Un gigantesco tsunami potrebbe colpire una zona dell’Alaska a causa dei cambiamenti climatici
Potrebbe avvenire in qualsiasi momento: uno spaventoso tsunami potrebbe colpire in maniera impressionante una parte dell’Alaska a causa di una frana in un fiordo. La colpa? Sempre loro: i cambiamenti climatici, quindi noi. L’allarme in una preoccupante lettera scritta e firmata da 14 scienziati degli Stati Uniti lo scorso 14 maggio.
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Gli studiosi, tutti esperti di cambiamenti climatici, frane e rischio catastrofi, hanno individuato un pendio montuoso instabile sopra la punta del ghiacciaio Barry, nell’Alaska sud-centrale, a 96 km a est di Anchorage, con il potenziale di crollare e generare uno tsunami. L’evento avrebbe un impatto terribile sulle aree frequentate da turisti, pescherecci e cacciatori (potenzialmente centinaia di persone contemporaneamente) e potrebbe accadere in qualsiasi momento, anche molto presto, ma secondo gli scienziati la probabilità è maggiore tra 20 anni.
L’analisi è stata condotta con previsioni tramite simulazione di scenari: un completo crollo della massa riempirebbe completamente il Barry Arm, generando uno tsunami alto anche più di 100 metri nella parte esterna e nel fiordo di Harriman, pericoloso per la costa vicino alla spiaggia, anche se probabilmente non per le navi che si trovano in corpi idrici più profondi. Gli studiosi stanno lavorando con l’Alaska Department of Natural Resources, la Division of Geological and Geophysical Survey (DGGS), e hanno contattato l’US Geological Survey per chiedere il loro aiuto ed iniziare monitoraggio il più presto possibile.
Le pendici Barry Arm sono state fotografate numerose volte, dal 1910 quando non vi era alcun segno di deformazione glaciale, nel 1957 quando la massa aveva iniziato a muoversi lasciando una distinta frattura sul fianco della collina, tra il 2009 e il 2015 con uno shift ulteriore, fino al 2019 che lascia visibile una frattura più grande.
Ma perché tutto questo? Sempre loro, i cambiamenti climatici: l’aumento delle temperature infatti favorisce lo scioglimento dei ghiacciai e quindi l’instabilità complessiva.
Un caso? assolutamente no.
“La ritirata del ghiacciaio negli ultimi anni segue un modello simile al movimento della spaccatura, suggerendo che lo smottamento è in parte supportato dal ghiacciaio stesso e che si sposta quando viene rimosso quel supporto”.