Siccità, caldo e… fragole: ecco l’inverno italiano al tempo dei cambiamenti climatici. In Umbria 75% di pioggia in meno!

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Siccità, caldo e… fragole: ecco l’inverno italiano al tempo dei cambiamenti climatici. In Umbria 75% di pioggia in meno!

Sicilia Basilicata e Puglia sono in difficoltà idrica già a febbraio. Coldiretti: “L’andamento anomalo di questo inverno conferma i cambiamenti climatici in atto, che sconvolgono i normali cicli colturali e impattano sulle disponibilità dei prodotti che i consumatori mettono nel carrello della spesa”
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Il gennaio più caldo mai registrato sulla terra (almeno) dal 1880; con un’anomalia termica pari in media a +1,14 °C secondo la Noaa, sta proseguendo in Italia con un febbraio dalle temperature primaverili, anche se il calendario segna ancora pieno inverno: è uno degli aspetti in cui si manifesta la crisi climatica in corsa, che sta portando siccità e sconvolgendo l’andamento dell’agricoltura nazionale.

I dati periodicamente raccolti dall’Osservatorio Anbi sullo stato delle risorse idriche segnano ad esempio un 75% di pioggia in meno per la pioggia caduta a gennaio in Umbria rispetto ad un anno fa, che attesta l’ingresso della Regione fra le maggiori candidate al rischio siccità; anche la Sicilia evidenzia sintomi di difficoltà idrica, perché gli invasi contengono 72 milioni di metri cubi in meno rispetto all’anno scorso, mentre si sta aggravando ancora la situazione in Basilicata, dove mancano all’appello oltre 161 milioni di metri cubi (oggi sono circa 258 milioni, -17 milioni in una settimana) e in Puglia dove le riserve d’acqua contenute negli invasi sono praticamente dimezzate dall’anno scorso.

«La fotografia della situazione idrica del Paese – commenta Francesco Vincenzi, presidente Anbi – conferma la necessità di nuovi investimenti per un Piano nazionale di infrastrutture idriche del Paese, affinché si aumenti la capacità di trattenere le acque sul territorio, da utilizzare nei momenti di bisogno ed oggi indicata nell’11% della pioggia che cade annualmente sull’Italia».

Ad aggravare la situazione sul fronte agricoltura, dove da settimane sono iniziate le irrigazioni per le coltivazioni di fragole e di peschi (già fioriti), sono «le inusuali temperature del periodo, che stanno ingenerando un anticipo nei processi colturali e, per questo, bisognosi di apporti irrigui extra. A complicare il quadro – conclude Massimo Gargano, direttore generale di Anbi – ci sono le molte settimane in assenza di piogge e nevicate».

La crisi climatica infatti non aiuta certamente la programmazione colturale in campagna, ma anzi espone le piante anche al rischio di gelate nel caso di brusco abbassamento delle temperature con conseguente perdita delle produzioni e del lavoro di un intero anno. «La natura è in tilt e a macchia di leopardo lungo la Penisola dove – riferiscono gli agricoltori della Coldiretti – si sono verificate fioriture anticipate delle mimose in Liguria e dei mandorli in Sicilia e Sardegna dove iniziano a sbocciare le piante da frutto, ma in Abruzzo sono in fase di risveglio, con un anticipo di circa un mese, gli alberi di susine, pesche mentre gli albicocchi in Emilia e in Puglia hanno già le gemme».

Non a caso nei mercati sono arrivate «con oltre un mese di anticipo» le primizie per effetto di un inverno anomalo: gli agricoltori si trovano oggi ad offrire agretti, carciofi romaneschi, erbe spontanee come il papavero, le fave insieme alle fragole arrivate prima di alcune settimane e già pronte al consumo.

«L’andamento anomalo di questo inverno conferma dunque – conclude la Coldiretti – i cambiamenti climatici in atto che si manifestano con la più elevata frequenza di eventi estremi e sfasamenti stagionali che sconvolgono i normali cicli colturali ed impattano sul calendario di raccolta e sulle disponibilità dei prodotti che i consumatori mettono nel carrello della spesa. L’agricoltura è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici con sfasamenti stagionali ed eventi estremi che hanno causato una perdita in Italia di oltre 14 miliardi di euro nel corso del decennio tra produzione agricola nazionale, strutture e infrastrutture rurali».

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