Assolti tutti gli attivisti che liberarono i beagle di Green Hill

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Assolti tutti gli attivisti che liberarono i beagle di Green Hill

Soddisfatte LAV e Legambiente: giustizia per chi ha portato alla luce quel che accadeva nell’allevamento lager
www.greenreport.it

Con la sentenza 2155/2019 emessa ieri, la Corte d’Appello di Brescia ha assolto tutti gli attivisti che il 28 aprile 2012 liberarono alcuni beagle dell’allevamento Green Hill, realizzando la più grande liberazione (e successiva adozione) in Italia di animali destinati alla vivisezione.

Secondo Gianluca Felicetti, presidente LAV, si tratta di «Una sentenza importantissima a seguito del rinvio con cui la Corte di Cassazione aveva annullato alcuni mesi fa il provvedimento di condanna per furto dei beagle. Una pronuncia importante in una vicenda storica per i risvolti giudiziari che hanno accertato la colpevolezza dei vertici dell’allevamento con riferimento ai reati di uccisione e maltrattamento di animali. Siamo orgogliosi di aver sostenuto le spese legali di una nostra socia e di aver contributo per tutti e tre i gradi di giudizio a quelle degli altri imputati! Se oggi Green Hill è chiuso per sempre, è anche grazie alla determinazione di questi 12 ragazzi: salvare gli animali non è reato».

L’ufficio legale LAV aggiunge che «Pur nel rispetto delle decisioni dell’Autorità giudiziaria, abbiamo fin da subito ritenuto che la condanna degli attivisti fosse in contrasto con il riconoscimento dell’animale quale soggetto, essere senziente e non res, con la conseguenza che gli attivisti coinvolti non hanno assolutamente rubato qualcosa ma piuttosto salvato vite animali da maltrattamenti e uccisioni».

La LAV si dice «orgogliosa di aver sostenuto le spese legali degli imputati in tutti i gradi di giudizio in questi otto anni« e ritiene che «questa nuova sentenza confermi che gli animali non possono essere trattati alla stregua di macchine o semplici oggetti tenuti dalle aziende per scopi commerciali, senza che le stesse si occupino minimamente dei loro interessi, perché sono esseri senzienti con proprie necessità e diritti degni di protezione anche giuridica. La difesa degli attivisti, infatti, ha contestato fino in fondo e con ferma convinzione che potessero essere ritenuti colpevoli coloro che hanno liberato animali allevati in una struttura in cui è stato successivamente accertato il maltrattamento e la morte dei beagle, invocando la legittima difesa dei ragazzi nell’interesse degli animali, la cui la vita non può essere considerata al pari di un bene mobile oggetto di furto».

Anche Antonino Morabito, responsabile fauna, benessere animale e Cites di Legambiente, commenta favorevolmente la decisione: «Accogliamo con viva soddisfazione la sentenza di assoluzione della Corte d’Appello di Brescia che mette la parola fine alle accuse rivolte a tutte le persone che il 28 aprile 2012 portarono in salvo i primi beagle dall’allevamento lager, successivamente condannato e chiuso per maltrattamento e uccisione di animali».

Infatti, come evidenzia la LAV, «Fu proprio da quell’azione che la vicenda Green Hill ebbe la svolta culminata con la condanna dei vertici e il veterinario di Green Hill (l’allevamento di cani a Montichiari di beagle destinati alla sperimentazione sequestrato nel 2012), ritenuti colpevoli dei maltrattamenti e delle uccisioni non legali verificatesi nella struttura in tutti e tre i gradi di giudizio e nella chiusura definitiva della struttura».

Legambiente, affiancando le associazioni animaliste, ha svolto un ruolo molto importante nella vicenda della chiusura dell’allevamento di Green Hill a Montichiari, in provincia di Brescia, dove erano detenuti cani beagle a fini di sperimentazione. «Una storia, dalle ricadute internazionali, che risale al 2012 – ricordano al Cigno Verde – Grazie al lavoro prezioso dei propri legali, l’associazione ha, infatti, fatto emergere le condizioni di illegalità perpetrate a danno degli animali nell’allevamento e offerto una chiara linea di difesa alle persone che hanno agito per fermare gli illeciti e non, come venne contestato, per effettuare un furto».

Morabito conclude: «La sentenza restituisce serenità agli undici giovani che, coraggiosamente, esponendosi in prima persona, otto anni fa hanno portato alla luce quanto avveniva nei capannoni interrati dietro il filo spinato dei recinti dell’allevamento lager di Montichiari».

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