Elaborata una nuova teoria per prevedere le onde anomale
Questi minacciosi giganti del mare sono stati ritenuti a lungo una leggenda e le prove della loro esistenza sono arrivate solo negli ultimi decenni. I meccanismi della loro formazione hanno ancora aspetti enigmatici, ma una nuova teoria indica come calcolare le probabilità che si manifestino nei diversi tratti di mare a seconda delle condizioni di partenza
di Charlie Wood/Quanta Magazine
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Due settimane prima di Natale del 1978, la nave mercantile München incontrò una violenta tempesta nell’Atlantico settentrionale. Il capitano non poté evitarla, ma le onde e i venti previsti non avrebbero dovuto costituire una minaccia per la nave, lunga 261 metri. A mezzanotte, appena tre ore prima, un operatore aveva trasmesso un messaggio via radio a una nave da crociera: “Buon viaggio e a presto”. Non molto dopo, dalla München giunse una chiamata di soccorso, e poi il silenzio. La nave della Germania occidentale e il suo equipaggio di 28 persone svanirono lasciandosi dietro solo quattro scialuppe di salvataggio, tre container e una manciata di salvagente.
Un indizio in particolare lasciò perplessi gli investigatori. Una delle scialuppe di salvataggio recuperate – originariamente imbullonata sulla München circa 20 metri sopra l’acqua – sembrava strappata dal suo sostegno da una forza tremenda diretta verso la poppa della nave. Circolavano voci che un’ondata mostruosa si fosse schiantata sul ponte dall’alto, ma un fenomeno simile era impensabile. La Commissione marittima d’inchiesta della Repubblica federale tedesca concluse che era “impossibile spiegare la causa dell’affondamento”.
I marinai sapevano da secoli ciò che gli studi hanno documentato solo negli ultimi decenni: l’oceano è un luogo molto più pericoloso di quanto suggerisca il buon senso. I ricercatori, che si basano sui dati, hanno avuto difficoltà ad accettare i racconti dei marinai sulle mostruose onde anomale alla luce di ciò che si riteneva assodato, e cioè che le altezze delle onde variano in un modo analogo alle stature umane: raggruppandosi attorno a una media con alcuni valori anomali che costellano le code sottili di una curva a campana. Certo, in teoria potrebbe esserci un’onda alta il doppio delle sue vicine, ma per osservarla dovremmo guardare i mari molto a lungo.
Lo scetticismo cambiò il giorno di capodanno del 1995, quando un’onda anomala colpì l’installazione petrolifera Draupner nel Mare del Nord norvegese. Dotata di un laser rivolto verso il basso, la piattaforma registrò un’onda di 26 metri che spuntava da un mare pieno di onde di 11,8 metri: uno yeti marino catturato in un’istantanea ad alta risoluzione. Questa prova concreta ha trasformato il mito marittimo in realtà. Da allora, i ricercatori hanno stabilito che le onde anomale hanno provocato la perdita di 22 grandi navi mercantili e di più di 500 vite nella sola seconda metà del XX secolo.
L’onda di Draupner spronò i fisici a capire come possano formarsi questi colossi solitari. I ricercatori hanno elaborato due teorie principali; ognuna delle due può descrivere il modo in cui si formano grandi onde nelle piscine dei laboratori, ma è tuttora in discussione che cosa succeda nell’oceano.
Un gruppo di esperti di matematica applicata riferisce ora di aver trovato un modo per non prendere posizione nella diatriba sullo specifico meccanismo e concentrarsi sulla previsione di ciò che accadrà, prefigurando per esempio macchinari che potrebbero passare in rassegna l’oceano e avvisare i capitani che hanno una probabilità del 13 per cento di imbattersi in un’onda alta 30 metri nei successivi 15 minuti. Secondo questo studio, onde “impossibili” di vario tipo possono condividere caratteristiche fondamentali omogenee.
“Si potrebbe pensare che un’onda anomala di 30 metri in mezzo all’oceano possa verificarsi in molti modi diversi”, spiega Eric Vanden-Eijnden, matematico applicato al Courant Institute of Mathematical Sciences della New York University, che ha contribuito a sviluppare l’impianto statistico. “Ma non è così.”
Somma di onde
Sulla scia dell’evento di Draupner sono emerse due scuole di pensiero su come possano svilupparsi queste onde mostruose.
La prima è la più semplice: parte dall’osservazione che le onde viaggiano a velocità diverse. Quando una ne supera un’altra, le due si combinano; se un certo numero di onde si sovrappongono nello stesso posto nello stesso momento, si verifica un’onda anomala, ma le onde componenti agiscono sempre in modo del tutto indipendente l’una rispetto all’altra. Francesco Fedele, ingegnere oceanico al Georgia Institute of Technology, descrive questo cosiddetto meccanismo di somma lineare come “la sorte che gioca a dadi con l’oceano”. Gli oceanografi usano da tempo questo approccio per calcolare la probabilità che si formi un’onda di una determinata altezza, ma questo metodo di previsione rimane controverso, in quanto sembra sottovalutare la probabilità di mostri come quello di Draupner.
Alcuni ricercatori, tra cui Fedele, pensano che il metodo tradizionale abbia elementi validi. In uno studio del 2016, lui e i suoi colleghi sono giunti alla conclusione che modificare le equazioni delle onde in modo da includere creste appuntite e ventri arrotondati – anziché trattarle come curve sinusoidali regolari – sia sufficiente per spiegare tutte le onde oceaniche.
Altri, invece, sostengono che le onde più estreme si formano a partire da un comportamento meno semplice. Nelle piscine usate per studiare le onde, per esempio, quando una viaggia accanto a un’altra di lunghezza simile, l’energia passa dall’una all’altra. Le singole onde si influenzano a vicenda in modi complicati e non lineari, come descrive l’equazione di Schrödinger non lineare, il modello d’onda usato con maggiore frequenza in oceanografia. (L’apparente nesso con la meccanica quantistica non è casuale: le particelle subatomiche, dopo tutto, si comportano come onde.)
Nella maggior parte dei casi è impossibile risolvere in modo esatto l’equazione, ma studi numerici hanno rivelato che quando le condizioni sono giuste, le onde si uniscono attivamente di propria iniziativa. “Hanno la tendenza a cospirare per creare qualcosa di grande”, commenta Vanden-Eijnden.
È possibile che sia stato questo fenomeno, detto concentrazione non lineare, ad affondare la München? I sostenitori dell’onda lineare come Fedele dicono di no. Le onde nelle piscine sono confinate, sostengono, mentre quelle nell’oceano aperto si diffondono prima di potersi riunire. Altri ricercatori affermano che non conosciamo ancora abbastanza bene il vero oceano; certi venti possono imitare le condizioni delle piscine, dicono, creando una situazione adatta per la crescita delle onde.
È possibile che nel mondo reale abbiano importanza entrambi i meccanismi. “Dopo aver valutato centinaia di articoli siamo giunti alla conclusione che il meccanismo dominante in gioco dipende dalla situazione”, afferma Amin Chabchoub, fisico specializzato nello studio delle onde, dell’Università di Sydney, coautore di una rassegna sul dibattito dello scorso autunno. La somma lineare spiega alcune onde anomale, ma ne sottostima la probabilità in circostanze speciali in cui gli approcci non lineari sembrano funzionare meglio. In alcuni casi, entrambi i meccanismi possono cospirare per far giungere le onde ad altezze impossibili.
Ma forse non sarà necessario capire quale meccanismo sia responsabile. Vanden-Eijnden e i suoi colleghi hanno sviluppato un approccio statistico che funziona in tutti i casi, pubblicato a dicembre su “Physical Review X”. Prevede la probabilità di incontrare un’onda anomala a prescindere da come si è formata. “Non ci si limita a un modello lineare o a uno di propagazione non lineare”, né a qualsiasi altro modello immaginabile, afferma Ton van den Bremer, esperto di dinamica dei fluidi all’Università di Oxford, che non ha preso parte alla ricerca. Potrebbe essere anche “un uomo a cavallo di un asino. Non importa”.
L’onda universale
Il trucco per dare una descrizione universale delle onde anomale, spiega Vanden-Eijnden, è capire che gli eventi estremamente rari hanno una logica tutta loro.
Pensiamo al gioco d’azzardo. Un casinò fa bene ad avere denaro a sufficienza per coprire una situazione in cui un giocatore vinca tre puntate consecutive alla roulette usando un numero fortunato, perché ci si può aspettare che una tripletta così si verifichi una volta ogni 50.000 visite. Lo stesso casinò può però tranquillamente ignorare la possibilità di 10 vittorie consecutive, che richiederebbero, in media, centomila miliardi di puntate. Quando parliamo di eventi non comuni, è possibile stimarne le probabilità in modo abbastanza accurato concentrandosi sull’evento meno raro, anziché calcolare in modo pignolo ogni possibile risultato.
L’aritmetica standard è sufficiente per semplici giochi da casinò, ma la stessa forma mentis è alla base di una branca della probabilità nota come teoria delle grandi deviazioni (LDT), che mira all’identificazione di… L’ARTICOLO CONTINUA QUI