C’è uno scudo di zuccheri che mimetizza il coronavirus

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C’è uno scudo di zuccheri che mimetizza il coronavirus

Una fitta selva di zuccheri complessi dalle forme più svariate, i glicani, cerca di nascondere le proteine spike dei coronavirus dall’attacco degli anticorpi. Gli scienziati hanno iniziato a studiare queste strutture per realizzare vaccini e terapie immunitarie che trasformino quello scudo difensivo del virus in un suo punto debole
di Jordana Cepelewicz/Quanta Magazine
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Le cellule sono pelose. La cosa può sorprendere, dato che spesso le immagini sui libri di testo le raffigurano con la superficie liscia, “un po’ come un palloncino pieno d’acqua”, afferma Elisa Fadda, chimica computazionale della Maynooth University, in Irlanda. “Però è del tutto falso”. In realtà, la superficie di una cellula è adorna di una foresta di zuccheri, con agglomerati intricati e mutevoli di carboidrati che si estendono come rami e foglie da tronchi proteici. E dato che questa foresta è il volto con cui una cellula si presenta al mondo, questi carboidrati complessi, detti glicani, hanno un ruolo fondamentale negli incontri e nelle interazioni con altre cellule o molecole.

Da qualche tempo a questa parte l’importanza dei glicani nella ricerca biomedica è in aumento, dato che vari ricercatori hanno studiato il modo in cui contribuiscono ad attivare, regolare e guidare la risposta immunitaria. Lo studio della struttura di questi zuccheri e della loro funzione nella salute umana e nelle malattie ha già portato a una maggiore comprensione di vari patogeni e a terapie e vaccini nuovi.

Ma l’epidemia COVID-19 ha reso questa ricerca più urgente, perché molti scienziati sono convinti che le conoscenze sui glicani possano dimostrarsi essenziali nella lotta al virus SARS-CoV-2. Diversi gruppi di ricerca hanno già pubblicato i primi modelli dettagliati dei glicani del virus, che ne indicano le potenziali vulnerabilità.

I tanti usi vitali degli zuccheri
C’è un motivo se la genomica e la proteomica sono avanzate molto di più rispetto alla glicomica: è la stessa complessità degli zuccheri a renderli più difficili da studiare. Il DNA, l’RNA e le proteine sono molecole lineari costruite secondo serie di regole definite, e la ricerca ha gli strumenti per sequenziarli, analizzarli e manipolarli. Invece i glicani sono strutture ramificate che si assemblano senza un modello noto.

Per esempio, lo stesso sito su due proteine identiche può essere occupato da glicani molto diversi. Inoltre il numero di configurazioni potenziali dei glicani è esponenzialmente maggiore rispetto a quello del DNA o delle proteine: tre nucleotidi diversi possono creare sei sequenze distinte di DNA, tre amminoacidi possono formare sei peptidi diversi, ma tre elementi costitutivi dei glicani possono formare più di mille strutture. I glicani sono flessibili, mobili e variabili, intricati, dinamici e un po’ imprevedibili. Per analizzarli servono una maggiore esperienza tecnica e strumenti più sofisticati.

Gli zuccheri complessi (glicani) che ricoprono le glicoproteine aiutano il virus a eludere il sistema immunitario. Per sviluppare terapie che colpiscano in modo efficace la glicoproteina virale, gli scienziati devono individuare la disposizione di quei glicani (Lucy Reading-Ikkanda/Quanta Magazine) 

Di conseguenza “il settore della glicobiologia è rimasto più che altro una sottodisciplina specialistica”, dice Max Crispin, glicobiologo all’Università di Southampton, in Gran Bretagna, e uno dei capofila del recente lavoro sui glicani del SARS-CoV-2 (parte del quale è stato pubblicato il 4 maggio su “Science”).

Tuttavia negli ultimi dieci anni circa è diventato evidente che questi carboidrati vanno tenuti in maggiore considerazione in biologia. “Gli zuccheri non sono solo luci di Natale messe lì per rallegrare l’ambiente”, afferma Victor Nizet, un ricercatore di medicina pediatrica all’Università della California a San Diego, specializzato in interazioni ospite-microrganismi e malattie infettive. “Sono elementi fondamentali della struttura della casa.”

I glicani contribuiscono a rendere stabili le proteine e a controllare che si ripieghino in modo corretto. In quanto recettori sulla superficie delle cellule, ne regolano il funzionamento e il movimento. Sono coinvolti in processi che vanno dalla segnalazione dei fattori di crescita alla formazione del legame tra spermatozoo e ovocita, determinano il gruppo sanguigno e sono implicati nelle malattie cardiovascolari, nel diabete e in altri disturbi.

“Hanno una serie davvero enorme di ruoli diversi nel corpo, e in pratica stiamo appena iniziando a capire la composizione di questi glicani e dove si trovano”, afferma Andrew Ward, biologo computazionale allo Scripps Research Institute in California.

Se non consideriamo gli zuccheri, non possiamo capire fino in fondo il funzionamento e le interazioni delle proteine e delle cellule. “Immaginiamo un mondo in cui ciascuno di noi conosce solo una parte dell’alfabeto”, ha scritto Jamey Marth, un biologo molecolare dell’Università della California a Santa Barbara, in una lettera pubblicata di recente su “Nature Cell Biology”.

L’HIV apre la strada
L’avvento della glicobiologia ha portato a trasformazioni particolarmente evidenti in immunologia. I glicani aiutano ad attivare, smistare e regolare le cellule del sistema immunitario. Alcune di queste cellule sono predisposte a riconoscere sia gli zuccheri umani che quelli non umani, così da poter lanciare una difesa contro questi ultimi o al contrario smobilitarsi in presenza dei primi.

I batteri e i virus si sono evoluti per trarre vantaggio da questa situazione. Secondo Nizet, i patogeni sfruttano i glicani “a ogni passo” dell’interazione con l’ospite: per riuscire ad accedere e a invadere le cellule, per migrare verso altri tessuti bersaglio, per evitare il sistema immunitario, per indurre un’infiammazione che può portare a certi sintomi della malattia.

I ricercatori non hanno notato molti di questi collegamenti finché non hanno iniziato a cercare di capire la biologia dell’HIV, il virus dell’immunodeficienza umana. Come commenta Ward, “il lavoro sull’HIV ha davvero gettato le basi”, in particolare per quanto riguarda la direzione da prendere nei tentativi di creare vaccini e cure efficaci. “Abbiamo imparato tantissimo sui glicani in questo modo.”

Oggi, “se si va a una conferenza sui vaccini per l’HIV, in pratica è un convegno di altissimo livello sulla glicobiologia”, commenta James Paulson, biologo molecolare allo Scripps. “Chiunque, o quasi, si occupi di vaccini per l’HIV quando lo progetta pensa per prima cosa agli zuccheri.”

Modello della superficie della proteina spike di SARS-CoV-2. I glicani formano una copertura della proteina rendendo difficile l’accesso degli anticorpi ai suoi siti sensibili (in rosso). Le parti in nero sono regioni non sensibili della proteina. (© Oliver C. Grant et al. – CC BY-NC-ND 4.0)

Ciò perché l’HIV si appropria dei meccanismi cellulari dell’ospite per ricoprirsi di glicani umani. La proteina di superficie che permette a un virus di legarsi alle cellule umane e di penetrare al loro interno è interamente coperta da questi zuccheri: almeno la metà della massa funzionale della proteina è costituita da carboidrati. Questo cosiddetto scudo di glicani mimetizza il virus e lo fa sembrare parte dell’organismo per nasconderlo al sistema immunitario. “È come un lupo travestito da agnello”, spiega Philip Gordts, glicobiologo dell’Università della California a San Diego.

In realtà i ricercatori hanno iniziato ad accorgersi che l’HIV è coperto da così tanti glicani che “la protezione ne diventa quasi eccessiva”, sostiene Crispin. C’è una tale densità di zuccheri che non tutti sono accessibili per essere modificati chimicamente come lo sarebbero di norma i glicani umani. Di conseguenza alcune chiazze di glicani sul virus rimangono in una forma chimicamente meno matura, più primitiva.

Queste chiazze di glicani primitivi sono cruciali per il successo dell’HIV e allo stesso tempo sono anche una debolezza chiave. Presentando le chiazze alle cellule immunitarie in circolo, il virus viene trasportato ai linfonodi, dove può infettare i linfociti T che sono il suo obiettivo principale. Però, dopo qualche anno, in circa un terzo dei pazienti cronici il sistema immunitario inizia a riconoscere quei glicani come estranei e genera anticorpi per combattere il patogeno.

In effetti, quando si scoprirono per la prima volta questi anticorpi, i ricercatori rimasero molto stupiti del fatto che riconoscessero un particolare gruppo di glicani sull’HIV. Di solito gli anticorpi attaccano le proteine, non gli zuccheri; inoltre questi zuccheri sembravano bersagli particolarmente improbabili, perché erano stati prodotti per il virus dalle cellule umane e dunque assalirli poteva causare una risposta autoimmune.

“Era un dogma consolidato – afferma Crispin – che non si potessero usare anticorpi contro quegli zuccheri.” (La scienza ne era così sicura che la superficie coperta di zuccheri dell’HIV era stata soprannominata il !volto silenzioso”.)

Da allora sono stati identificati parecchi altri anticorpi di questo tipo. Nell’evolversi, molti di essi hanno imparato a riconoscere qualche combinazione tra proteina e glicano, altri hanno imparato a occuparsi dei glicani che bloccano l’accesso alle loro proteine bersaglio. “Così sono gli zuccheri a plasmare tutti gli anticorpi ampiamente neutralizzanti”, spiega Crispin.

I ricercatori hanno capito che, di conseguenza, perché un vaccino possa stimolare correttamente il sistema immunitario per combattere l’HIV può essere necessario che contenga glicani. Un vaccino che suscita una risposta contro le proteine virali nude può non essere efficace contro il virus vero, che le tiene nascoste dietro uno scudo di glicani.

Similmente, sono in corso tentativi di sviluppare nuovi inibitori dell’HIV che ne riconoscano i glicani. Alcune di queste terapie antivirali sono in fase di sperimentazione clinica.

Uno scudo essenziale ma vulnerabile
Anche i virus influenzali sono protetti da uno scudo di glicani denso, che non solo li nasconde al sistema immunitario, ma aiuta l’influenza a diventare un bersaglio mobile a livello immunologico. I virus riescono facilmente ad aggiungere zuccheri che prima non c’erano, rendendo impotenti gli anticorpi che prima erano efficaci.

Ma fanno affidamento sui glicani anche in altri modi importanti. Quando il virus dell’influenza si inserisce nelle cellule ospite, si attacca a un glicano prevalente su di esse. In pratica è lo zucchero a determinare quali tessuti il virus infetta, e anche quali specie. Quando un ceppo mutato del virus dell’influenza aviaria fa il salto a un ospite umano, per esempio, spesso ciò avviene perché sono cambiate le interazioni del virus con certi glicani. “È solo una minima differenza nei glicani a proteggere gli esseri umani dall’influenza aviaria”, sostiene Gordan Lauc, glicobiologo dell’Università di Zagabria in Croazia.

Il virus dell’influenza fa affidamento anche su un enzima che taglia via i glicani e gli permette così di uscire dalla cellula ospite e di diffondersi in tutto il corpo. Diversi antivirali efficaci contro l’influenza, compreso il Tamiflu, inibiscono questi enzimi.

Anche i batteri usano i glicani per mimetizzarsi nel corpo. Alcuni si incapsulano in un rivestimento di zuccheri che intende imitare i glicani umani; contro di questi si sono dimostrati utili i vaccini basati sui glicani. Altri patogeni spargono glicani come diversivo per allontanare da sé gli attacchi del sistema immunitario. Diverse malattie autoimmuni (come la sindrome di Guillain-Barré) hanno origine quando i glicani di un invasore innescano gli anticorpi… L’ARTICOLO CONTINUA QUI

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