Stabilito un nuovo record per le emissioni globali di metano
Le emissioni annue di metano nel mondo sono aumentate di circa il 10 per cento, negli ultimi vent’anni, raggiungendo la più alta concentrazione atmosferica mai registrata: 1875 parti per miliardo, un valore 2,5 volte superiore ai livelli preindustriali. Le fonti principali, secondo i dati appena diffusi dal Global Carbon Project, sono l’allevamento, l’agricoltura e l’industria del gas naturale
di Quirin Schiermeier/Nature
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Le emissioni globali di metano sono aumentate di quasi il 10 per cento negli ultimi due decenni, determinando concentrazioni atmosferiche record di questo potente gas serra.
Nel 2017, l’ultimo anno per il quale sono disponibili dati completi, le emissioni globali annue del gas hanno raggiunto il primato di 596 milioni di tonnellate, secondo gli scienziati del Global Carbon Project, che segue l’andamento dei gas serra.
Le emissioni annuali sono aumentate di circa 50 milioni di tonnellate rispetto alla media del 2000-06, principalmente a causa dell’agricoltura e dell’industria del gas naturale, secondo quanto riportano i ricercatori in due articoli (1,2) sul bilancio globale del metano appena pubblicati. Le concentrazioni atmosferiche del gas, pari a 1.875 parti per miliardo lo scorso anno, sono ora più di 2,5 volte superiori ai livelli preindustriali.
Il metano, un gas inodore, proviene da diverse fonti naturali e antropiche. È un importante contributo al riscaldamento globale perché intrappola il calore nell’atmosfera. È anche coinvolto nella formazione di ozono a livello del suolo, che è un inquinante atmosferico dannoso per la salute umana.
La vita media atmosferica del metano, pari circa 12 anni, è molto più breve di quella dell’anidride carbonica, che persiste per più di un secolo. Ma il metano, per unità, è un gas serra oltre 20 volte più potente dell’anidride carbonica. Ciò significa che in un periodo di 20 anni, il potenziale di riscaldamento globale di una tonnellata di metano atmosferico è simile a quello di circa 85 tonnellate di anidride carbonica, secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change. Se si considera il suo impatto nell’arco di 100 anni, una tonnellata di metano equivale ancora a circa 28 tonnellate di CO2.
Circa un terzo delle emissioni globali di metano proviene da batteri presenti nelle zone umide naturali che producono il gas durante la decomposizione del materiale organico. L’agricoltura e le fonti di combustibili fossili sono responsabili del 20-25 per cento delle emissioni globali di metano.
Gli scienziati non hanno trovato alcuna prova che le emissioni provenienti da zone umide o da altre fonti naturali abbiano subito un incremento sostanziale rispetto alla media del periodo 2000-2006. Ma le emissioni provenienti dall’agricoltura, trainate dall’aumento del consumo di carne rossa in alcune parti del mondo, sono aumentate di quasi il 12 per cento, fino a 227 milioni di tonnellate nel 2017. I combustibili fossili, tenendo conto tanto dei giacimenti di gas naturale quanto dei gasdotti che perdono, hanno contribuito per 108 milioni di tonnellate di emissioni di metano nel 2017, con un aumento del 17 per cento.
L’allevamento di bestiame e la produzione di petrolio e gas sono chiaramente due fattori che alimentano l’aumento delle emissioni di metano, afferma Robert Jackson, ricercatore che si occupa di sistemi terrestri dell’Università di Stanford in California, che presiede il Global Carbon Project ed è coautore di entrambi i lavori. “La gente può scherzarci sopra, ma le mucche e gli altri ruminanti emettono tanto metano quanto l’industria del petrolio e del gas”, dice.
Secondo gli studi, le emissioni sono aumentate nella maggior parte delle regioni, e in particolare in Africa, Medio Oriente, Cina e Asia meridionale. L’Europa è l’unica regione in cui le emissioni di metano sembrano diminuite negli ultimi anni, grazie al calo del numero di capi di bestiame e agli sforzi politici per ridurre le emissioni, come quelle provenienti dalle discariche e dal concime organico.
(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Nature” il 14 luglio 2020. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)