Gli incendi in atto nell’Artico stanno liberando una quantità record di CO2

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Gli incendi in atto nell’Artico stanno liberando una quantità record di CO2

Nuvole di fumo hanno coperto una superficie equivalente a più di un terzo del Canada. «Stanno bruciando da metà giugno e hanno già sorpassato per intensità e di conseguenza per emissioni di CO2 quelli del 2019»
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Lontano dai riflettori, l’Artico continua a bruciare liberando in atmosfera enormi quantità di gas serra: gli scienziati di Copernicus atmosphere monitoring service (Cams) documentano che quest’estate si à già superato nell’area il record di emissioni dello scorso anno, con nuvole di fumo che hanno coperto una superficie equivalente a più di un terzo del Canada.

Quest’anno le emissioni CO2 dal Circolo polare artico sono infatti incrementate di più di un terzo in confronto al 2019: dal 1 gennaio al 31 agosto 2020, le stime per le emissioni di CO2 nella regione erano di 244 magatonnelate, in confronto alle 181 magatonnellate dell’interno anno 2019.

L’incremento più significativo di incendi è stato osservato nella Repubblica di Sakha – in Siberia orientale –, decimando milioni di ettari di campi e creando un picco nelle emissioni di CO2 da 208 megatonnellate nel 2019 a 395 megatonnellate nel 2020; sebbene le cause rimangono incerte e difficili da individuare, si ritiene che alcuni degli incendi all’inizio della stagione siano stati causati dai cosiddetti ‘incendi zombie’ che potrebbero essere rimasti attivi sotto terra durante i mesi invernali. Complessivamente, tra giugno e agosto gli incendi nel Distretto orientale federale russo hanno emesso approssimativamente un totale di 540 megatonnellate di CO2.

«Gli incendi nell’Artico stanno bruciando da metà giugno – sottolinea Mark Parrington, senior scientist ed esperto di incendi al Cams – e hanno già sorpassato per intensità e di conseguenza per emissioni di CO2 quelli del 2019. Grazie ai dati forniti dal nostro servizio sappiamo che le condizioni climatiche di caldo e secco sono state nuovamente prevalenti durante questa estate. Il nostro monitoraggio è fondamentale per comprendere l’impatto sull’atmosfera, in termini di inquinamento dell’aria, esercitato dalle dimensioni e dall’intensità di questi incendi. Questo permette anche la diffusione in tutto il mondo di informazioni utili per gli scienziati, i politici e per tutti gli enti rilevanti».

Ma enormi incendi non hanno caratterizzato solo la zona artica, quest’estate. Contemporaneamente, i dati Copernicus mostrano che un’ampia regione del sud-ovest degli Stati Uniti d’America ha registrato problemi con incendi dovuti all’ondata di caldo, con grandi nubi di fumo in movimento verso est attraverso i Grandi laghi verso l’Atlantico del nord. La California in particolare ha registrato un gran numero di incendi, tra i quali il secondo e il terzo peggior incendio nella storia dello stato; incendi particolarmente intensi e diffusi si pensa abbiano avuto origine dai fulmini.

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