Oms: dichiarato la stato di Pandemia per il Covid-19

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Oms: dichiarato la stato di Pandemia per il Covid-19

Ma cosa significa dichiarare la pandemia?

 “Abbiamo valutato che il Covid-19 può essere definito come una pandemia”. Lo ha detto il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus

Cosa significa dichiarare la pandemia? All’atto pratico e stante gli attuali livelli, la nostra vita cambierà di poco. A spiegarlo è Pier Luigi Lopalco, professore ordinario di Igiene dell’ Università di Pisa, sempre per La Stampa. Secondo il professore tecnicamente eravamo già in questa condizione in quanto abbiamo già adottato misure per contenere la diffusione nazionale ed internazionale del contagio e per minimizzarne l’impatto, condividendo immediatamente tutti i dati epidemiologici (nuovi casi, morti, guariti) con l’Oms e gli enti di altre nazioni o sovranazionali come l’Ecdc, l’European Centre for Disease Prevention and Control.

Lo stato di “pandemia” però potrebbe anche voler dire più limitazioni alla vita come noi la conosciamo: è lo stesso Ricciardi a ricordare che l’Oms potrebbe chiedere a singoli Paesi di fermare alcune attività, come il trasporto via terra, se pur senza obbligo di adeguamento. Ma in questo caso, essendo norme internazionali al pari di quelle Onu, il non adempimento implicherebbe l’elevazione di sanzioni. Oms che potrebbe anche inviare i suoi operatori per aiutare nella gestione della crisi, un po’ come una sorta di “Caschi Blu” con il camice bianco.

La strategia contemplata dall’Organizzazione, però, non è quella di un blocco totale dei trasporti o dell’attività lavorativa di una nazione intera, ma sembra che sia diretta verso una soluzione “cinese”, ovvero di una serie di blocchi via via più stringenti più ci si avvicina alle zone dove i contagi sono maggiori, sul modello di quanto avvenuto a Wuhan e nella provincia di Hubei. Una sorta di contenimento selettivo quindi, che vedrebbe quindi mettere in atto i protocolli dell’Oms già utilizzati per le emergenza dell’influenza aviaria H5N1 del 2005.

Verrà quindi creata una zona di interdizione, dove è proibito entrare o uscire, nei focolai accertati del contagio, circondata da una zona di transizione, o di buffer per usare il termine tecnico, dove vengono applicate particolari misure di sorveglianza sanitaria e autoquarantena ma senza limitare la circolazione della popolazione.

Sicuramente la dichiarazione di pandemia rappresenta un passaggio importante in più a livello burocratico, permettendo una gestione più razionale e unica dell’emergenza, ed era una tappa quasi obbligata stante gli attuali sviluppi della malattia e la dichiarazione proprio dell’Oms con l’emergenza sanitaria globale lo scorso 30 gennaio, cosa già avvenuta in passato per le epidemie di H1N1, Zika ed Ebola.

L’impatto per l’economia globale è pesante, ma potrebbe essere devastante se si giungesse ad una situazione in cui i provvedimenti più coercitivi venissero impiegati su vasta scala. Anche l’Italia in questo particolare momento si trova a dover far fronte ad una forte riduzione dei consumi, e quindi del lavoro, che ricade soprattutto su certe categorie come i commercianti, i ristoratori e gli addetti per il turismo. Ma se si dovesse pensare più a salvaguardare il lavoro rispetto all’esigenza di contenere il virus, nell’immediato futuro, vista la sua alta trasmissibilità, si potrebbe andare incontro a uno scenario tipo Wuhan su scala nazionale con intere province (o regioni) messe in quarantena e col blocco di ogni attività lavorativa: una situazione ben peggiore di quella attuale.

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