Stabilito un nuovo record per le emissioni globali di anidride carbonica
Le nuove stime indicano che nel 2019 si raggiungeranno i 43 miliardi di tonnellate di carbonio con un incremento dello 0,6 per cento rispetto al 2018. La crescita è inferiore rispetto agli anni precedenti, ma gli obiettivi di contenimento dell’effetto serra appaiono ancora lontani
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Cresce meno che in passato, ma continua a crescere: l’anidride carbonica emessa globalmente nell’atmosfera sta per raggiungere nel 2019 il valore record di 43,1 miliardi di tonnellate emesse in un anno, 37 miliardi delle quali solo per il consumo di combustibili fossili. E’ quanto affermano i ricercatori del Global Carbon Project, riportando un’ampia messe di dati su tre riviste diverse: “Earth System Science Data”, “Environmental Research Letters” e “Nature Climate Change”.
Le nuove stime escono in concomitanza con COP25, la Conferenza mondiale sul clima riunita a Madrid dal 2 al 13 dicembre, e suonano come un monito di quanto poco è stato fatto per limitare il consumo di combustibili fossili, che producono attualmente il 90 per cento delle emissioni di anidride carbonica dovute alle attività umane.
L’articolo apparso su “Earth System Science Data” a prima firma Pierre Friedlingstein, dell’Università di Exeter, riporta il dato fondamentale: le proiezioni al termine di quest’anno parlano di un incremento dello 0,6 per cento nelle emissioni di anidride carbonica rispetto all’anno precedente, contro incrementi annui dell’1,5 e del 2,1 per cento registrati rispettivamente nel 2017 e nel 2018. Rispetto al 2015, anno dello storico accordo di Parigi, l’incremento è del 4 per cento.
La riduzione nel tasso di aumento delle emissioni globali e nelle emissioni dovute al consumo di carbone (-0,9 per cento), che rappresenta ancora la principale fonte di emissioni (40 per cento del totale) sono le uniche buone notizie. Aumentano infatti sia le emissioni dovute al consumo di petrolio per il traffico veicolare (+0,9 per cento) sia quelle dovute al gas naturale (+26 per cento).
Se si guardano poi i dati disaggregati per settori, il documento evidenzia che il 45 per cento delle emissioni è dovuto al comparto energetico, cioè alla produzione di elettricità e di calore. Segue a distanza l’industria (produzione di metalli, sostanze chimiche e manifatture) con il 22 per cento. I trasporti nazionali sulla terraferma, via mare e via cielo arrivano al 20 per cento mentre quelli internazionali aggiungono un ulteriore 3,7 per cento. Resta un 10 per cento attribuibile a edilizia, agricoltura pesca e settore militare.
Rilevanti anche le proiezioni suddivise per nazione, illustrate nell’articolo pubblicato su “Environmental Research Letters” da Rob Jackson della Stanford University, e colleghi. La Cina ha aumentato le sue emissioni di anidride carbonica del 2,6 per cento e si conferma in cima alla classifica del consumo di carbone, pari al 50 per cento del consumo globale, che tuttavia cresce di poco, trascinato dalla produzione industriale di cemento, acciaio e altri prodotti ad alta intensità di energia.
Anche l’India aumenta le emissioni, con un +1,8 per cento rispetto all’anno precedente, un tasso decisamente inferiore rispetto a quello del 2018 rispetto al 2017, dovuto a un rallentamento dell’economia del paese.
Le emissioni caleranno invece negli Stati Uniti: si prevedono un -1,7 per cento globale e un -10 per cento nel settore del carbone, che viene gradualmente sostituito dal gas naturale e, in misura minore, dal solare e dall’eolico. Calano anche le emissioni statunitensi dovute al petrolio, che però registrano un +1 rispetto al 2017.
Più virtuosa appare infine l’Unione Europea, per cui si prevede un calo dell’1,7 per cento delle emissioni complessive e del 10 per cento di quelle dovute al consumo di carbone. Continuano ad aumentare invece il consumo di gasolio e cherosene per aerei, così come quello di gas naturale (+3 per cento).
Guardando al futuro, i ricercatori temono che le emissioni possano continuare ad aumentare per tutto il terzo decennio del secolo, a meno che le politiche degli stati su produzione di energia, trasporti e industria non cambino radicalmente.
“Il mancato riconoscimento dei fattori alla base della continua crescita delle emissioni potrebbe limitare la capacità del mondo di spostarsi su un percorso coerente con 1,5 °C o 2 °C di riscaldamento globale”, scrivono Friedlingstein Jackson e altri nel commento apparso su “Nature Climate Change”. “Il supporto continuo alle tecnologie a basse emissioni di carbonio deve essere combinato con politiche volte a eliminare gradualmente l’uso di combustibili fossili”.
La via da seguire per arrivare agli obiettivi di Parigi, peraltro, è già tracciata. Un recente rapporto ha mostrato che i 18 paesi che hanno decarbonizzato la loro economia più rapidamente nell’ultimo decennio condividono tre caratteristiche: hanno un fabbisogno energetico che non aumenta, grazie a programmi mirati all’efficienza energetica, hanno sostituito in parte i combustibili fossili con le fonti rinnovabili e hanno sviluppato politiche mirate al contenimento delle emissioni.