Il Coronavirus potrebbe causare il più grande calo di CO2 dalla Seconda Guerra Mondiale
Il lockdown per fronteggiare l’epidemia di Covid-19 sta facendo registrare una riduzione delle concentrazioni di gas a effetto serra. Ma gli esperti avvertono: “È una vittoria temporanea. Non appena il blocco terminerà, le emissioni torneranno ai livelli precedenti”.
di Valeria Aiello
scienze.fanpage.it
Il Coronavirus potrebbe far registrare “il più grande calo delle emissioni di biossido di carbonio (CO2) dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi”. In queste settimane di lockdown, la chiusura totale come protocollo di emergenza per fronteggiare l’epidemia di Covid-19 (qui tutte le ultime notizie e gli aggiornamenti in tempo reale sulla situazione in Italia e nel resto del mondo), le immagini satellitari mostrano un crollo dell’inquinamento atmosferico sui Paesi dove i Governi hanno imposto misure di contenimento del contagio. La diminuzione dei livelli di CO2 nell’aria si è registrata in Cina, ma anche in Italia e negli Stati europei che hanno imposto il blocco delle attività produttive e forti restrizioni agli spostamenti delle persone, sollevando interrogativi su quale sarà l’impatto che l’emergenza Coronavirus avrà sull’ambiente.
Il più grande calo di CO2 dalla II Guerra Mondiale
Scienziati ed esperti di clima stimano che le emissioni di CO2 possano diminuire di oltre il 5% su base annua, facendo registrare il più grande calo dalla riduzione dell’1,4% che si verificò durante la crisi finanziaria del 2007-2008. Numeri che non stupiscono Rob Jackson, professore di Scienze dei sistemi terrestri della School of Earth, Energy and Environmental Sciences dell’Università di Stanford e Presidente del Global Carbon Project, l’organizzazione che si occupa dell’analisi dei dati sulle emissioni globali di gas serra nell’aria, pubblicando le diverse stime su base annua. “Quest’anno – dice a Reuters – non sarei sorpreso di vedere un calo del 5% o più delle emissioni di biossido di carbonio, qualcosa che non si vede dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Né la caduta dell’Unione Sovietica né le varie crisi petrolifere o finanziare degli ultimi 50 anni hanno influenzato così le emissioni”.
La diminuzione legata all’emergenza sanitaria che sta costringendo un terzo della popolazione mondiale al lockdown, bloccando fabbriche, compagnie aeree e costringendo almeno 2,6 miliardi di persone a rispettare qualche forma di restrizione, non è però sufficiente. Gli esperti ritengono che la riduzione delle emissioni dovuta al Coronavirus sarà di breve durata e avrà un impatto limitato sulle concentrazioni di CO2 che si sono accumulate nell’atmosfera nel corso dei decenni. “Questo calo non è dovuto a cambiamenti strutturali per cui, non appena si tornerà alla normalità, mi aspetto che le emissioni ritornino ad essere quelle precedenti” ritiene Corinne Le Quéré, ex direttrice del Tyndall Center for Climate Change Research e docente di Scienze e politica dei cambiamenti climatici dell’University di East Anglia, in Inghilterra.
Gli esperti: “Una vittoria temporanea”
Altri istituti di ricerca hanno inoltre notato un’analogia tra l’attuale diminuzione e quanto accaduto durante la crisi finanziaria del 2007 quando, a fronte di un calo dell’1,5%, si registrò il successivo aumento del 5,1% delle emissioni globali tra il 2008 e il 2009. “I rallentamenti economici hanno mostrato riduzioni temporanee, ma le emissioni post-recupero hanno sempre riportato ai livelli attesi in assenza di una recessione” scrivono in un articolo Seaver Wang, analista del clima ed energia, e Zeke Hausfather, direttore Climate and Energy, del centro di ricerca ambientale statunitense Breakthrough Institute, prevedendo una diminuzione delle emissioni globali di CO2 compresa tra lo 0,5 e 2,2% su base annua in risposta alla crisi generata dal Sars-Covid-2.
“Se le diminuzioni registrate in passato sono indicative – si legge nello studio[1] – qualsiasi calo si dimostrerà fugace, poiché le emissioni aumenteranno nuovamente una volta superata la crisi”. “Si tratta di una vittoria temporanea, una tantum – dice anche Chris Hilson, direttore del Reading Center for Climate and Justice dell’University of Reading – , e lo è anche per i benefici altrettanto ampiamente osservati come aria più pulita (in particolare nelle città cinesi) e acque più pulite (come nei canali di Venezia, liberi dal traffico della laguna e dalle navi da crociera) oltre che per la migliore tutela della natura (per le minori interferenze umane dovute al lockdown).
In considerazione della pandemia, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2020 (COP26) che avrebbe dovuto tenersi dal 9 al 20 novembre a Glaslow, in Scozia, è stata rinviata al 2021 a data da destinarsi. L’incontro era ritenuto decisivo tuttavia la notizia dello slittamento è stata accolta con favore dagli scienziati poiché lo spostamento permetterà ai Governi di restare concentrati nella lotta contro il Coronavirus, riservando al vertice le opportune attenzioni.
[1] Hausfather Z, Wang S. There Is No Climate Silver Lining to COVID-19. The Breakthrough Institute 2020