Proxima Centauri è nel mirino della fotocamera di New Horizons

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Proxima Centauri è nel mirino della fotocamera di New Horizons

Arrivata quasi ai confini del sistema solare, la sonda della NASA ha puntato la sua fotocamera verso Proxima Centauri e un’altra stella. Confrontando queste immagini con quelle riprese dalla Terra nello stesso istante, si può misurare la distanza delle due stelle. Le osservazioni dallo spazio profondo potranno anche aiutare a monitorare gli asteroidi potenzialmente pericolosi per il nostro pianeta
di Davide Castelvecchi/Nature
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Nel 2015 la sonda New Horizons della NASA ha stupito il mondo con immagini senza precedenti di Plutone e, in tempi più recenti, con le prime foto ravvicinate di un asteroide nella fascia di Kuiper. Ora la missione ha raggiunto per la prima volta un altro obiettivo: misurare dai confini del sistema solare le distanze di due stelle.

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“Si può dire con sicurezza che New Horizons sta guardando un cielo alieno, diverso da quello visibile dalla Terra”, ha dichiarato l’11 giugno Alan Stern, principal investigator di New Horizons al Southwest Research Institute a Boulder, in Colorado.

La maggior parte dei telescopi spaziali, dal venerando Hubble Space Telescope al nuovissimo cacciatore di pianeti europeo CHEOPS, restano vicini alla Terra: basta essere fuori dall’atmosfera per avere un’ottima visuale e in genere non c’è motivo per avventurarsi oltre. A volte però le osservazioni dallo spazio profondo offrono alcuni vantaggi.

Il 22 e 23 aprile il gruppo di New Horizons ha puntato la fotocamera principale della sonda verso Proxima Centauri – la stella più vicina al Sole – che si trova a circa 1,3 parsec (4,2 anni luce) di distanza, oltre che verso un’altra stella, detta Wolf 359. La NASA ha chiesto ad astronomi professionisti e dilettanti di fotografare queste due stelle dalla Terra, esattamente alla stessa ora. Dato che adesso New Horizons è 46 volte più lontana dal Sole di quanto lo sia la Terra, i due punti di vista sono abbastanza distanti da far sì che le posizioni delle stelle appaiano leggermente diverse rispetto ad altri oggetti più remoti. Misurando quella differenza gli astronomi possono calcolare la distanza delle due stelle dalla Terra.

Si tratta della cosiddetta parallasse, una tecnica consolidata da tempo su cui si basano le più sofisticate mappe 3D della Via Lattea, compresa la più avanzata oggi disponibile, realizzata dalla sonda Gaia dell’Agenzia spaziale europea (ESA). La parallasse funziona con lo stesso principio della visione binoculare, che permette agli esseri umani di valutare in modo approssimativo la distanza di un oggetto puntando su di esso entrambi gli occhi.

La mappa della Via Lattea ricostruita da Gaia (© ESA/Gaia/DPAC)

Gaia però si trova relativamente vicina alla Terra e calcola la parallasse confrontando le proprie immagini delle stesse stelle a sei mesi di distanza, nelle due metà di un’orbita intorno al Sole. La differenza tra queste due posizioni è solo il doppio della distanza Terra-Sole, e non 46 volte come nel caso della sonda New Horizons. Di conseguenza gli angoli di parallasse sono minimi e Gaia produce tabelle di numeri, più che qualcosa di osservabile.

“Pur con tutto il lavoro notevole di Gaia, non si vede”, spiega Tod Lauer, membro del gruppo di New Horizons e astronomo allo US National Optical-Infrared Astronomy Research Laboratory a Tucson, in Arizona. “Qui invece si vede… Bum!” I due scatti di Proxima Centauri, uno dalla fascia di Kuiper e l’altro dalla Terra, raffigurano chiaramente il cambiamento di posizione della stella. Sono immagini – continua Lauer–- che potrebbero diventare leggendarie e memorabili come la celebre Pale Blue Dot, una foto della Terra scattata dalla sonda Voyager 1 della NASA nel 1990. Il gruppo è già stato contattato da autori di manuali di astronomia che vogliono riportare le immagini nelle loro prossime edizioni.

Osservazione da lontano
Allestire osservatori nello spazio profondo – cioè in qualunque punto oltre il sistema Terra-Luna – potrebbe offrire svariati vantaggi. La posizione migliore per sorvegliare asteroidi potenzialmente pericolosi sarebbe il sistema solare interno, dove gli oggetti che viaggiano vicini alla Terra – detti Near-Earth Objects, o NEO – si staglierebbero contro il buio dello spazio, invece che contro la luminosità del Sole.

“Con un’orbita interna a quella terrestre è possibile avere tutti i NEO fuori dall’orbita”, spiega Paolo Tanga dell’Observatoire de la Côte d’Azur a Nizza: “Così, prima o poi tutti i NEO finiscono a trovarsi in posizione opposta al Sole rispetto all’osservatorio, cioè nelle condizioni più favorevoli per essere osservati”. (BepiColombo, una missione con due sonde, ora impegnata in un viaggio di sette anni verso Mercurio, originariamente avrebbe dovuto includere un telescopio dedicato ai NEO, ma il piano è stato accantonato per ridurre i costi.)

Nel frattempo la Laser Interferometer Space Antenna (LISA), un trio di sonde che l’ESA prevede di lanciare nel 2034, rileverà le onde gravitazionali da un punto di osservazione lontano dai disturbi del sistema Terra-Luna. E in alcune particolari circostanze occasione ha senso dare uno sguardo allo spazio dalla superficie di Marte.

La traiettoria di New Horizons ( (NASA/APL)

Nel caso delle misurazioni di distanze stellari, con un’orbita lontana un osservatorio sofisticato come Gaia potrebbe ottenere parallassi molto più precise. Per esempio, a una distanza cinque volte maggiore di quella tra Sole e Terra – pari alla distanza di Giove – le misurazioni diventerebbero cinque volte più precise, almeno in linea di principio.

Tuttavia… L’ARTICOLO CONTINUA QUI

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