Trovata plastica negli anfipodi della Fossa della Marianne. Scoperta una nuova specie: è stata chiamata Eurythenes plasticus (VIDEO)

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Trovata plastica negli anfipodi della Fossa della Marianne. Scoperta una nuova specie: è stata chiamata Eurythenes plasticus (VIDEO)

Il Wwf chiede un trattato globale per fermare l’inquinamento da plastica e salvare il mare
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Lo studio “New species of Eurythenes from hadal depths of the Mariana Trench, Pacific Ocean (Crustacea: Amphipoda)”, pubblicato su Zootaxa da un team di ricercatori della School of Natural and Environmental Sciences della Newcastle University, illustra la scoperta di una specie di anfipode nuova per la scienza nella Fossa delle Marianne, uno dei luoghi più profondi, remoti e inaccessibili della Terra. Ma il team di scienziati che ha fatto la scoperta, che ha battezzato informalmente la nuova specie “hopper”, ma gli ha dato il nome scientifico di Eurythenes plasticus per evidenziare la plastica (polietilene tereftalato) che è stata trovata nel corpo di questi animali marini di profondità.

La ricerca è stata sostenuta dal Wwf e il direttore del programma marino del Wwf Deutschland, Heike Vesper, ha sottolineato che «La specie appena scoperta, Eurythenes plasticus, ci mostra quanto siano davvero profonde le conseguenze della nostra inadeguata gestione dei rifiuti di plastica. Esistono specie che vivono nei luoghi più profondi e remoti della Terra che hanno già ingerito plastica prima ancora di essere conosciute dall’umanità. La plastica è nell’aria che respiriamo, nell’acqua che beviamo e ora anche negli animali che vivono lontano dalla civiltà umana».

Alan Jamieson, che ha guidato la missione scientifica dell’università di Newcastle nella Fossa delle Marianne, ha spiegato che «Abbiamo deciso di dargli il nome di Eurythenes plasticus poiché volevamo sottolineare il fatto che dobbiamo agire immediatamente per fermare il diluvio di rifiuti di plastica nei nostri oceani».

Il Wwf ricorda che «Le esportazioni di rifiuti di plastica finiscono spesso nel sud-est asiatico, dove la gestione dei rifiuti è spesso insufficiente o inesistente. Data che la maggior parte dei rifiuti di plastica non può essere riciclata, spesso viene bruciata o scaricata nelle discariche. Da lì si fa strada nei fiumi e, infine, nell’oceano. Una volta in acqua, i rifiuti di plastica si spezzettano in microplastiche che vengono spesso ingerite dagli animali marini».

Ogni anno nei mari e degli oceani del mondo finiscono circa 8 milioni di tonnellate di plastica (mezzo milione di tonnellate nel piccolo Mediterraneo), l’equivalente di un camion di plastica al minuto, e, per contrastare questo problema devastante, il Wwf sta conducendo una campagna internazionale per chiedere un trattato globale giuridicamente vincolante per ridurre i rifiuti di plastica, migliorare la gestione dei rifiuti e porre fine all’inquinamento marino della plastica. Della campagna fa parte anche una petizione, già firmata da 1,6 milioni di persone in tutto il mondo, per chiedere ai governi di impegnarsi a lavorare per un trattato internazionale legalmente vincolante.

Sempre per quanto riguarda gli oceani, a 5 anni dall’adozione degli obiettivi dell’Agenda delle Nazioni Unite, il nuovo report “Improving internationa ocean governance for life below water” del Wwf EU lancia l’allarme sul fallimento del raggiungimento dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 14, quello sulla conservazione e uso sostenibile dei nostri oceani. Il Panda italiano spiega che «Il segnale è in particolare rivolto ai decision maker europei e ai paesi del mondo che hanno sottoscritto gli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. L’analisi mostra che tre dei quattro target dell’Obiettivo 14, da raggiungere entro il 2020, non saranno realizzati alla fine di quest’anno, mentre il quarto sarà conseguito solo parzialmente. Complessivamente i dieci target dell’Obiettivo 14 mirano a garantire la resilienza degli oceani attraverso una protezione efficace dei suoi ecosistemi e la tutela del loro importante ruolo di assorbitori di carbonio, funzioni strettamente connesse con la nostra sussistenza e le nostre economie».

Il report del Wwf evidenzia che «Per 2 dei 6 target legati alla conservazione e all’uso sostenibile delle risorse marine, ci sono progressi in atto. Allo stesso tempo la mancanza di un monitoraggio e di un’accurata rendicontazione rimangono le problematiche centrali per valutare il successo nel raggiungimento dei 10 target dell’Obiettivo 14 e in generale dell’Agenda al 2030. È stato ampiamente dimostrato come l’Obiettivo 14 sia strettamente connesso con tutti gli altri obiettivi, tanto che il 38% di tutti i 169 target sarà raggiungibile solo una volta che i target dell’Obiettivo 14 saranno stati realizzati. Questo è particolarmente importante per il raggiungimento dell’Obiettivo 1 (Sconfiggere la povertà), dell’Obiettivo 2 (Sconfiggere la fame) e del 13 (Lotta contro il cambiamento climatico). Nonostante l’attenzione all’ambiente marino stia aumentando all’interno dell’Agenda 2030, le volontà politiche e i finanziamenti rimangono insufficienti».

Isabella Pratesi, direttore conservazione del Wwf Italia, conclude: «Il Wwf è stato capace di attivare processi virtuosi che negli anni hanno portato al raggiungimento di risultati concreti nella tutela degli oceani e nella salvaguardia degli ecosistemi marini. E’ giunta l’ora che anche i policy marker e i membri del Parlamento Europeo promuovano progressi efficaci e dimostrabili allo scopo di raggiungere una sostenibilità globale, proteggere gli ecosistemi naturali, tutelare il benessere delle persone e la sicurezza alimentare legata alle risorse in un clima in veloce cambiamento. Per fare ciò, dobbiamo guardare oltre i singoli Obiettivi di sviluppo sostenibile e i loro target e considerare queste problematiche con un approccio trasversale e interconnesso. A cominciare dal problema della sovrapesca – e della pesca illegale – su cui è importante impegnarsi per eliminarle, con un piano di tutela degli ecosistemi marini che sia realmente efficace».

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