Titano si allontana da Saturno cento volte più velocemente di quanto si pensasse

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Titano si allontana da Saturno cento volte più velocemente di quanto si pensasse

Nata dall’analisi dei dati della missione Cassini-Huygens, la scoperta modifica le ipotesi fatte fino ad oggi sull’evoluzione del sistema di Saturno, confermando una nuova teoria che potrebbe ora essere applicata anche per altre lune e pianeti
Fonte: Università di Bologna
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Titano, la più grande luna di Saturno, si allontana dal suo pianeta cento volte più rapidamente di quanto si era creduto fino ad oggi: circa 11 centimetri ogni anno. La scoperta – pubblicata sulla rivista Nature Astronomy – modifica non solo le ipotesi fatte finora sulla nascita e sull’evoluzione del sistema di Saturno, ma mette in discussione la teoria classica delle maree, utilizzata da più di cinquant’anni per studiare la migrazione orbitale delle lune. Confermando invece una nuova teoria – quella del “resonance locking” – che potrebbe ora essere applicata per studiare l’evoluzione di altri sistemi planetari, anche extrasolari, e di sistemi di stelle binarie.

La luna gigante Titano fotografata dalla sonda Cassini nella sua orbita attorno a Saturno (© NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute

Un team internazionale di ricercatori che include quattro studiosi dell’Università di Bologna ha ottenuto questi risultati a partire dall’analisi dei dati della missione Cassini-Huygens: un progetto nato dalla collaborazione fra NASA, Agenzia Spaziale Europea (ESA) e Agenzia Spaziale Italiana (ASI). Cassini ha trascorso più di 13 anni in orbita attorno a Saturno per studiarne le caratteristiche, i suoi magnifici anelli e le sue numerose lune, concludendo poi la missione nel 2017 con uno spettacolare tuffo nell’atmosfera del pianeta.

“Cassini è stata una missione straordinaria, che ha rivoluzionato la nostra conoscenza di Saturno e dell’intero Sistema Solare”, dice Paolo Tortora, professore dell’Università di Bologna e responsabile del Laboratorio di Radio Scienza ed Esplorazione Planetaria, attivo presso il Campus di Forlì dell’Alma Mater. “Questa scoperta è un’importante nuovo tassello per risolvere un problema a lungo dibattuto: quello dell’età del sistema delle lune di Saturno”, aggiunge il primo autore del paper Valéry Lainey, oggi all’Observatoire de Paris (Francia), che ha portato avanti la ricerca mentre si trovava al Jet Propulsion Laboratory della NASA (USA).


TITANO E LE LUNE DI SATURNO

Ad oggi sono state scoperte più di ottanta lune che orbitano attorno a Saturno, il secondo gigante gassoso del nostro Sistema Solare dopo Giove, ma nessuna si avvicina alle dimensioni di Titano. Più grande della nostra Luna e anche del pianeta Mercurio, Titano è l’unico satellite del Sistema Solare che possiede un’atmosfera, composta prevalentemente da azoto. Sulla sua superficie sono presenti laghi di metano liquido, alimentati da fiumi e pioggia, e nel sottosuolo è presente un oceano di acqua liquida, che potrebbe ospitare condizioni favorevoli alla vita.

Mentre sappiamo che Saturno si è formato 4,6 miliardi di anni fa, a seguito del Big Bang, è meno chiaro quando invece sia nato il complesso sistema delle lune che gli orbitano attorno, incluso Titano che si trova oggi ad 1,2 milioni di chilometri di distanza. Un modo per ipotizzare una risposta è calcolare la velocità con cui una luna si allontana dal pianeta e risalire così a ritroso al momento della sua formazione.

Come l’attrazione gravitazionale della Luna produce le maree che osserviamo sulla Terra, così anche Titano produce delle maree su Saturno. Poiché Saturno ruota attorno al proprio asse molto più velocemente di quanto Titano gli ruoti attorno, il picco mareale sul pianeta non è diretto precisamente verso il suo satellite, ma lo “precede”. A causa di questo disallineamento, Titano riceve una spinta gravitazionale che lo allontana da Saturno. Una situazione simile accade con la nostra Luna, che si sta allontanando dalla Terra di 4 centimetri ogni anno e quindi, in un futuro lontano, apparirà nel cielo più piccola di come la vediamo oggi.

Per gli ultimi cinquant’anni il calcolo della migrazione orbitale delle lune è avvenuto basandosi sulla teoria classica delle maree. In base a questa teoria, in un sistema con molte lune come quello di Saturno, le lune più esterne – Titano è una di queste – si dovrebbero allontanare più lentamente rispetto a quelle più vicine al pianeta. I dati di Cassini presentati su Nature Astronomy ci dicono però che non è così: Titano si allontana da Saturno cento volte più velocemente di quanto previsto dalla teoria classica delle maree, circa 11 centimetri ogni anno.

LA CONFERMA DI UNA NUOVA TEORIA

C’è però un’altra teoria in grado di spiegare i risultati del nuovo studio: quella del “resonance locking”. Ideata quattro anni fa da Jim Fuller – ricercatore del California Institute of Technology (USA) e coautore della ricerca –, questa ipotesi predice una rapida migrazione orbitale delle lune dei pianeti gassosi causata da particolari risonanze tra le oscillazioni della struttura interna del pianeta e il moto orbitale delle lune. Queste risonanze possono catturare le lune durante l’evoluzione del pianeta e farle quindi migrare più velocemente rispetto a quanto avviene con il meccanismo classico delle maree.

La scoperta fatta sui movimenti di Titano è un’importante conferma di questa nuova teoria e ha permesso di stabilire che il sistema delle lune di Saturno si è espanso più rapidamente di quanto si era pensato fino ad oggi. Non solo: ottenuta questa importante conferma, la teoria del “resonance locking” potrebbe ora essere applicata per studiare l’evoluzione di altri sistemi planetari, ad esempio quello di Giove, ed anche di sistemi planetari extrasolari e di sistemi di stelle binarie.

IL RUOLO DELLA SONDA CASSINI
Ma come hanno fatto i ricercatori a calcolare la velocità di migrazione di Titano? Il risultato è stato ottenuto con due metodi completamente indipendenti. Da un lato sono state usate osservazioni con telescopi terrestri e immagini fotografiche scattate dalla sonda Cassini per ricostruire accuratamente le orbite di tutte le principali lune di Saturno. Dall’altro sono stati utilizzati i segnali radio trasmessi da Cassini nel corso della sua missione.

“Tra il 2006 e il 2016, Cassini ha realizzato dieci sorvoli ravvicinati di Titano: analizzando il segnale radio inviato dalla sonda durante questi passaggi siamo riusciti a misurare molto accuratamente l’espansione orbitale della luna”, spiega Luis Gomez Casajus, ricercatore dell’Università di Bologna presso il Laboratorio di Radio Scienza ed Esplorazione Planetaria e coautore dello studio. “Partendo da due tipologie di dati del tutto differenti siamo così riusciti ad ottenere risultati concordanti, che confermano quanto predetto dalla teoria di Jim Fuller sulla velocità di migrazione più rapida di Titano”, aggiunge Paolo Tortora.

Nonostante si sia conclusa ormai tre anni fa, la missione Cassini non sembra insomma aver esaurito le sorprese. “Continueremo ad analizzare i dati raccolti da Cassini ancora per molto tempo, e sono sicuro che molte altre scoperte sorprendenti ci attendono”, conferma Marco Zannoni, ricercatore del medesimo laboratorio che ha collaborato fin dal 2012 alle attività di calibrazione ed analisi dati della sonda Cassini. “Il preziosissimo archivio di dati della missione rappresenta una miniera d’oro per i ricercatori italiani coinvolti in questo progetto, ai fini della comprensione dei sistemi planetari complessi come quelli di Saturno e di Giove”, aggiunge Angelo Olivieri, responsabile scientifico del progetto Cassini-Huygens presso l’Agenzia Spaziale Italiana, che ha contributo alla missione con importanti apparati di bordo.

I PROTAGONISTI DELLO STUDIO
Coordinato da Valéry Lainey al Jet Propulsion Laboratory della NASA (USA), lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Astronomy con il titolo “Resonance locking in giant planets indicated by the rapid orbital expansion of Titan”.

Per l’Università di Bologna hanno partecipato Paolo Tortora, Luis Gomez Casajus, Marco Zannoni e Dario Modenini del Dipartimento di Ingegneria industriale. Hanno inoltre preso parte alla ricerca studiosi del California Institute of Technology (USA), della Queen Mary University of London (Regno Unito), dell’Observatoire de Paris presso la Université PSL (Francia) e della Jinan University (Cina).

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