La qualità pessima dell’aria nel Bacino Padano ha molteplici cause

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La qualità pessima dell’aria nel Bacino Padano ha molteplici cause

Ecco perché è importante analizzare il problema nel dettaglio per identificare delle soluzioni efficaci ed agire in maniera integrata
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Nelle prime settimane del 2020 la qualità dell’aria ha conquistato l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica a causa delle elevate concentrazioni di inquinanti, soprattutto particolato (PM10 e PM2,5) registrate in alcune grandi città (Milano, Torino, Roma) ma anche nell’area vasta della Pianura Padana. Secondo il Life Prepair, un progetto LIFE, coordinato da Regione Emilia-Romagna, ed ha come obiettivo l’integrazione delle politiche sulla qualità dell’aria del Bacino del Po., «Non sempre gli interventi sui media nazionali e locali hanno restituito la complessità della questione, spesso additando ad un’unica causa del problema: il traffico, la biomassa, il meteo. La realtà è che la qualità dell’aria, in quanto problema complesso ha una pluralità di cause e non è possibile, né corretto, individuarne una sola. Va da sé che anche la soluzione al problema dovrà rispecchiare questa pluralità e complessità».

I ricercatori di Prepair ricordano che «Quasi tutte le attività umane emettono inquinanti in atmosfera. In aree poco popolate o in cui si concentrano poche attività questo può essere un problema trascurabile; il discorso cambia nelle zone densamente popolate ed industrializzate. Nel bacino del Po vive circa il 40% della popolazione italiana, oltre 23 milioni di persone che complessivamente producono più del 50% del PIL nazionale. La Pianura Padana è uno dei luoghi più densamente popolati ed industrializzati d’Europa. Questo comporta elevati livelli di emissioni di inquinanti, ma non basta a spiegare perché la qualità dell’aria costituisca un problema così rilevante: altre zone in Europa hanno un livello di emissioni paragonabile, ma non gli stessi livelli di inquinamento. A rendere particolarmente critica la qualità dell’aria della Pianura Padana contribuiscono certamente le condizioni orografiche e meteo-climatiche del bacino del Po, che favoriscono l’aumento delle concentrazioni di inquinanti, rendendone difficile e lenta la dispersione. Come è noto la pianura è circondata su tutti i lati da montagne (Alpi ed Appennini), a parte ad est dove si affaccia sull’Adriatico, a sua volta un mare chiuso. Questa condizione viene spesso paragonata ad una stanza con una sola finestra, in cui non è possibile creare “la corrente” per cambiare l’aria».

Per quanto riguarda gli elevati livelli di inquinamento di inizio anno, la concentrazione di PM10 ha continuato ad aumentare fino al 16 gennaio con picchi nell’area di Torino e Milano, ma con concentrazioni elevate su tutta la pianura e di più nel nord-ovest. Le concentrazioni sono molto calate dopo la pioggia del del 17 gennaio. Il monitoraggio dell’evoluzione delle concentrazioni sull’intera Pianura Padana è stato reso possibile grazie alla piattaforma di condivisione dei dati di monitoraggio e di modellazione della qualità dell’aria realizzata nell’ambito del progetto LIFE Prepair che vede come partner Regioni ed agenzie ambientali di Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Provincia Autonoma di Trento, ARSO Agenzia dell’ambiente Slovena e Comuni di Milano, Torino e Bologna. E proprio a Prepair sottolineano che «Posto che non si possono cambiare le condizioni meteo climatiche, si può agire per ridurre le emissioni di inquinanti».

I ricercatori spiegano ancora: «Come abbiamo detto, quasi tutte le attività umane emettono sostanze inquinanti che appartengono a diverse tipologie: particolato (PM10 e PM2,5), Ossidi di azoto (NOx), Ossidi di Zolfo (SOx), Ossido di Carbonio (CO), IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici come il benzene), Ammoniaca e altri. I problemi maggiori registrati in questo periodo sono derivati dalle elevate concentrazioni di particolato e ossidi di azoto». Nel briefing pubblicato oggi il team di Prepair si concentra sul particolato, «che rappresenta uno degli inquinanti più dannosi alla salute e per il quale si osservano situazioni di inquinamento maggiormente diffuse».

Ma da dove viene il particolato? A prepair rispondono che «Anche questa è una domanda con una risposta complessa» e utilizzano un grafico che mostra l’origine delle emissioni di PM10 equivalenti in Emilia-Romagna, con «una stima dell’origine dell’inquinamento da PM10 in una tipica situazione del bacino padano (Emilia-Romagna) e ci fornisce gli ordini di grandezza dei diversi contributi. Come si vede dal grafico, c’è una prima distinzione da fare tra particolato primario e secondario. Una parte particolato viene emesso direttamente in atmosfera come tale (particolato primario), ma questa non è la parte preponderante: la maggior parte di particolato si crea a seguito dell’emissione di altri inquinanti, detti precursori, che una volta in atmosfera si trasformano chimicamente dando origine al particolato secondario. Come ribadito alcuni giorni fa in un dettagliato articolo apparso sul sito di SNPA, uno dei maggiori contributi è dovuto al traffico su strada (trasporto merci e veicoli leggeri), non solo come prodotto della combustione, ma anche ad esempio a causa dell’usura dei freni e dell’asfalto. La parte preponderante del particolato generato dal traffico è inoltre dovuta alla emissione di precursori (soprattutto NOx)».

Altri importanti emettitori di particolato sono il riscaldamento domestico, l’agricoltura e l’industria: «Il settore agricolo è forse il dato più inaspettato (e spesso ignorato dai media): allevamenti intensivi e concimazioni emettono poco particolato primario, ma in compenso sono la principale fonte di ammoniaca (il 97% del totale nel bacino padano – Fonte LIFE Prepair, Dataset delle emissioni del Bacino Padano), principale precursore di particolato secondario».

Secondo il Dataset delle emissioni di LIFE Prepair, «Il riscaldamento domestico è responsabile del 56% delle emissioni di particolato primario sull’intero bacino padano . Come abbiamo visto, questo non significa che sia la principale fonte di polveri sottili in assoluto, ma ne produce comunque una quota significativa. Entrando nel dettaglio dei dati, si scopre che il 90% di queste emissioni è dovuta all’uso di biomassa, principalmente legno e pellet. Quindi sostenere che la biomassa è il principale responsabile dell’emissione di PM10 e che pertanto non è necessario agire sul traffico su strada, è sicuramente inesatto, ma rimane una componente molto significativa e su cui è possibile intervenire in modo molto efficace, ad esempio seguendo delle buone pratiche di utilizzo e in prospettiva sostituendo impianti vecchi (soprattutto i camini aperti) con stufe di ultima generazione, che hanno emissioni molto più basse».

Il team di Prepair conclude: «Per raggiungere gli obiettivi di qualità dell’aria posti dall’Unione europea, non ci si può limitare ad intervenire su un singolo aspetto (come il traffico, la combustione di biomassa o l’agricoltura): è necessario sviluppare un approccio integrato che tenga in considerazione tutti questi aspetti. Allo stesso modo, il problema della qualità dell’aria nel bacino del Po non può essere affrontato solo a livello di una singola regione e tantomeno di una singola città, ma è necessario sviluppare delle politiche integrate di bacino. Per questo, all’interno del progetto Prepair i territori e le città del Bacino Padano stanno affrontando insieme il problema della qualità dell’aria, con interventi che riguardano una pluralità di temi. I 5 pilastri di progetto: Valutazione e Monitoraggio, Agricoltura, Biomassa, Trasporti, Efficienza energetica. Il fine delle attività di Prepair è di rendere più efficaci le politiche regionali e locali sulla qualità dell’aria nel bacino padano mettendole a sistema, ma anche quello di sensibilizzare i cittadini, perché per migliorare la qualità dell’aria è necessario che tutti facciano la propria parte».

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