Gli anelli di Saturno hanno davvero l’età dei dinosauri? Dubbi tra i ricercatori
Uno studio che ha datato la formazione degli anelli di Saturno ad appena cento milioni di anni fa, quando sulla Terra dominavano i dinosauri, ha catturato l’attenzione dei media. Diversi ricercatori hanno però osservato che negli anelli sono in atto processi che potrebbero “ringiovanirne” l’età apparente
Robin George Andrews/Quanta Magazine
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La sonda Cassini è scomparsa in una vera e propria esplosione di gloria il 15 settembre 2017, quando ha concluso i suoi 13 anni di studio di Saturno lanciandosi volontariamente nell’atmosfera vorticosa del gigante gassoso. L’impatto è avvenuto dopo gli ultimi mesi di intensa osservazione, in cui Cassini ha effettuato il Grand Finale: una sensazionale danza spericolata che ha visto la sonda tuffarsi 22 volte tra il pianeta e i suoi anelli.
Come accade spesso quando si guardano le cose da una prospettiva nuova, anche questa ha svelato una sorpresa. Prima i planetologi presumevano che gli anelli di Saturno avessero l’età del sistema solare, circa 4,5 miliardi di anni. Ma vari indizi cosmici nascosti nelle profondità degli anelli hanno portato alcuni scienziati della missione Cassini a ridimensionare in modo drastico questo dato: in un articolo pubblicato la scorsa estate su “Science” hanno affermato che gli anelli non hanno l’età del sistema solare, ma comparvero al più tardi 100 milioni di anni fa, quando la Terra era popolata dai dinosauri.
L’eccezionale copertura mediatica che ha collegato gli anelli all’età dei dinosauri ha contribuito a consolidare rapidamente le nuove scoperte agli occhi del pubblico. Se si cerca su Google “quanti anni hanno gli anelli di Saturno”, la risposta è “100,1 milioni”.
Questa affermazione apodittica ha lasciato incredulo Aurélien Crida, planetologo dell’Observatoire de la Côte d’Azur, che racconta: “Sono rimasto un po’ infastidito dal modo in cui si è affermato che gli anelli sono giovani, senza dire altro”.
Insieme ad altri scettici, Crida osserva che questa tesi presenta molti potenziali problemi, dalla fisica dell’inquinamento degli anelli alla loro stessa origine. “Gli anelli sembrano giovani, ma questo non significa che lo siano davvero”, ha detto Ryuki Hyodo, planetologo alla Japanese Aerospace Exploration Agency. “Ci sono ancora alcuni processi non ancora considerati.”
Per rispondere a quell’ipotesi, Crida e altri hanno così scritto un commento per “Nature Astronomy”, pubblicato a settembre, che ha elencato una sfilza di incertezze. Dire che gli anelli sono coetanei dei dinosauri – spiega Crida – fa molto effetto, ma così si tralascia una verità scomoda: le incertezze sono troppe per consentire una stima precisa dell’età degli anelli. Nonostante l’impresa eroica di Cassini, “non siamo molto più avanti rispetto a dove eravamo quasi quarant’anni fa”, quando le sonde Voyager hanno dato per la prima volta uno sguardo approfondito a Saturno, ha detto Luke Dones, planetologo del Southwest Research Institute a Boulder, in Colorado.
I sostenitori della giovane età degli anelli difendono il proprio lavoro: “Ogni risultato nuovo ed emozionante è messo in discussione”, ha commentato Burkhard Militzer, planetologo dell’Università della California a Berkeley e coautore dell’articolo su “Science”. “È il modo naturale in cui vanno le cose.”
Il dibattito non riguarda solo il punto specifico dell’età degli anelli. L’età degli anelli di Saturno influirà sulla nostra comprensione di molte delle lune del pianeta, tra cui Encelado, potenzialmente in grado di sostenere la vita con il suo oceano ghiacciato. E inoltre ci porterà più vicino a rispondere alla domanda suprema sugli anelli di Saturno, che l’umanità si pone fin da quando Galileo li ammirò per primo, oltre quattro secoli fa: da dove vengono?
L’età ricavata dalla bilancia
Conosciamo l’età della Terra perché possiamo basarci sul decadimento della materia radioattiva nelle rocce per calcolarne l’età. I geologi planetari hanno fatto altrettanto con le rocce della Luna e di Marte.
Gli anelli di Saturno, composti per lo più da frammenti di ghiaccio con tracce di materiale roccioso, non si prestano a questo tipo di analisi, ha spiegato Matthew Hedman, planetologo all’Università dell’Idaho. Significa che le stime dell’età devono basarsi su prove circostanziate.
Quelle prove derivano in parte dalla polvere. Consideriamo gli anelli di ghiaccio come se fossero un campo innevato: all’inizio è immacolato, ma piano piano la polvere fuligginosa che arriva da lontano lo sporca. Per poter stimare l’età della neve gli scienziati devono misurare il ritmo con cui cade la polvere, oltre alla sua quantità totale già presente.
Per il primo compito Cassini ha usato il suo analizzatore di polveri cosmiche, scoprendo che gli anelli di Saturno sono continuamente inquinati da un materiale più scuro, una miscela di polvere di roccia e composti organici. Questo materiale è portato soprattutto da micrometeoroidi provenienti dalla fascia di Kuiper, una fonte lontana di oggetti ghiacciati oltre l’orbita di Nettuno. La sonda spaziale ha inoltre scoperto che il materiale polveroso costituisce oggi circa l’uno per cento degli anelli ghiacciati di Saturno.
Per calcolare la massa totale della polvere cosmica negli anelli, i ricercatori hanno poi dovuto pesarli. Per fortuna è proprio ciò che il gran finale della sonda Cassini ha permesso di fare. Mentre sfrecciava tra gli anelli, il veicolo ha misurato con precisione l’attrazione gravitazionale netta in ciascun punto. Dato che i campi gravitazionali dipendono dalla massa di un oggetto, ciò ha permesso agli scienziati di misurare direttamente tutto il sistema degli anelli.
Con queste informazioni – la quantità di polveri e il ritmo con cui cadono – gli scienziati hanno valutato che quel “campo innevato” abbia impiegato da dieci a 100 milioni di anni per sporcarsi. In generale questa scoperta ha riscosso ampi consensi. “Oggi gran parte della comunità è convinta che gli anelli si siano formati in tempi recenti”, ha detto Luciano Iess, esperto di ingegneria aerospaziale all’Università La Sapienza di Roma e autore principale dello studio pubblicato su “Science”.
L’argomentazione relativa all’inquinamento, però, non è inattaccabile. Dones fa notare che il team della missione Cassini che ha analizzato l’inquinamento in arrivo non ha stabilito una velocità precisa. In varie presentazioni e conferenze sono comparsi valori diversi, ma non è stato ancora pubblicato un dato definitivo. Nell’articolo su “Science” i ricercatori hanno scelto uno di questi valori, ricavando per gli anelli un’età giovane. Questa ambiguità ha però “provocato molta costernazione”, ha commentato Paul Estrada, planetologo all’Ames Research Center della NASA, che fa parte del team della missione Cassini che ha analizzato l’inquinamento.
Inoltre il ritmo dell’inquinamento potrebbe essere cambiato in tempi piuttosto recenti. “E’ anche possibile che oggi la velocità del bombardamento sia insolitamente alta”, ha spiegato Crida, ma non sappiamo dire che cosa potrebbe provocare un simile aumento. In teoria, una missione futura su Saturno potrebbe estrarre da una luna antica un nucleo di roccia, in grado di conservare nel tempo il flusso dell’inquinamento, ha spiegato Tracy Becker, planetologa al Southwest Research Institute a San Antonio, in Texas. Una missione di questo tipo potrebbe però avvenire tra decenni.
Un altro aspetto che non capiamo fino in fondo è la fisica su cui si basa l’annerimento degli anelli. I micrometeoroidi provenienti dalla fascia di Kuiper si schiantano sui pezzi di ghiaccio degli anelli a velocità così elevate che gli impatti sono come piccole esplosioni, e questo lascia intuire che solo una piccola parte dei micrometeoroidi vi aderisca. Così nella letteratura è stato introdotto un fattore di correzione: stime approssimative secondo cui il dieci per cento del materiale dei micrometeoroidi si attaccherebbe al ghiaccio, inquinandolo.
Il commento di Crida inoltre lascia intuire che possa esserci uno sconosciuto “pulitore” planetario che toglie l’inquinamento, dando agli anelli un ingannevole aspetto giovanile. Sappiamo fin dai tempi del Voyager che dagli anelli piove materiale sulla superficie di Saturno. Ma non sappiamo di che cosa sia fatto. Cassini ha misurato la pioggia con due strumenti separati. Entrambi hanno rilevato che contiene poco ghiaccio: solo il 24 per cento. “È molto strano, visto che secondo le misurazioni gli anelli sono composti per oltre il 95 per cento da acqua”, ha commentato James O’Donoghue, planetologo della Japanese Aerospace Exploration Agency. La “pioggia” tende a togliere lo sporco, ma nessuno sa perché.
“C’è qualcosa che sta pulendo gli anelli”, ha affermato Crida. “Non sappiamo che cosa, ma ormai è un fatto osservato, non solo una congettura.”
Crida ha detto che forse il ghiaccio espulso dagli impatti dei micrometeoroidi tende a riattaccarsi agli anelli, mentre le sostanze inquinanti espulse si allontanano sotto forma di pioggia. Becker ipotizza che l’inquinamento possa essere espulso dagli impatti, a prescindere dal fatto che il ghiaccio riaderisca o no. E Hyodo si chiede se i geyser al polo Sud di Encelado aggiungano altra acqua, diluendo l’inquinamento degli anelli. Nessuno però ha delle certezze.
Ma non tutti credono che siano in corso molte pulizie. “Sporcare le cose è facile”, ha commentato Militzer. “Pulire è difficile.”
Da dove sono arrivati
Crida si è chiesto se l’ipotesi dell’inquinamento fosse corretta. Se gli anelli fossero esposti da sempre a un flusso costante di polvere cosmica e avessero davvero 100 milioni di anni al massimo? Allora dovremmo spiegare come sia possibile che si siano formati così di recente, ed è una prospettiva insidiosa.
In primo luogo non abbiamo idea di che cosa abbia creato gli anelli, quindi è difficile stabilire la storia della loro origine in un certo momento. Gli anelli potrebbero essere i resti di una cometa distrutta dalle maree gravitazionali di Saturno, o il prodotto di una collisione tra una cometa e una luna ghiacciata, o il risultato di qualcosa che potrebbe aver disturbato l’orbita di varie lune portandole a scontrarsi tra loro.
Con una missione per portare sulla Terra campioni dei cerchi ghiacciati di Saturno – ha commentato Militzer – si potrebbero trovare i resti… L’ARTICOLO CONTINUA QUI