Isac-Cnr: al momento il 2020 è l’anno più caldo mai registrato in Italia

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Isac-Cnr: al momento il 2020 è l’anno più caldo mai registrato in Italia

Temperature oltre la media in Italia, siccità nei campi e forte rischio di aumento dei prezzi alimentari
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Secondo i dati dell’Istituto di scienze dell’atmosfera del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac- Cnr) relativi al primo quadrimestre di quest’anno, «con una media storica di 1,41 gradi in più, il 2020 si sta manifestando come l’anno più caldo da quando, nel 1800 sono cominciate le rilevazioni», un dato che conferma le previsioni di un’estate caldissima avanzate da diversi istituti meteorologici internazionali e che scommettono che il 2020 sarà comunque – pur in assenza del fenomeno di El Niño – uno dei tre anni più caldi mai registrati finora.

Di fronte agli italiani che, con un caldo già estivo corrono al mare nonostante le regole del distanziamento sociale, Coldiretti, citando dati del  National Climatic Data Centre Usa (Ncdc), fa notare che «La situazione è difficile anche in Europa dove il primo quadrimestre è risultato essere il più caldo di sempre con un anomalia di addirittura di +2,77 gradi». L’Ncdc ha rilevatoa livello globale una temperatura della superficie della terra e degli oceani superiore di 1,14 gradi rispetto alla media del XX secolo, la seconda più calda dal 1880.

secondo elaborazioni Coldiretti su dati Isac Cnr, «L’anomalia climatica conferma la tendenza al surriscaldamento anche in Italia con il 2019 che è stato complessivamente il quarto anno più bollente dal 1800 con una temperatura superiore addirittura di 0,96 gradi rispetto alla media di riferimento dopo i record di 2014, 2015 e 2018. La tendenza al surriscaldamento è accompagnata da una più elevata frequenza di eventi estremi e sfasamenti stagionali che sconvolgono i normali cicli colturali ed impattano sul calendario di raccolta e sulle disponibilità dei prodotti che i consumatori mettono nel carrello della spesa».

Nell’immediato Coldiretti è allarmata dai dati dell’Associazione nazionale consorzi di gestione
e tutela del territorio e acque irrigue (ANBI) sulla siccità che «dal Veneto alla Puglia, a macchia di leopardo, colpisce le campagne. Al Sud in Basilicata negli invasi mancano all’appello oltre 66 milioni di metri cubi rispetto all’anno scorso mentre in Sicilia il deficit è di 61,63 milioni di metri cubi rispetto ad un anno fa ma gravissima è la condizione della Puglia, il cui deficit idrico è addirittura attorno ai 122 milioni di metri cubi rispetto al 2019. La situazione nonostante i recenti temporali resta preoccupante anche al nord dove i corsi d’acqua sono al di sotto dei livelli medi del periodo a causa di un inverno ed una primavera asciutti».

Ela conferma arriva da Coldiretti Veneto: «I cambiamenti climatici sono una costante. Anche se gli agricoltori si sono attivati con nuovi impianti oppure convertendo l’indirizzo agronomico aziendale, i costi aumentano in base agli interventi straordinari di soccorso irriguo».

L’ANBI evidenzia che «Per far fronte alla penuria d’acqua, gli agricoltori stanno irrigando il grano già dall’inizio della stagione: un fatto decisamente straordinario ed allarmante per il territorio: oltre ai grandi seminativi risentono della carenza idrica anche frutteti, orti e vigneti, che si trovano in zone non sempre raggiunte dall’irrigazione. Nella bassa padovana è scattato l’allarme per la soia, principale coltivazione. Gli imprenditori agricoli hanno dovuto bagnare il terreno nudo prima di seminare, perché il sole ed il vento avevano inaridito le superficie. Con le semine ritardate, in mancanza di precipitazioni, le piantine non crescono.  I cereali e le colture industriali interessano oltre 400.000 ettari in Veneto, occupando grandi estensioni di terreno».

Coldiretti conclude: «L’agricoltura è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici con sfasamenti stagionali ed eventi estremi che hanno causato una perdita in Italia di oltre 14 miliardi di euro nel corso del decennio».

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