Potremo misurare la temperatura degli oceani attraverso i terremoti?

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Potremo misurare la temperatura degli oceani attraverso i terremoti? 

Le onde acustiche a bassa frequenza generate dai sismi sottomarini si propagano nei mari con velocità che dipendono dalla temperatura dell’acqua. Un gruppo di scienziati propone di sfruttare questo fenomeno per stimare il riscaldamento degli oceani su larga scala
di Stephanie Pappas/Scientific American

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Ci potrebbe essere un nuovo modo di misurare la temperatura degli oceani: usare il suono. Come avviene nel caso dell’atmosfera, anche gli oceani si stanno riscaldando a causa del cambiamento climatico, e hanno assorbito circa il 90 per cento del calore in eccesso intrappolato dai gas serra. Questa alterazione contribuisce all’innalzamento del livello del mare, mette in pericolo le specie marine e influenza gli andamenti meteorologici.

Ma tenere traccia del riscaldamento è difficile. Le osservazioni effettuate dalle navi catturano solo dati su un particolare istante di tempo su una minuscola porzione di mare. Le osservazioni satellitari non possono penetrare molto in profondità sotto la superficie. Il quadro più dettagliato del calore dell’oceano proviene da Argo, una flottiglia di boe autonome che hanno punteggiato i mari fin dall’inizio degli anni duemila. Questi dispositivi scendono fino a profondità di 2000 metri ogni dieci giorni, misurando la temperatura e altri parametri. Ma ci sono solo circa 4000 boe, che non possono raccogliere campioni negli strati più profonde degli oceani.

Ora, scienziati del California Institute of Technology (Caltech) e dell’Accademia cinese delle scienze pensano di disporre di un metodo più diffuso per rilevare il riscaldamento degli oceani. In un articolo pubblicato su “Science”, i ricercatori confrontano le velocità dei suoni prodotti da terremoti sottomarini. Poiché il suono viaggia più veloce nell’acqua quando è più calda, le differenze di velocità possono rivelare le variazioni di temperatura. “Sono molto impressionato dai metodi che gli autori dello studio stanno usando e da quello che potrebbero realizzare”, dichiara Frederik Simons, geofisico della Princeton University, non coinvolto nella ricerca. “Stanno inaugurando un nuovo campo di studio”.


L’idea di determinare il calore dell’oceano con il suono è nata nel 1979, quando gli oceanografi Carl Wunsch e il compianto Walter Munk proposero di usare una serie di emettitori acustici marini e ricevitori terrestri per misurare la velocità delle onde sonore e per calcolare le temperature in base ai risultati. L’idea non ha mai preso piede, in parte perché le sorgenti acustiche erano costose e in parte perché si temeva che i rumori artificiali potessero disturbare gli animali marini, come le balene, che usano il suono per comunicare.

Wenbo Wu, un ricercatore post-dottorato del Caltech, si è ispirato a questi tentativi precedenti. Da geofisico, si è reso conto che il fondo marino ha una propria fonte regolare di suoni: i terremoti. Questi suoni non sono le onde sismiche, che viaggiano attraverso la crosta terrestre. Sono onde acustiche a bassa frequenza che si propagano attraverso l’acqua. “Sappiamo che questi terremoti sono sorgenti molto potenti”, dice Wu. “Allora perché non provare a sfruttarle?”.

I ricercatori hanno testato l’idea vicino all’isola di Nias, in Indonesia, dove la placca indo-australiana s’insinua sotto la placca di Sunda. Hanno raccolto i dati acustici di 4272 terremoti di magnitudo 3 o più dal 2004 al 2016 e hanno scoperto 2047 coppie di sismi che condividono lo stesso punto di origine. Confrontando i terremoti che si sono verificati nello stesso punto nel corso degli anni, Wu e i suoi colleghi hanno potuto individuare le frazioni di secondo che separavano le velocità delle onde acustiche. Elaborando un modello di queste variazioni, hanno scoperto che l’oceano vicino a Nias si sta riscaldando di circa 0,0444 gradi Celsius al decennio, più del valore di 0,0261 gradi Celsius di riscaldamento al decennio indicato dai dati della flotta Argo. I nuovi numeri sono probabilmente più accurati, dice Wu, perché le altre fonti di informazione erano limitate. Meno di un grado non sembra un valore enorme, ma questi cambiamenti di temperatura si stanno verificando su enormi volumi d’acqua in tutto l’Oceano Indiano orientale, e ci vuole un calore considerevole per riscaldare così tanta acqua.

Il nuovo metodo acustico è promettente, dice Bruce Howe, oceanografo dell’Università delle Hawaii a Manoa, che non era coinvolto nel lavoro. I ricercatori potrebbero anche essere in grado di risalire a dati sismologici presi decenni fa per ottenere una serie temporale più lunga delle temperature dell’oceano. Ma per farlo ci vorrà un duro lavoro, soprattutto perché i sismometri più vecchi non registravano il tempo delle onde con la stessa precisione delle moderne apparecchiature basate sul GPS.

Un modo per catturare più suoni sismici potrebbe essere integrare microfoni subacquei, o idrofoni, nelle apparecchiature esistenti per il monitoraggio degli oceani. Simons e i suoi colleghi hanno impiegato decine di idrofoni galleggianti nell’oceano per un progetto di monitoraggio sismico chiamato Mobile Earthquake Recorder in Marine Areas by Independent Divers (MERMAID). La sfida più grande è capire come individuare la posizione precisa dei galleggianti mentre vanno alla deriva spinti dalla corrente, dice Simons.

Vincere questa sfida, tuttavia, colmerebbe le lacune di ciò che i galleggianti e i satelliti Argo possono dirci, dice Wu. “Abbiamo davvero bisogno di metodi il più possibile diversi tra loro per ottenere i dati”, aggiunge.

 (L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Scientific American” il 17 settembre 2020. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

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