Quanto faceva freddo durante l’ultima era glaciale? 6 gradi in meno di oggi, ma ai poli molto di più

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Quanto faceva freddo durante l’ultima era glaciale? 6 gradi in meno di oggi, ma ai poli molto di più

I dati sull’era glaciale potrebbero far luce sul clima futuro e sugli effetti dell’accumulo di CO2
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Lo studio “Glacial cooling and climate sensitivity revisited”, pubblicato su Nature da un team di ricercatori statunitensi  ha fissato a circa 7.8 gradi celsius la temperatura  media globale dell’ultima era glaciale, l’ultimo massimo glaciale – LGM – di 20.000 anni fa, un periodo gelido durante il quale enormi ghiacciai coprivano circa la metà del Nord America, dell’Europa e del Sud America e molte parti dell’Asia, mentre la flora e la fauna che si erano adattate al freddo prosperavano. La  temperatura globale era di circa 6° C più fresca di quella odierna e la temperatura media globale del XX secolo era di 14° C.

Si tratta di scoperte che consentono ai climatologi di comprendere meglio la relazione tra i crescenti livelli odierni di anidride carbonica atmosferica e la temperatura media globale.

La principale autrice dello studio, Jessica Tierney del Department of geosciences dell’università dell’Arizona – Tucson – che ha guidato il team che comprende anche scienziati dell’Università del Michigan, del National Center for Atmospheric Research e dell’università di Washington –  spiega: «Abbiamo molti dati su questo periodo di tempo perché è stato studiato per così tanto tempo. Ma c’era una semplice domanda alla quale la scienza desiderava da tempo dare una risposta: quanto era fredda l’era glaciale?»


La risposta data dallo studio è che la  temperatura globale era allora di circa 6° C più fresca di quella odierna e la temperatura media globale del XX secolo era di 14° C. La Tierney spiega ancora: «Nella nostra esperienza personale potrebbe non sembrare una grande differenza, ma, in realtà, è un enorme cambiamento». Un altro autore dello studio, Christopher Poulsen dell’università del Michigan, conferma: «6 gradi di raffreddamento medio globale sono enormi. Il mondo sarebbe sembrato molto diverso durante l’ultimo massimo glaciale. Le parti settentrionali del Nord America, incluso qui ad Ann Arbor, nel Michigan, erano coperte da chilometri di ghiaccio. Il raffreddamento maggiore è stato alle alte latitudini».

Il team di ricerca statunitense ha creato anche mappe per illustrare come le differenze di temperatura variavano nelle diverse regioni del mondo e la Tierney fa notare che «In Nord America e in Europa, le parti più settentrionali erano coperte di ghiaccio ed erano estremamente fredde. Anche qui in Arizona, c’era un grande raffreddamento. Ma il raffreddamento più grande è stato alle alte latitudini, come l’Artico, dove faceva circa 14° C più freddo di oggi”.

Scoperte che si adattano alla comprensione scientifica di come i poli della Terra reagiscono ai cambiamenti di temperatura e la Tierney aggiunge: «I modelli climatici prevedono che le alte latitudini diventeranno più calde più velocemente delle basse latitudini. Quando si guardano le proiezioni future, nell’Artico diventerà molto caldo. Si parla di amplificazione polare. Allo stesso modo, durante il LGM, troviamo il modello inverso. Le latitudini più alte sono solo più sensibili ai cambiamenti climatici e rimarranno così anche in futuro».

Conoscere la temperatura dell’era glaciale è importante perché viene utilizzata per calcolare la sensibilità climatica, cioè di quanto la temperatura globale cambia in risposta al carbonio atmosferico e la Tierney e il suo team hanno stabilito che «Per ogni raddoppio del carbonio atmosferico, la temperatura globale dovrebbe aumentare di 3,4° C, che è nel mezzo dell’intervallo previsto dall’ultima generazione di modelli climatici (da 1,8 a 5,6° C). I livelli atmosferici di anidride carbonica durante l’era glaciale erano di circa 180 parti per milione, il che è molto basso. Prima della rivoluzione industriale, i livelli salivano a circa 280 parti per milione e oggi hanno raggiunto 415 parti per milione».

La Tierney fa notare che «L’accordo di Parigi voleva mantenere il riscaldamento globale a non più di 1,5° C rispetto ai livelli preindustriali, ma con i livelli di anidride carbonica in aumento, sarebbe estremamente difficile evitare i più 2° C di riscaldamento. Abbiamo già circa più 1,1° C, ma meno caldo abbiamo, meglio è, perché il sistema Terra risponde davvero ai cambiamenti nell’anidride carbonica».

Dato che nell’era glaciale non c’erano termometri, Tierney e il suo team hanno sviluppato modelli per tradurre nelle temperature del mare i dati raccolti dai fossili di plancton dell’oceano. Hanno quindi messo insieme i dati fossili con le simulazioni del modello climatico dell’LGM con l’assimilazione dei dati, una tecnica utilizzata nelle previsioni meteorologiche. LA Tierney spiega ancora: «Quello che succede in un ufficio meteorologico è che misurano la temperatura, la pressione, l’umidità e utilizzano queste misurazioni per aggiornare un modello previsionale e prevedere il tempo. Qui, abbiamo utilizzato il modello climatico del National Center for Atmospheric Research di Boulder, in Colorado, per produrre un retrospettiva del LGM, quindi abbiamo aggiornato questa retrospettiva con i dati effettivi per prevedere com’era il clima».

Un altro autore dello studio, Jiang Zhu del National Center for Atmospheric Research di Boulder, evidenzia che «Senza una stima accurata della temperatura LGM, non potremmo essere sicuri di come la temperatura ha risposto ai cambiamenti del carbonio atmosferico. I nostri risultati danno questa fiducia».

In futuro, Tierney e il suo team prevedono di utilizzare la stessa tecnica per ricreare periodi caldi nel passato della Terra e la scienziata conclude: »Se riusciamo a ricostruire i climi caldi del passato, allora possiamo iniziare a rispondere a domande importanti su come la Terra reagisce a livelli di anidride carbonica davvero elevati e migliorare la nostra comprensione di ciò che il futuro cambiamento climatico potrebbe riservare».

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