Ecco come i terremoti hanno cambiato il paesaggio urbano a Roma tra la Tarda Antichità e Alto Medioevo

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Ecco come i terremoti hanno cambiato il paesaggio urbano a Roma tra la Tarda Antichità e Alto Medioevo

Tratto da ingvterremoti.com
a cura di Fabrizio Galadini, INGV-Roma1.

Grazie alla collaborazione con i funzionari archeologi della Soprintendenza di Roma, della Provincia e del Comune, nel corso degli anni sono state acquisite informazioni sulle tracce archeologiche di terremoti del passato, nello specifico per il periodo compreso tra il VI e il IX secolo d.C. In particolare, dalle stratigrafie archeologiche emerge che probabilmente a causa dell’elevata vulnerabilità degli edifici – di età plurisecolare, spesso senza manutenzione per secoli o privi di parti originarie per la prassi della spoliazione – lo scuotimento sismico ha contribuito in misura non trascurabile ai cambiamenti del paesaggio urbano, alimentando la formazione di contesti ruderali o comunque degradati. In sostanza, proprio per l’elevata vulnerabilità dei fabbricati è possibile che gli effetti dei terremoti del passato siano stati superiori a quelli meglio noti dalle fonti storiche relative ai terremoti più recenti (es. 1703 e 1915).

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Figura 1. Sotterranei di Palazzo Spada: frammenti di piani pavimentali in giacitura di crollo, inclinati e giustapposti.

Terremoti e fonti scritte

Le fonti scritte citano cinque terremoti per il periodo compreso tra il VI e il IX secolo. Per alcuni di questi eventi, ad esempio quello avvenuto nel 443 d.C., sono menzionati danni a Roma. Al contrario, non sono riportati danni in riferimento al terremoto dell’847. In quest’ultimo caso le stratigrafie archeologiche completano l’informazione storica, permettendo di ipotizzare che danni consistenti abbiano interessato l’attuale settore centrale di Roma proprio in occasione di questo evento. Si può vedere che nel caso citato l’archeologia porta un arricchimento sostanziale delle conoscenze sugli effetti dei terremoti del passato. Questo aspetto è fondamentale, se si considera che proprio sulla storia sismica di un territorio si basano le stime di pericolosità, cioè quelle valutazioni che consentono di definire la probabilità di occorrenza di un certo tipo di scuotimento sismico in un dato intervallo temporale.

Distinzione stratigrafica delle tracce dei terremoti

Dei cinque terremoti che sono avvenuti tra il VI e il IX secolo, alcuni sono cronologicamente vicini tra loro. Il terremoto del 443 è molto vicino a quello che viene alternativamente attribuito al 484 o al 508. Ciò significa che dal punto di vista archeologico è difficile discriminarne gli effetti, perché spesso la cronologia desumibile dalle stratigrafie archeologiche non riesce ad essere dettagliata al decennio. Identica conclusione vale per i terremoti dell’801 e dell’847. In pratica, è pressoché impossibile, allo stato delle conoscenze attuali, sostenere che il terremoto dell’801 abbia avuto effetti maggiori o minori di quello dell’847. Spesso noi osserviamo un insieme di evidenze archeosismiche riferibili genericamente al IX secolo, senza che sia possibile chiarire esattamente quale dei due eventi citati ne sia stata la causa. L’unica conclusione, quindi, è che i terremoti del IX secolo hanno probabilmente avuto un impatto non trascurabile sul costruito dell’epoca.

Effetti macroscopici dei terremoti nelle stratigrafie archeologiche

Certamente i collassi – spesso verticali – di interi edifici sono gli effetti più sorprendenti, considerando che si tratta dell’attuale centro storico di Roma. Questa dinamica di crollo è riscontrabile sia per l’edificio nei sotterranei di Palazzo Spada (Figura 1), sia per la struttura di pertinenza di un’aula del Foro di Traiano rinvenuta nel corso degli scavi Metro C di piazza Madonna di Loreto (Figura 2), sia per le cosiddette “Piccole Terme” nei sotterranei del Palazzo Valentini.

Figura 4. Piazza Madonna di Loreto, scavo Metro C, edificio di età traianea: particolare del crollo delle nervature della volta.
Figura 2. Piazza Madonna di Loreto, scavo Metro C, edificio di età traianea: particolare del crollo delle nervature della volta.

In sostanza, gli scavi degli ultimi anni hanno portato alla luce veri e propri cumuli di macerie legate al crollo improvviso di fabbricati ancora in uso al momento della distruzione, in un quadro generale per cui è difficile ipotizzarne la fine per inconsistenza strutturale.

3 - Schema raffigurante l’unità di crollo rinvenuta nel corso delle indagini sui resti del tempio di Venere Genitrice (da Agamennone, 1935).
Figura 3. Schema raffigurante l’unità di crollo rinvenuta nel corso delle indagini sui resti del tempio di Venere Genitrice (da Agamennone, 1935).

In pratica, rispetto a queste imponenti unità di crollo, gli effetti dei terremoti del passato tradizionalmente associati a monumenti esposti e fruibili come il Colosseo, il tempio di Marte Ultore, quello di Venere Genitrice (Figura 3) o quello di via delle Botteghe Oscure (Figura 4) sono meno immediatamente definibili.

2 - Tempio di via delle Botteghe Oscure: colonne in giacitura di crollo, rinvenute nel corso degli scavi del 1938.
Figura 4. Tempio di via delle Botteghe Oscure: colonne in giacitura di crollo, rinvenute nel corso degli scavi del 1938.

Il Colosseo e i terremoti

I forti eventi sismici che hanno interessato Roma fin dall’Antichità hanno avuto un notevole impatto nell’evoluzione delle forme dell’anfiteatro. E’ noto che il Colosseo (Figura 5) forse subì danni nel 443 e certamente poco prima del 484 o del 508. Sappiamo, dagli studi archeologici di Rossella Rea, che quest’ultimo evento sismico provocò il crollo parziale del colonnato del portico nella summa cavea; in particolare, la caduta di una ventina di colonne comportò la distruzione dei settori nord-est e sud-est; un’altra porzione del colonnato crollò nel settore occidentale. I restauri riguardarono l’arena e il podio, come si può evincere dalle iscrizioni gemelle poste all’ingresso del monumento.

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Figura 5. Il Colosseo.

Il Colosseo però subì danni ingenti anche in occasione dei terremoti successivi. Per esempio, nel 1349 si ebbe il collasso delle arcate esterne nel settore meridionale. In sostanza, quanto noi oggi vediamo è in parte il risultato dei danni sismici.

Terremoti e area epicentrale

L’identificazione dell’area ove si è originato un terremoto di cui si hanno poche informazioni storiche è in realtà una questione centrale. Si tratta di ipotesi necessarie per poter tradurre l’informazione sul danno in un insieme di dati che consente di caratterizzare il terremoto stesso. A questo proposito, l’esempio del terremoto del 484-508 è certamente utile. L’evento ha generato danni a Roma, tuttavia le indagini geologiche e i dati archeologici relativi alla Piana del Fucino, nella zona di Avezzano, consentono di ipotizzare che esso abbia avuto origine proprio in questo settore appenninico. In effetti, le indagini geologiche hanno consentito di individuare la faglia che ha generato l’evento sismico; inoltre, gli scavi archeologici – per esempio ad Alba Fucens, a nord di Avezzano – hanno evidenziato la distruzione dell’antica città proprio a ridosso del V-VI secolo d.C. In questo modo abbiamo un’informazione sismologica non trascurabile: il terremoto è stato originato dalla faglia del Fucino, fu un terremoto distruttivo per centri abitati della Marsica tardoantica, fu responsabile di danni a Roma. Peraltro, la faglia che causò il terremoto del 484-508 è la stessa che nel 1915 generò il terremoto che distrusse Avezzano causando la morte di circa 30.000 persone. Anche questo evento comportò danni a Roma. Da ciò possiamo intuire che il tempo che intercorre tra attivazioni successive della faglia del Fucino è probabilmente superiore al millennio. A tutto ciò contribuiscono le indagini archeologiche.

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