Il posto “migliore” per smaltire l’acqua radioattiva di Fukushima? L’Oceano Pacifico

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Il posto “migliore” per smaltire l’acqua radioattiva di Fukushima? L’Oceano Pacifico

La decisione è stata presa in un clima di vera e propria emergenza, visto che l’area della centrale nucleare di Fukushimaha ormai raggiunto il limite di possibilità di stoccaggio dell’acqua radioattiva
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Il 23 dicembre la sottocommissione Handling ALPS Treated Water (Advanced Liquid Processing System) istituita dal ministero dell’economia e dell’industria del Giappone (METI), aveva presentato una proposta, divisa in tre parti, per la ”gestione” di oltre un milione di tonnellate di acqua radioattiva stoccata dopo il disastro nucleare che l’11 marzo 2011 ha devastato la centrale nucleare di Fukushima Daiichi. Greenpeace Japan aveva detto subito che quel che proponeva la sottocommissione è devastante: «scaricare l’acqua radioattiva direttamente nell’ambiente attraverso l’immissione nell’oceano, il rilascio di vapore nell’atmosfera inferiore o una combinazione dei due metodi di cui sopra. Questa proposta scelta dalla segreteria della sottocommissione presenta il minor costo finanziario per il Giappone ma pone la minaccia più immediata per l’ambiente e sottolinea il completo fallimento del governo nel considerare alternative più sicure»-

Alla fine. Dopo 3 anni di discussioni, il 31 gennaio, la sottocommissione ALPS ha scelto di suggerito al governo di scaricare l’acqua contaminata da sostanze radioattive staccata nella centrale nucleare di Fukushima Daiichi, asserendo che si tratta dell’opzione più fattibile. Anche se la decisione finale spetterà al governo giapponese, Secondo quanto scrive l’Asahi Shimbun, la sottocommissione ALPS ha affermato che «il rilascio di acqua diluita nell’oceano è un’opzione migliore rispetto allo scarico nell’atmosfera dopo l’ebollizione e l’ulteriore elaborazione per rimuovere il più possibile le sostanze radioattive».

La decisione è stata presa in un clima di vera e propria emergenza, visto che l’area della centrale nucleare di Fukushimaha ormai raggiunto il limite di possibilità di stoccaggio dell’acqua radioattiva: attualmente sono stoccate 1,2 milioni di tonnellate di acqua contaminata e la Tokyo Electric Power Company (Tepco) che sta gestendo la dismissione del cadavere radioattivo della centrale nucleare ha in programma di arrivare a stoccare nei serbatoi fino a circa 1,37 milioni di tonnellate di acqua radioattiva, limite che prevede di raggiungere entro l’estate 2022. Infatti, l’acqua deve continuare a essere pompata nei reattori nucleari per raffreddare il combustibile nucleare fuso prodotto dalla tripla fusione innescata dal terremoto/tsunami del 2011.

Il problema è che la tecnologia ALPS non rimuove il il trizio, un isotopo leggermente radioattivo dell’idrogeno. L’Asahi Shimbun fa notare che acqua contenente trizio è stata rilasciata nell’oceano da altre centrali nucleari sia in Giappone che all’estero, con la condizione che i livelli di concentrazione vengano controllati. Secondo la proposta esaminata dalla sottocommissione, prima di rilasciarla nell’oceano, l’acqua verrebbe trattata una seconda volta per diluire i livelli di trizio al di sotto degli attuali standard di sicurezza».

Anche se acqua contaminata di questo tipo viene stoccata in altri impianti nucleari, la situazione di Fukushima Daiichi è parecchio diversa: è il risultato del triplice disastro dei reattori nucleari che ha già avuto un pesantissimo impatto sul commercio dei prodotti agricoli e marini di Fukushima e i pescatori della prefettura si oppongono con forza allo scarico di acque contaminate, anche trattate, dopo anni di restrizioni alla pesca, di scarico di acque contaminate e di pubblicità negativa.

Infatti, se la pesca è stata autorizzata per le specie che hanno livelli di radiazioni “secondo gli standard stabiliti”, i pescatori di Fukushima attualmente pescano solo il 20% di quel che facevano prima del disastro nucleare e la sottocommissione ha dovuto ammettere che lo scarico di altra acqua radioattiva nell’Oceano Pacifico potrebbe comportare un’ulteriore pubblicità negativa, ma ha anche affermato che «il rilascio dell’acqua nell’oceano consentirebbe un monitoraggio più semplice delle sostanze radioattive rispetto all’evaporazione dell’acqua nell’atmosfera»«.

Nell’affrontare i possibili effetti sociali delle due opzioni, il team di esperti ha fatto notare che la vaporizzazione nell’atmosfera avrebbe notevolmente ampliato l’area geografica e il numero delle imprese probabilmente colpite da una pubblicità negativa, ma pescatori e ambientalisti fanno notare che la sottocommissione non ha portato a termine una valutazione quantitativa della possibile pubblicità negativa e che nelle sue raccomandazioni si legge che la possibilità di monitorare le sostanze radioattive dopo il rilascio dell’acqua è il motivo era il motivo principale per cui si è scelto di scaricare l’acqua contaminata nell’oceano.

Lo stesso presidente della sottocommissione Ichiro Yamamoto, professore emerito all’università di Nagoya, esperto delle problematiche riguardanti il ​trizio, ha sottolineato che il suo panel «ha incluso nella sua raccomandazione solo le opzioni che i membri ritengono fattibili».

Istituito dal Ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria (METI), il sottocomitato per la gestione delle acque trattate dell’ALPS (sistema avanzato di trattamento dei liquidi) ha presentato il suo progetto di proposta imperfetto in una riunione di questo pomeriggio a Tokyo. I membri del sottocomitato in passato hanno sollevato preoccupazioni sulla questione delle acque radioattive e sulla gestione della questione da parte di TEPCO.

Secondo Greenpeace Japan la Tepco non la racconta giusta: «Negli ultimi mesi, la sottocommissione è riuscita a ottenere la conferma da parte di TEPCO della disponibilità di ulteriore spazio di stoccaggio per l’acqua radioattiva. Tuttavia, i funzionari del governo (che lavorano per il METI) che controllano la sottocommissione hanno spinto per il progetto di proposta odierno con la falsa premessa che lo spazio per continuare lo stoccaggio dell’acqua  si stava esaurendo».

E già nel dicembre 2019 Greenpeace Japan ricorda che «A causa del collasso di tre reattori a Fukushima Daiichi nel 2011, inclusa la prevenzione senza successo della contaminazione delle acque sotterranee e il fallimento della tecnologia ALPS, l’80% delle acque radioattive contiene più materiali radioattivi rispetto ai limiti normativi, come rivelato lo scorso anno. L’anno scorso, l’analisi di Greenpeace Deutschland ha dimostrato che la crisi idrica di Fukushima è una conseguenza della scarsa capacità decisionale, delle scelte tecnologiche sbagliate e delle misure di riduzione dei costi». Secondo Shaun Burnie, esperto di nucleare di Greenpeace Deutschland, «Non esiste alcuna giustificazione per un ulteriore inquinamento radioattivo deliberato dell’ambiente marino o dell’atmosfera. Qualsiasi decisione di scaricare oltre un milione di tonnellate di acqua altamente radioattiva nel Pacifico o nell’atmosfera è chiaramente una manaccia diretta per la popolazione di Fukushima, compresi i pescatori. Tuttavia, questo non è solo un problema interno e il governo del Giappone deve spiegare alla comunità internazionale – compresi i suoi vicini vicini in Asia – perché sostiene lo scarico dell’acqua nell’Oceano Pacifico o il rilascio nell’atmosfera senza riuscire a sviluppare soluzioni alternative. Lo sviluppo odierno rende Greenpeace più determinata a fermare queste scarichi radioattivi».

Nel 2018, durante le audizion i pubbliche tenute dalla sottocommissione, i cittadini della prefettura di Fukushima avevano condannato fermamente l’opzione di scaricare l’acqua radioattiva nel Pacifico e i un recentemente sondaggio di Greenpeace Japan del settembre 2019 ha dimostrato che solo il 15,9% dei cittadini di Fukushima appoggia lo scarico di acqua radioattiva nell’oceano, mentre il 43,3% si oppone decisamente. Mentre a livello nazionale la percentuale dei contrari sale al 51% e la loro principale preoccupazione è che lo scarico avrà un impatto negativo, non solo a Fukushima e inGiappone, ma anche a livello internazionale.

Greenpeace Japan sostiene che «L’opzione meno dannosa per l’ambiente è lo stoccaggio a lungo termine dell’acqua radioattiva in serbatoi robusti, insime all’applicazione della tecnologia di elaborazione più avanzata per rimuovere tutti i radionuclidi, incluso il trizio. Finora, il governo giapponese e la TEpco hanno erroneamente concluso che tale opzione non è fattibile». Kazue Suzuki, responsabile energia di Greenpeace Japan che ha partecipato alle sedute della sottocommissione come osservatore, conclude: «Sin dal primo giorno del disastro nucleare, la gestione della crisi idrica radioattiva da parte del governo ha provocato un fallimento dietro l’altro ben documentato. La bozza di proposta odierna è ancora un altro fallimento, ma non è la fine di questa questione fortemente controversa. Nessuna decisione può essere presa dal governo senza l’approvazione locale e il messaggio delle comunità di Fukushima – compresa la Fukushima Prefectural Federation of Fisheries Cooperative Associations – è che scaricare l’acqua radioattiva nel Pacifico non è un’opzione. Il Giappone non dovrebbe prendere decisioni per ridurre i costi a spese dell’ambiente, dei territori e della comunità locale e di un più ampio inquinamento del Pacifico e di altri mari, ma invece, continuare a stoccare l’acqua radioattiva nello spazio confermato e ulteriormente disponibile, prendendo in considerazione attentamente la sicurezza e alternative più sostenibili per rimuovere tutti i radionuclidi dall’acqua radioattiva di Fukushima».

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