Un terzo dei lemuri e un quarto delle scimmie africane sono a rischio critico di estinzione
Lista rossa Iucn: a forte rischio anche la balena franca nordatlantica, il criceto europeo e il fungo più raro del mondo
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Il nuovo aggiornamento della Lista Rossa dell’ International Union for Conservation of Nature delle specie minacciate (Red List Iucn) ha superato per la prima volta le 120.000 specie, con 120.372 valutazioni, e 32.441 specie animali e vegetali risultano minacciate di estinzione. Le specie estinte sono 882 e quelle estinte allo stato selvatico 77. 6.811 specie risultano in pericolo critico di estinzione, 11.732 in pericolo. 13.898 vulnerabili, 7.211 quasi minacciate. 189 sono ancora nella vecchia e superata categoria a basso riscio/dipendente da misure di conservazione, 62. 033 nella categoria preoccupazione minore e per 17.539 specie i dati sono insufficienti-
Tra le specie a un passo dall’estinzione ci sono anche 33 lemuri del Madagascar – il 31% – che sono in pericolo critico, e 103 delle 107 specie di lemuri viventi – il 98% . sono minacciate, soprattutto a causa della deforestazione e della caccia. L’Iucn spiega che «13 specie di lemuri sono state messe in delle categorie di minaccia più elevate a causa dell’intensificazione delle pressioni umane». Tra quelle diventate a rischio critico di estinzione ci sono la Sifaka di Verreaux (Propithecus verreauxi) e il microcebo di Madame Berthe (Microcebus berthae), il più piccolo primate del mondo, entrambi prima erano considerati in pericolo di estinzione. L’Iucn spiega ancora che «Queste specie conoscono un grave declino nella misura in cui i loro forestali vengono distrutti dall’agricoltura abbatti e brucia, dallo sfruttamento forestale per la carbonella e per la legna ardere. La caccia costituisce una minaccia supplementare per la Sifaka, bienché sia illegale e considerata tabù o fady in numerose parti dell’areale della specie».
La nuova Lista Rossa conclude anche la revisione delle valutazioni dei primati africani e il risultato che ne viene fuori è che più il 53% delle specie di scimmie che vivono nel resto dell’Africa – 54 sur 103 – sono minacciate di estinzione. Tra di loro c sono le 17 specie di colobi rossi, facendone così il genere di scimmie più minacciato dell’Africa. Tra i primati passati da vulnerabile a in pericolo di estinzione c’è il colobo orsino o colobo reale (Colobus polykomos) che vive lungo la costa dell’Africa Occidentale. L’Iucn spiega che «La caccia per la carne di selvaggina, in gran parte illegale, e la perdita di habitat costituiscono sempre le principali minacce nell’insieme del Continente».
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La direttrice generale ad interim dell’Iucn, Grethel Aguilar, ha sottolineato che «Questo aggiornamento della Lista Rossa dell’Icn rivela l’ampiezza reale delle minacce con le quali si confrontano i primati in tutta l’Africa. Dimostra anche che l’Homo sapiens deve cambiare radicalmente la sua relazione con gli altri primati e con la natura nel suo insieme. Al centro di questa crisi c’è un bisogno urgente di mezzi di sussistenza alternativi e sostenibili per rimpiazzare la nostra attuale dipendenza dalla deforestazione e dall’utilizzo insostenibile della fauna e della flora selvatiche. Questi risultati mettono in evidenza il bisogno urgente di un quadro ambizioso per la biodiversità per il post-2020 che canalizzi delle azioni di conservazione efficaci».
Russ Mittermeier, presidente del Primate Specialist Group dell’Iucn Species Survival Commission – Iucn-Ssc , aggiunge che «Grazie a una Strategia Iucn per conservazione dei lemuri molto efficace, sviluppata dal nostro Primate Specialist Group dell’Iucn-Ssc, abbiamo potuto raccogliere più di 7,5 milioni di dollari per l’iniziativa Lemuri dell’Iucn Save Our Species. Grazie a questi fondi, le organizzazioni locali lavorano oggi senza sosta per promuovere l’ecoturismo, creare nuove aree comunitarie, pattugliare. Rimboschire e sensibilizzare le scuole e le comunità locali sulla necessità di proteggere i lemuri, il tesoro del Madagascar. Anche se la situazione resta preoccupante per la maggior parte delle specie di lemuri, bisogna però sottolineare che alcuni tra loro, come il Lepilemure settentrionale o di Sahafary (Lepilemur septentrionalis), le cui popolazioni sono state gravemente ridotte, sarebbero senza dubbio già estinte senza questi investimenti»,
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La balena franca nordatlantica (Eubalaena glacialis) è passata dalla categoria in pericolo a quella in pericolo critico di estinzione: a fine 2018 di questa specie restavano solo meno di 250 individui maturi e dal 2011 la loro popolazione totale era diminuita di circa il 15%. La Lista Rossa evidenzia che «Questo declino è dovuto alla combinazione di una mortalità accresciuta dovuta all’impigliamento negli attrezzi da pesca e alle collisioni con le navi e a un tasso di riproduzione più basso rispetto agli anni precedenti. Sui 30 decessi o ferite gravi di origine antropica di balene franche nordatlantiche confermati tra il 2012 e il 2016, 26 erano dovuti a un impigliamento». Ma anche i cambiamenti climatici sembrano esacerbare le minacce che pesano su queste rarissime balene: «Delle temperature Più elevate dell’acqua di mare – sottolinea l’Iucn – hanno probabilmente spinto le loro principali prede più a nord durante l’estate, nel golfo di San Lorenzo, dove le balene sono più esposte a delle collisioni accidentali con le navi e a rischio di intrappolamento nei cavi dei pescherecci di granchi».
Secondo Jane Smart, Global Director dell’Iucn Biodiversity Conservation Group, «I declini spettacolari di specie come la balena franca nordatlantica che figurano nel presente aggiornamento della Lista Rossa dell’Iucn sottolineano la gravità della crisi dell’estinzione. Salvare il numero crescente di specie minacciate di estinzione necessita di un cambiamento trasformativo, sostenuto da misure miranti a mettere in opera gli accordi nazionali e internazionali. Il mondo deve agire rapidamente per fermare il declino delle popolazioni di specie e prevenire le estinzioni causate dall’uomo, con un quadro della biodiversità ambizioso per il post-2020 che il prossimo Congresso dell’Iucn aiuterà a definire».
Il criceto comune europeo (Cricetus cricetus), prima abbondante in tutta Europa e in Russia, ha visto le sue popolazioni declinare fortemente in tutto il suo areale e l’aggiornamento della Red List lo classifica in pericolo critico di estinzione. Alcuni studi hanno dimostrato che il declino delle popolazioni di questo roditore è probabilmente dovuto a un basso tasso di riproduzione: se una femmina di criceto comune europeo nel XX secolo partoriva in media più di 20 cuccioli all’anno-, ora questo numero sembra ridotto a 5 – 6 all’anno e l’Iucn dice che «Le ragioni di questa riduzione del tasso riproduttivo non sono ancora del tutto conosciute ma sono in corso degli studi sull’espansione delle piantagioni di monocolture, lo sviluppo industriale, il riscaldamento climatico e l’inquinamento luminoso come possibili cause. Conseguentemente, il roditore è scomparso dai tre quarti del suo habitat originario nella regione francese dell’Alsazia, da almeno un terzo del suo areale in Germania e da più del 75% del suo areale nell’Europa dell’Est. Se non cambia niente, la specie potrebbe scomparire nel corso dei prossimi 30 anni».
Mikhail Rusin, dell’Iucn Ssc Small Mammal Specialist Group a a capo dell’hamster restoration project dello Zoo di Kiev, evidenzia che «Mentre le misure di conservazione, tra le quali la gestione dei campi e le reintroduzioni di criceti, hanno rallentato il declino della popolazione in alcune aree, non sono riuscite a invertire il trend. Oltre a queste misure, sono urgentemente necessarie ulteriori ricerche sui vari possibili driver della scomparsa del criceto europeo per salvarlo dall’estinzione».
A rischio di scomparsa c’è anche il fungo bruco (Ophiocordyceps sinensis), il più raro del modo, passato nella categoria vulnerabile. La Red List spiega he «Molto apprezzato nella medicina tradizionale cinese, questo fungo viene utilizzato da più di 2000 anni per trattare numerose malattie, comprese quelle legate a reni e polmoni. La domanda di questo fungo è fortemente aumentata dagli anni ‘90». L’ Ophiocordyceps sinensis vive solo sull’altopiano tibetano, parassita le larve delle falene Hepialidae che vivono sotto terra, ne invade il corpo e poi emerge dal terreno proprio dove c’è la testa della larva. Negli ultimi 20 anni, il fungo bruco è diventato la principale fonte di sussistenza per migliaia di persone che si dedicano alla sua raccolta e negli ultimi 15 anni le sue popolazioni sono diminuite di almeno il 30% a causa di questo sovrasfruttamento.
Gregory Mueller, presidente dell’Iucn Ssc Fungal Conservation Committee, fa notare che «Questo è uno dei pochi casi documentati di un fungo minacciato da un eccesso di investimenti. E’ necessario attuare un programma di raccolta sostenibile sia per il fungo bruco, sia per la salute economica a lungo termine delle comunità che ne dipendono per il reddito».
Helen Chadburn, Helen Chadburn, Species Conservation Assessor ai Royal Botanic Gardens . Kew, aggiunge che . «Questo aggiornamento include le valutazioni di un’altra isola megadiversa, l’isola della Nuova Guinea. Alcuni degli stessi processi che minacciano gli habitat dei lemuri in Madagascar: la conversione in terreni agricoli, l’aumento degli incendi e il disboscamento, sono tutti fattori trainanti per l’estinzione delle specie forestali dall’altra parte del mondo. Il rischio di estinzione delle Schefflera delle foreste della Nuova Guinea, parenti del celebre albero domestico, è stato valutato. In Nuova Guinea queste specie possono costituire elementi importanti della foresta e un terzo di queste piante iconiche sono minacciate o quasi minacciate di estinzione».
Sean T. O’Brien, presidente e direttore generale di Nature Serve, ha concluso: «L’aggiornamento della Lista Rossa Iucn dimostra l’importanza di proteggere la diversità della vita in tutto il pianeta, in particolare gruppi come i lemuri, che sono estremamente limitati geograficamente rendendo queste specie meno resilienti alla distruzione dell’habitat. Dobbiamo proteggere la biodiversità unica del nostro pianeta e dobbiamo cercare opportunità per utilizzare dati, scienza e tecnologia per prevenire l’estinzione di massa in corso a livello globale».