Catastrofe della Deepwater Horizon: la marea nera è stata molto più grande di quanto si pensasse

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Catastrofe della Deepwater Horizon: la marea nera è stata molto più grande di quanto si pensasse

Il greggio del disastro petrolifero si è diffuso ben oltre l’area individuata dai satelliti
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Il disastro petrolifero provocato dall’esplosione e dal naufragio, il 20 aprile 2010, della piattaforma Deepwater Horizon della BP nel Golfo del Messico provocò una marea nera di 210 milioni di galloni di petrolio greggio che, in 87 giorni, si estese su 149.000 km2, ricoprì di greggio centinaia di Km di coste e costrinse a chiudere la pesca in oltre un terzo della Zona economica esclusiva degli Stati Uniti. Le misure prese si basavano sulle immagini del National Environmental Satellite, Data, and Information Service (NESDIS) che utilizzava soprattutto synthetic aperture radar (SAR). La pesca venne riaperta sulla base di un campionamento sistematico dei frutti di mare eseguito con test chimici e sensoriali,

Ma ora lo studio “Invisible oil beyond the Deepwater Horizon satellite footprint”, pubblicato su Science Advances da Igal Berenshtein, Claire Paris, Natalie Perlin e Matthew Alloy della Rosenstiel School of Marine and Atmospheric Science cdell’università di Miami; Samantha Joye dell’università della Georgia e da Steve Murawski dell’università della South Florida rivela che «Il petrolio tossico e invisibile si diffuse ben oltre l’impronta satellitare nota della fuoriuscita di petrolio di Deepwater Horizon». Si tratta di scoperte hanno importanti implicazioni per la salute ambientale durante le future fuoriuscite di petrolio.

Per arrivare a questi risultati, il team di ricerca statunitense ha utilizzato tecniche di modellazione del trasporto di petrolio insieme ai dati di telerilevamento e al campionamento in mare per fornire una visione completa dello sversamento di petrolio e ne è emerso che una parte della fuoriuscita di petrolio è rimasta invisibile per i satelliti ma «tuttavia tossica per la fauna marina».

Berenshtein spiega: «Abbiamo scoperto che esisteva una sostanziosa frazione di petrolio invisibile ai satelliti e alle immagini aeree. La fuoriuscita era visibile ai satelliti solo al di sopra di una certa concentrazione di petrolio in superficie, lasciandone una parte non considerata».

Il nuovo studio mostra quindi un impatto molto più ampio della marea nera f rispetto a quello determinato grazie ai dati satellitari: il greggio della Deepwater Horizon ha raggiunto la piattaforma continentale della Florida occidentale, le coste del Texas, le Florida Keys e portata dalla Corrente del Golfo, è arrivata fino alla piattaforma continentale della Florida orientale. Insomma, il più grande disastro ambientale della storia Usa è molto più grande – e con conseguenze maggiori – di quanto si credesse.

La Paris, che insegna scienze oceaniche all’università di Miami, evidenzia che «I nostri risultati cambiano le percezioni stabilite sulle conseguenze delle fuoriuscite di petrolio, dimostrando che il petrolio tossico e invisibile può estendersi oltre l’impronta satellitare a concentrazioni potenzialmente letali e sub-letali per una vasta gamma di animali selvatici nel Golfo del Messico. Questo lavoro ha aggiunto una terza dimensione a ciò che in precedenza era visto come solo uno slick di superficie. Questa dimensione aggiuntiva è stata visualizzata con modelli della fuoriuscita di petrolio più realistici e accurati sviluppati con un team di ingegneri chimici e con risorse di elaborazione più efficienti».

Gli autori dello studio concludono: «Il nuovo quadro sviluppato dai ricercatori può aiutare gli emergency managers e i decision makers a gestire meglio gli impatti delle future potenziali fuoriuscite di petrolio»,

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