Il clima ebbe davvero un ruolo nel crollo dell’Impero romano?
La coincidenza temporale fra i cambiamenti climatici avvenuti nell’antichità e alcune tappe fondamentali della storia romana, e in particolare la caduta dell’Impero, ha indotto alcuni ricercatori a ipotizzare un nesso causale fra i due eventi. Diversi storici contestano però che il tramonto dell’Impero possa essere ricondotto a un’unica semplice causa
di Anna Rita Longo
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I problemi economici o le grandi migrazioni barbariche, l’ascesa del cristianesimo o la crisi della religiosità, ma anche l’avvelenamento da piombo provocato dalle tubature, che avrebbe causato la diffusione di una grave malattia, il saturnismo: le ipotesi tirate in ballo per spiegare la caduta dell’Impero romano sono state moltissime – più di duecento tra le più e meno attendibili – comprese quelle decisamente ingenue o fantasiose.
Un filone della ricerca archeologica e scientifica ha messo in particolare rilievo il rapporto tra fenomeni naturali e climatici ed eventi storici, rileggendo la storia di diversi popoli alla luce di ciò che si può ricavare dagli studi di paleoclimatologia.
In questo dibattito si sono di recente inseriti gli esiti di uno studio condotto sotto l’egida dell’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-IRPI), in collaborazione con l’Istituto di scienze marine (CNR-ISMAR) e l’Università di Barcellona, resi noti su “Scientific Reports”.
Il caldo favorì l’Impero?
La ricerca avrebbe consentito di verificare la presenza di una distinta fase di riscaldamento nel clima del bacino del Mediterraneo in uno specifico periodo (1-500 dell’era volgare), che sarebbe stato il più caldo degli ultimi 2000 anni, con una temperatura di circa 2 gradi più alta rispetto ai valori medi di fine secolo. Proprio questo periodo particolarmente caldo coinciderebbe con l’ascesa e lo sviluppo dell’Impero romano, mentre il successivo periodo più freddo con la crisi e la caduta dell’Impero.
Il metodo adoperato per la raccolta dei dati sul clima prevedeva l’uso come parametro della temperatura della superficie del mare, calcolato a partire dalla misurazione del rapporto tra magnesio e calcio in un microscopico organismo presente nel plancton – il foraminifero Globigerinoides ruber – prelevato in un’area del Canale di Sicilia.
Questi dati sono stati, poi, confrontati con quelli di altri studi condotti in varie zone del Mediterraneo – il mare di Alboran, il bacino di Minorca, il Mar Egeo – e con una ricostruzione della temperatura dell’emisfero settentrionale. Secondo gli autori dell’articolo, gli esiti di questi confronti mostrerebbero una chiara correlazione tra eventi storici e climatici, gettando le basi “per studi centrati sulla resilienza delle popolazioni dell’Impero romano alle variazioni climatiche”.
Lo studio si colloca, come accennato, nel ricco filone di ricerche sul rapporto tra fenomeni naturali, clima ed eventi storici. Di recente anche la caduta della Repubblica romana è stata messa in rapporto, da un altro studio, con la serie di eventi innescati da una forte eruzione verificatasi in una zona distantissima del globo, in Alaska. Ma sono, in realtà, numerose le ricerche che mettono in relazione il clima con lo sviluppo della storia, a proposito delle vicende di molti popoli: gli antichi romani, ma anche i maya, i cretesi e via discorrendo
Nel 2017, la pubblicazione di un saggio di Kyle Harper, docente di lettere classiche all’Università dell’Oklahoma, dal titolo Il destino di Roma [Torino, 2019] ha suscitato un forte dibattito ponendo l’attenzione proprio sullo stretto rapporto che, a detta dell’autore, esisterebbe tra cambiamento climatico e caduta dell’Impero romano. A rendere ancor più gravi gli effetti del clima, vi furono gli effetti delle epidemie e pandemie, favorite a loro volta dal clima.