Trovati delfini morti e malati lungo le coste di Mauritius: Greenpeace Africa chiede indagini indipendenti

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Trovati delfini morti e malati lungo le coste di Mauritius: Greenpeace Africa chiede indagini indipendenti

Il governo dice che non si può collegare il naufragio agli spiaggiamenti di cetacei, ma popolazione e ambientalisti incolpano la marea nera
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Dopo il ritrovamento di 18 peponocefali (Peponocephala electra) morti  – inizialmente si era detto focene –  e di quattro delfini malati lungo le coste di Mauritius, un mese dopo il naufragio della nave giapponese (battente bandiera panamense) MV Wakashio e la marea nera provocata dalla fuoriuscita di gasolio e olio pesante, secondo Greenpeace Africa «E’ necessaria un’indagine urgente per determinare la causa degli spiaggiamenti e se sono collegati allo sversamento».


Secondo l’ONG francese Globice Réunion, che assiste il governo di Mauritius nelle operazioni di bonifica,  «Dalle prime immagini e video trasmessi, si tratterebbe principalmente di delfini di Elettra (Peponocephala electra), specie che vive generalmente in grandi gruppi al largo delle coste». E’ comunque raro  trovare così tanti delfini morti contemporaneamente a Mauritius: l’ultimo caso sono due  esemplari trovati spiaggiati nel maggio 2019.

Dopo la marea nera erano stati trovati morti molti pesci e granchi, ma ora si teme che nella laguna colpita ci siano altri mammiferi marini morti o intossicati e la vista dei delfini spiaggiati ha fatto aumentare tra i mauriziani la rabbia verso l’armatore giapponese e il governo accusato di essere intervenuto tardi e male.


Globice  che coordina il Réseau National Echouage alla Réunion, è mobilitata insieme alle ONG mauriziane per fornire consigli e informazioni che potrebbero rivelarsi utili nella gestione della crisi  e si è detta pronta a intervenire per salvare altri cetacei spiaggiati. La presidente della Mauritius Marine Conservation Society, Jacqueline Sauzier, ha detto che si stanno seguendo i protocolli raccomandati da  Globice Réunion.

Happy Khambule, senior climate and energy campaign manager di Greenpeace Africa, ha sottolineato che «Questo è un giorno profondamente triste e allarmante per la popolazione di Mauritius e per la sua singolare biodiversità, conosciuta e apprezzata dalla comunità mondiale della biodiversità. Greenpeace fa appello alle autorità affinché eseguano un’autopsia rapida, trasparente e pubblica sui corpi raccolti».

8 peponocefali morti sono stati portate all’Albion Fisheries Research Centre per analizzarle e sulla sua pagina Facebook l’ONG Globice Réunion sottolinea che «Le cause precise di questo spiaggiamento non possono essere formalmente stabilite senza ricorrere ad autopsie che permetteranno di determinare precisamente le lesioni fatali per gli animali.  E’ troppo presto, a questo stadio, per concludere che c’è un legame diretto con il naufragio o l’affondamento della Wakashio, che resta un’ipotesi da investigare».


Nei giorni scorsi, durante un incontro con la stampa all’Albion Fisheries Research Centre il ministro della pesca mauriziano, Sudheer Maudhoo, ha riferito che nella prima autopsia su due cetacei finora non è stata rilevata alcuna traccia di petrolio. Anche Yann von Armin, della Mauritius Scuba Diving Association (MSDA). Evidenzia che «Non abbiamo visto tracce sulla pelle, né sulla bocca, né a livello del ventre». Il ministro ha fatto notare che  «c’erano morsi di squalo su almeno due dei mammiferi marini», ma ha ammesso che «sarebbero necessari ulteriori test per identificare la causa».

Però l’oceanografo Vassen Kauppaymuthoo, ripreso da BBC News, ha detto che «I delfini odoravano di carburante. A mio parere, questa situazione continuerà a peggiorare con il passare del tempo».

Anche l’ambientalista di Mauritius Sunil Dowarkasing è convinto che a causare la morte dei delfini sia stata la fuoriuscita di petrolio dalla nave portarinfuse o l’affondamento della sua prua la scorsa settimana: »L’affondamento probabilmente ha disturbato i mammiferi marini nel loro habitat naturale. Ci saranno postumi, e questo è solo l’inizio».

Il 24 agosto Greenpeace Africa e Greenpeace Japan si sono unite all’ONG per i diritti umani di Mauritius Dis Moi per sottoscrivere una lettera indirizzata al governo di Mauritius nella quale chiedono maggiore trasparenza e responsabilità nella gestione della crisi e di avviare tre indagini chiave: la prima, finanziata dall’armatore giapponese, dovrebbe scoprire le cause e le conseguenze di questo disastro. La seconda dovrebbe essere effettuato dal governo ed essere uno studio scientifico indipendente sugli impatti della fuoriuscita di olio combustibile sull’ecosistema marino e sulla salute degli abitanti della regione. La terza, un’indagine sociale per studiare le conseguenze del naufragio della portarinfuse giapponese sui lavoratori marittimi. Greenpeace Africa dice che «Lo spiaggiamento di un numero straordinario di mammiferi marini rafforza l’urgenza di queste richieste».

Vijay Naraidoo, co-direttore di Dis Moi, ha ricordato che «L’oceano fa parte di ciò che siamo. L’intero Paese, comprese le comunità costiere, dipende dalla sua salute. Questo è il motivo per cui molti mauriziani si sono svegliati angosciati e con il timore che la fuoriuscita di petrolio potesse ucciderli. Questa perdita di biodiversità è uno sviluppo inquietante per ciò che potrebbe derivare dalla fuoriuscita di petrolio».

Greenpeace Africa conclude: «I cetacei stanno già affrontando gravi minacce dal cambiamento climatico, dall’inquinamento da plastica, dalla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata e dalla perdita di habitat. Gli impatti a lungo termine della fuoriuscita di petrolio devono ancora essere determinati, ma probabilmente influenzeranno le tartarughe, gli uccelli marini e gran parte della vita marina nell’area».

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