Cosa accadrà quando il riscaldamento globale arriverà nelle profondità oceaniche?
Nel prossimo futuro l’impatto ecologico del riscaldamento globale sugli strati più profondi degli oceani potrebbe essere pesante, mettendo a rischio la biodiversità di quelle zone oceaniche. Questo scenario, dovuto a una capacità di adattamento limitata nel caso di variazioni di temperatura, è stato finora largamente sottovalutato
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Nei prossimi decenni, gli strati più profondi degli oceani subiranno l’impatto del cambiamento climatico in modo pesante, anche se le variazioni di temperatura saranno meno intense rispetto a quelle della superficie oceanica. Lo rivela un’analisi basata su ben 11 modelli climatologici pubblicata su “Nature Climate Change” da un gruppo internazionale di ricerca, guidato dall’Università del Queensland, in Australia.
Quando si affronta il tema del riscaldamento del pianeta in termini ecologici è importante valutare non tanto le variazioni di temperatura delle diverse zone del globo, quanto piuttosto la risposta attuata dalle specie nei propri habitat. Gli autori in questo caso hanno usato come parametro d’indagine la climate velocity, che descrive con quale rapidità e in quale direzione le specie cambiano il loro areale, cioè la zona in cui esse vivono in modo stabile. In particolare, hanno calcolato la climate velocity per il clima contemporaneo, che ha caratterizzato il periodo compreso tra il 1955 e il 2005, e per tre diversi scenari climatici definiti dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) per il periodo 2050-2100.
I ricercatori hanno scoperto che nella serie storica, le climate velocity erano più elevate in profondità che in superficie. L’effetto è particolarmente evidente oltre i 1000 metri di profondità, con valori da due a quattro volte maggiori rispetto agli strati superficiali, nonostante questi ultimi abbiano sperimentato il riscaldamento maggiore.
Se si guarda al futuro, i modelli di previsione mostrano lo stesso fenomeno. Entro fine secolo le climate velocity degli strati mesopelagici, compresi tra 200 e 1000 metri di profondità, saranno tra quattro e 11 volte i valori superficiali, a seconda di quanto sarà intenso il riscaldamento climatico dei prossimi decenni. Questo dato è particolarmente importante perché riguarda numerosissime specie di pesci di piccole dimensioni che costituiscono il nutrimento di animali marini più grandi.
I ricercatori hanno poi valutato le regioni più critiche, in cui cioè i massimi valori delle climate velocity si sovrappongono agli hot–spot di biodiversità per circa 20.000 specie marine. Hanno così scoperto che i problemi maggiori saranno alle latitudini tropicali e subtropicali per gli strati superficiali e intermedi, mentre saranno a ogni latitudine per gli strati profondi, tranne che nelle regioni polari.
“I nostri risultati suggeriscono che la biodiversità delle profondità marine sarà probabilmente più a rischio rispetto a quella superficiale perché la biodiversità delle profondità è in grado di adattarsi solo ad ambienti termicamente molto più stabili”, dice Jorge Garcia Molinos, ecologo dell’Università dell’Hokkaido, che ha contribuito allo studio. “L’accelerazione della climate velocity per l’oceano profondo è costante in tutti i possibili scenari di concentrazione di gas serra considerati. Ciò fornisce una forte motivazione a considerare gli impatti futuri del riscaldamento degli oceani sulla biodiversità degli strati profondi, un tema che rimane sottovalutato in modo preoccupante”