Scoperte le tracce dell’esplosione di una supernova… negli abissi oceanici

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Scoperte le tracce dell’esplosione di una supernova… negli abissi oceanici

Un team di scienziati della Tum University, analizzando la concentrazione degli isotopi del manganese e del ferro in alcuni strati di una roccia sedimentaria ritrovata negli abissi oceanici, ha trovato le prove di una supernova esplosa vicino alla Terra circa 2.5 milioni di anni fa. Tutti i dettagli su Physical Review Letters
di Giuseppe Fiasconaro
www.media.inaf.it

I geologi li chiamano croste manganesifere o croste di ferromanganese: sono rocce sedimentarie di tipo chimico, che si trovano sui fondali oceanici, formate da idrossidi di ferro, manganese e altri elementi chimici. Si tratta di un vero e proprio tesoro degli abissi per via della straordinaria ricchezza di elementi metallici.

La roccia sedimentaria di ferromanganese utilizzata da Korschinek et al. nel loro studio. All’interno di strati datati 2.5 milioni di anni, i ricercatori hanno trovato ferro-60 e livelli elevati di manganese-53, la prova di una esplosione di supernova avvenuta 2.5 milioni di anni fa. Crediti: Dominik Koll / Tum

Tipicamente, gli isotopi di manganese che si trovano in queste concrezioni sono il manganese-55, un isotopo stabile, e il manganese-53, presente solo in tracce, la cui origine è cosmogenica, cioè è prodotto dall’azione dei raggi cosmici attraverso la cosiddetta spallazione nucleare.

Un team di scienziati guidati dall’Università tecnica di Monaco di Baviera (Tum), in Germania, analizzando gli strati di una roccia di ferromanganese vecchia di 2.5 milioni di anni, ha trovato però qualcosa di strano. La spettrometria di massa con acceleratore – una tecnica capace di determinare la presenza di elementi in quantità inferiori a una parte per milione o sotto il microgrammo – ha rivelato una concentrazione di manganese-53 anomala, superiore a quella attesa per un’origine cosmogenica. Secondo i ricercatori, la spiegazione di questo eccesso è la morte in pompa magna di una stella: un’esplosione di una supernova. Un’esplosione che sarebbe avvenuta 2.5 milioni di anni fa, gli anni ai quali risalgono i depositi nella roccia analizzata.

«L’aumento delle concentrazioni di manganese-53 può essere considerata come una “pistola fumante”, la prova definitiva che questa supernova è realmente avvenuta», osserva Gunther Korschinek, scienziato della Tum e primo autore dell’articolo pubblicato su Physical Review Letters che riporta i risultati dello studio.

Come già accennato, certe stelle terminano la loro vita con una supernova, una colossale esplosione cosmica. Queste esplosioni sono in grado di formare ferro, manganese e altri elementi pesanti che possono giungere a noi spinti dall’onda d’urto causata dall’esplosione stessa. Sarebbe questa la provenienza del manganese-53 in eccesso trovato dai ricercatori nel pezzo di roccia esaminato.

La Supernova Sn 1987A nella Grande Nube di Magellano, una delle  più luminose degli ultimi 400 anni. Crediti: Eso

Una supernova molto vicina potrebbe causare danni enormi alla vita sulla Terra. Secondo gli autori, questa sarebbe esplosa abbastanza lontano, causando come effetto secondario “solo” un aumento della radiazione cosmica per diverse migliaia di anni. «Tuttavia», spiega Thomas Faestermann anche lui della Tum e co-autore dell’articolo, «questo aumento può aver portato a una maggiore formazione di nubi, un evento che potrebbe essere collegato con l’epoca del Pleistocene, il periodo delle ere glaciali che ha avuto inizio 2.6 milioni di anni fa».

Le nubi alle quali si riferisce lo scienziato sono quelle atmosferiche, la cui formazione, secondo diversi studi, può essere stimolata dai raggi cosmici attraverso la crescita e la formazione di nuclei di condensazione, i “semi” da cui si sviluppano, aumentando la copertura nuvolosa. Questa copertura, diminuendo il flusso di radiazione che arriva a terra, in tempi geologici può abbassare la temperatura media del pianeta influenzandone il clima. Da qui il “collegamento” con il Pleistocene: considerata la coincidenza temporale dei due eventi, secondo i ricercatori è possibile che a causare le glaciazioni in questa era geologica possano essere stati i cambiamenti climatici indotti dall’eccesso di raggi cosmici prodotti dall’esplosione della supernova, secondo il meccanismo appena descritto.

Ma torniamo un attimo alla roccia e al suo contenuto in elementi. Grazie alla sofisticata tecnica utilizzata, oltre a rilevare l’eccesso di manganese-53, il team ha anche determinato la concentrazione dell’isotopo 60 del ferro, trovando un rapporto di concentrazione manganese-53/ferro-60 di circa 14, consistente con una stella esplosa molto più massiccia del Sole.

«Questa è un’analisi investigativa ultra-traccia», osserva Korschinek. «Stiamo parlando solo di pochi atomi. Ma la spettrometria di massa con acceleratore è così sensibile che dalle nostre misurazioni è possibile persino calcolare che la stella che è esplosa doveva avere da 11 a 25 volte la dimensione del Sole».

Non è finita. Confrontando l’età dei campioni con quella di altri nuclidi, i ricercatori sono stati in grado di valutare la vita media del manganese-53. La misurazione, 3.7 milioni di anni, è la seconda che sia mai stata effettuata

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