non molto tempo dopo, i livelli di radiocarbonio sono cresciuti del 3% sulla Terra, un aumento sbalorditivo.
Non è chiaro quale possa essere stato l’impatto di eventi simili per piante e animali sulla Terra in quel momento. Ma Brakenridge ritiene che la domanda valga molte più ricerche.
“Quello che mi fa andare avanti è quando guardo il record terrestre e dico: ‘Mio Dio, gli effetti previsti e modellati sembrano essere lì.’”
In ogni caso, lo scienziato spera che l’umanità non debba assistere allo “spettacolo” e agli effetti di una supernova. Di recente, alcuni astronomi pensano di aver colto i segni del fatto che Betelgeuse, una stella gigante rossa nella costellazione di Orione, possa essere sul punto di collassare e diventare una supernova. Ed è a soli 642,5 anni luce dalla Terra, molto più vicino di Vela.
Fonti di riferimento: University of Colorado Boulder, International Journal of Astrobiology