Un Capodoglio in Scozia è morto con 100 Kg di plastica nello stomaco, cocktail chimico tossico nei cuccioli di focene e nelle orche

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Un Capodoglio in Scozia è morto con 100 Kg di plastica nello stomaco, cocktail chimico tossico nei cuccioli di focene e nelle orche

Ecco la pericolosa vita dei cetacei nel mare del Regno Unito
www.greenreport.it

Il maschio subadulto di capodoglio (Physeter macrocephalus) trovato morto arenato sull’isola di Harris, nelle Ebridi, in Scozia, aveva nello stomaco una “palla da rifiuti” da 100 kg formata da reti da pesca, corde, cinghie da imballaggio, sacchetti e bicchieri di plastica e altri oggetti che formavano una massa compatta. Gli esperti di cetacei che hanno analizzato il grande mammifero marino dicono che non si può fare un collegamento immediato tra la morte del capodoglio e l’ingestione dei rifiuti, ma gli abitanti dell’isola che hanno trovato la i contribuito alla morte della balena.

Ma i locali che il 28 novembre hanno trovato la gigantesca carcassa sulla spiaggia di Seilebost giovedì hanno detto che questo evidenzia il più ampio problema dell’inquinamento marino. Uno di loro, Dan Parry, che vive nella vicina Luskentyre, ha dietto a BBC News: «E’ stato disperatamente triste, soprattutto quando vedevi le reti da pesca e la spazzatura che gli uscivano dallo stomaco. Passeggiamo su queste spiagge quasi ogni giorno e prendo sempre una borsa per raccogliere i rifiuti, la maggior parte dei quali è legata alla pesca. Questa roba avrebbe potuto essere facilmente essere una balla o qualcosa di simile andato perso in una tempesta, semplicemente non lo sappiamo, ma mostra l’entità del problema che abbiamo con l’inquinamento marino».

Allo Scottish Marine Animal Stranding Scheme (Smass), un’organizzazione che indaga sulla morte di balene e delfini, ha eseguito l’esame della carcassa per determinare la morte del capodoglio e sulla sua pagina Facebook spiega che «L’animale non era in condizioni particolarmente sfavorevoli e, mentre è certamente plausibile che questa quantità di detriti fosse un fattore per come stava in salute, in realtà non siamo riusciti a trovare prove che ciò avesse avuto un impatto o ostruito l’intestino. Questa quantità di plastica nello stomaco è comunque orribile, deve aver compromesso la digestione e serve a dimostrare ancora una volta i rischi che i rifiuti marini e gli attrezzi da pesca persi o scartati possono causare alla vita marina»

Dopo aver aiutato lo Samass ad eseguire l’esame del capodoglio sul posti, la Guardia costiera e gli operai del Western Isles Council hanno scavato una gigantesca buca sulla spiaggia e ci hanno seppellito il cetaceo, l’ultimo di una serie impressionante di spiaggiamenti: Da secoli i cetacei (balene, delfini e focene) si spiaggiano lungo le coste delle isola britanniche, ma nel 2009 erano stati registrati 204 casi che nel 2018sono saliti a oltre 930.

L’UK Cetacean Strandings Investigation Program (CSIP) che coordina le indagini su tutti i cetacei, le tartarughe marine e gli squali elefante che si arenano lungo la costa del Regno Unito spiega che da quando è iniziata la sua attività, nel 1990, «Nel Regno Unito sono stati registrati dati su oltre 12.000 cetacei spiaggiati e sono state effettuate quasi 3.500 necropsie, producendo uno dei più grandi dataset di ricerca al mondo su arenamenti e cause di mortalità.   Le cause sottostanti agli eventi di arenamento non sono sempre chiare e, in particolare, il ruolo che l’attività umana può svolgere nel causare direttamente o indirettamente gli spiaggiamenti è stato spesso messo in discussione.  L’esame post mortem degli animali arenati effettuato dal CSIP fornisce approfondimenti unici su: Cause di morte, Malattie, Livelli di contaminanti ambientali, Modelli riproduttivi, Dieta, Altri aspetti della salute generale delle popolazioni di cetacei nelle acque del Regno Unito. Questi dati sarebbero in gran parte inaccessibili con altri metodi e forniscono un’importante base per aiutare a rilevare futuri focolai di malattie, eventi insoliti di mortalità o risposte ai cambiamenti ambientali, come i cambiamenti climatici».

Nel 1994 il CSIP ha condotto il primo studio in assoluto a fornire prove di intrappolamento accidentale nella pesca commerciale (catture accessorie) come causa della mortalità di massa dei delfini comuni (Delphinus delphis ) nelle acque del Regno Unito e dell’Europa. Dopo questo studio, il governo del Regno Unito ha finanziato ulteriori ricerche sull’impatto delle catture accessorie e sono state sviluppate misure per ridurre i tassi insostenibili di catture accessorie di cetacei in specifiche attività di pesca europee.

Nel 2002 alle Canarie si sono arenati 14 zifi (Ziphius cavirostris) e l’esame post mortem di questi rari cetacei realizzato da un team di ricerca dell’Universidad de Las Palmas di Gran Canaria e del CISP ha rivelato che i sonar di un’esercitazione militare della Nato erano la causa più probabile dello spiaggiamento di massa e che i sonar possono causare un cambiamento nel comportamento dei cetacei. Il team ispano-britannico ha scoperto che gli zifi, che compiono le immersioni più profonde conosciute nei mammiferi marini, potrebbero soffrire di qualcosa molto simile alla malattia da decompressione dei subacquei umani. Gli zifi, a causa del disturbo antropico, possono essere stati costretti a cambiare le loro abitudini e questo avrebbe causato l’accumulo di bolle gassose all’interno dei loro tessuti. Dopo che nel 2004 il governo spagnolo ha vietato le esercitazioni militari alle Canarie, non si sono più registrati spiaggiamenti di massa di zifi o di altri cetacei. Successivamente il governo del Regno Unito ha istituito l’Underwater Sound Forum con gli scienziati CSIP, per migliorare la mitigazione ambientale dell’attività della Royal Navy e dell’industria petrolifera e del gas


Un altro ambito di ricerca è quello dei ritardanti di fiamma bromurati, studi avviati dopo che negli anni ’90 erano stati trovati alti livelli di questi nuovi inquinanti chimici nel grasso delle focene (Phocoena phocoena) del Regno Unito. Questi nuovi dati hanno contribuito direttamente all’emanazione a livello UE del divieto di questi prodotti chimici nel 2004. In seguito gli studi congiunti di CSIP e Centre for Environment, Fisheries and Aquaculture Science  (CEFAS), hanno mostrato un declino delle concentrazioni dei ritardanti di fiamma bromurati nei tessuti delle focene, dimostrando che il divieto è molto efficace.   Il CSIP-CEFAS sta conducendo ricerche sugli impatti dei bifenili policlorurati (PCB) sui cetacei. Questi prodotti chimici industriali erano ampiamente utilizzati nei refrigeranti, ma furono banditi nel 1981 nel Regno Unito. La ricerca CSIP-CEFAS mostra che concentrazioni relativamente elevate di PCB si sono stabilizzate nelle focene del Regno Unito, in parte a causa della loro persistenza ambientale.

Dati preoccupanti e confermati dal nuovo studio “Juvenile harbor porpoises in the UK are exposed to a more neurotoxic mixture of polychlorinated biphenyls than adults”,appena pubblicato su Science of the Total Environment da un team di ricercatori della Zoological Society of London, CEFAS, SMASS e Brunel University. Che ha scoperto che i cuccioli di focene che vivono al largo del Regno Unito sono esposte a un cocktail di sostanze chimiche che assumono con il latte materno. Così. Potenti inquinanti dannosi per il cervello vengono trasmessi dalle ma di ai cuccioli f di focene. Si tratta di circa 200 prodotti chimici, noti come PCB, che si accumulano nei corpi di delfini, focene e balene . Prima i PCB venivano utilizzati per produrre materie plastiche e vernici ma, anche se sono vietati da decenni, continuano a circolare nell’ambiente marino e le tossine che persistono più a lungo nel corpo di una femmina di focena – e sono considerate più velenose per il cervello e il sistema nervoso – vengono trasferite ai neonati con l’allattamento.

La principale autrice dello studio, Rosie Williams dell’Institute of Zoology della ZSL e della Brunel University di Londra, ha sottolineato in un’intervista a BBC News: «E’ una tragica ironia il fatto che le focene giovani siano esposte a un cocktail tossico di sostanze chimiche durante l’alimentazione, quando tutto quello che dovrebbero assumere sono i nutrienti vitali di cui hanno bisogno per la fase cruciale dello sviluppo della loro vita».

I PCB sono stati associati a una serie di rischi per balene e delfini, in particolare nelle prime fasi della vita. Un recente studio, pubblicato su Scientific Reports da un team del CSIP guidato da Rob Deaville della ZSL, ha scoperto che i delfini che vivono nella Manica sono stati esposti a un “cocktail di sostanze inquinanti”, che vengono trasmesse da madre a cucciolo.

L’ultimo studio ha esaminato i livelli di PCB in centinaia di focene che vivono al largo delle coste di Scozia, Inghilterra e Galles, scoprendo che «I giovani avevano i più alti livelli di sostanze chimiche ritenute maggiormente tossiche per il cervello e il sistema nervoso. Un’altra aitrice dello studio, Susan Jobling della Brunel University, sottolinea che «Per mitigare l’impatto di queste sostanze chimiche pericolose sulle popolazioni, è fondamentale imparare di più sull’esposizione ai PCB negli animali giovani». Anche se quotidianamente questi piccoli cetacei devono affrontare minacce come l’inquinamento, la pesca accidentale e malattie infettive, si ritiene che le popolazioni di focene del Regno Unito siano stabili. Per le orche (Horcynus orca) la situazione è molto peggiore: «Sono rimaste solo 8 orche della nostra popolazione residente – evidenzia la Williams – Questo tipo di lavoro può essere utilizzato per informare la politica e la conservazione su quali specie sono molto più minacciate».

E’ ormai notissimo il caso dell’orca trovata morta nel 2016 al largo della Scozia e che aveva i più alti livelli di PCB, mai registrati. Mentre spopola sui social media il video delle orche in visita al porto di Genova, secondo lo studio “Predicting global killer whale population collapse from PCB pollution” pubblicato nel settembre 2018 su Science da un team internazionale di ricercatori, la scomparsa delle orche nelle aree più fortemente contaminate da PCB, in 30 – 50 anni, potrebbe dimezzare la popolazione mondiale di questi cetacei e orche mondiali di orche dalle aree più fortemente contaminate entro un periodo di soli 30-50 anni.

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