Sta aumentando il rischio di specie invasive in Antartide

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Sta aumentando il rischio di specie invasive in Antartide

Le alghe che galleggiano alla deriva possono trasportare fino in Antartide dei piccoli invertebrati originari del Pacifico nord orientale che si depositano sulle alghe locali, rendendole più fragili. Il fenomeno è favorito dal cambiamento climatico, che ha reso le condizioni ambientali favorevoli all’invasione di specie non native
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Sono le alghe provenienti dai mari australi il veicolo con cui si spostano specie marine invasive che potrebbero colonizzare il continente antartico. Lo rivela un nuovo studio pubblicato sulla rivista “Scientific Reports” da Conxita Avila, dell’Università di Barcellona, in Spagna, e colleghi di una collaborazione internazionale, lanciando ancora una volta l’allarme sugli sconvolgimenti provocati nei diversi ecosistemi terrestri dai cambiamenti climatici in atto.

Le specie invasive sono un problema che riguarda tutto il mondo, ma è più evidente in aree particolarmente sensibili. Una di queste è l’Antartide, dove le specie che vivono nelle acque poco profonde delle coste sono isolate dall’ambiente circostante grazie alla barriera naturale costituita da centinaia di chilometri di mari profondi e dalla corrente circumpolare antartica.

Da alcuni decenni, tuttavia, le condizioni della regione sono profondamente cambiate: la fusione dei ghiacci causata dal riscaldamento globale può favorire la sopravvivenza di specie non native, trasportate dalle alghe o dai residui di plastica che arrivano con le correnti marine.

L’attenzione di Avila e colleghi si è concentrata sulle alghe delle specie Macrocystis pyrifera Durvillaea antarctica, che formano ampie distese sottomarine e hanno un ruolo ecologico cruciale come rifugio naturale di una vasta gamma di organismi, tra cui altre alghe, pesci e molluschi.

Lo studio ha mostrato che queste due specie di alghe, trasportate alla deriva dalle correnti, possono far arrivare fino in Antartide dei briozoi, piccoli invertebrati acquatici, della specie Membranipora membranacea, provenienti dall’oceano Pacifico nord orientale. Le colonie di M. membranacea sono formate da un gran numero di individui, chiamati zooidi, che producono un esoscheletro di carbonato di calcio che, oltre a proteggere lo zooide, lo vincola sia a quelli vicini sia al substrato.

“Questa specie non è mai stata segnalata in precedenza al sud del fronte polare. Pertanto, potrebbe avere un grande impatto ecologico sulla biodiversità in Antartide in futuro”, ha spiegato Blanca Figuerola, ricercatrice dell’Università di Barcellona e coautrice dell’articolo. È caratterizzata da una crescita rapida e potrebbe facilmente colonizzare una notevole superficie di praterie di alghe, rendendole più fragili. Le colonie di M. membranacea limitano la capacità delle alghe di riprodursi e crescere, oltre tutto facilitandone la frantumazione durante le tempeste, e aprendo così la strada a un’ulteriore diffusione del briozoo”.

Il risultato riporta così l’attenzione sulla fragilità ambientale dell’Antartide. “La penisola antartica è l’area più vulnerabile agli episodi di invasioni biologiche”, ha concluso Avila. “La latitudine e la vicinanza geografica al Sud America, abitato da specie potenzialmente invasive, la posizione delle coste rispetto la corrente circumpolare antartica e le condizioni climatiche sono fattori che potrebbero favorire l’arrivo e la diffusione di specie non autoctone trasportate da alghe o materie plastiche”.

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