Migliaia di anni di pioggia incessante favorirono l’ascesa dei dinosauri
Oltre 200 milioni di anni fa, alla fine del Triassico, un periodo di caldo e umido che durò almeno un milione di anni modificò profondamente il corso della vita sulla Terra, creando le condizioni adatte alla diffusione e diversificazione dei dinosauri
di Michael Marshall/Nature
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Alastair Ruffell aveva notato qualcosa di strano nelle rocce vicino alla casa in cui era cresciuto nel Somerset, nel Regno Unito. Si tratta di depositi che risalgono al Triassico, più di 200 milioni di anni fa, e sono in genere di un rosso-arancione spento: ciò significa che si sono formati quando la regione era secca e bruciata dal Sole. Fin qui niente di strano. Però gli affioramenti nella zona di Lipe Hill presentano un sottile strato di grigio nel bel mezzo della pietra rossa. Quella striscia segnala un’epoca in cui il deserto arido era scomparso e la regione si era trasformata in un acquitrino paludoso. Per qualche motivo, il clima da incredibilmente asciutto era diventato umido e sarebbe rimasto così per oltre un milione di anni.
Quando Ruffell scoprì quegli affioramenti, a metà degli anni ottanta, fu incuriosito dal cambiamento climatico avvenuto nel Triassico, ma all’epoca era un giovane geologo con una tesi di dottorato da finire. Così mise quel mistero da parte finché nel 1987 non incontrò per caso un altro giovane ricercatore, il paleontologo Michael Simms, che nei suoi studi post-dottorato aveva scoperto prove di estinzioni avvenute nel tardo Triassico, durante il misterioso periodo umido notato da Ruffell. Alla fine degli anni ottanta i due avanzarono l’idea che le due scoperte fossero collegate, ma i loro risultati furono rigettati.
Trent’anni più tardi, cresce il consenso sul fatto che i due, in fin dei conti, avessero ragione. Nel tardo Triassico è successo qualcosa di strano, e non solo nel Somerset. Circa 232 milioni di anni fa, durante un’epoca chiamata Carnico, pioveva quasi dappertutto e dopo milioni di anni di clima secco la Terra era entrata in un periodo umido che sarebbe durato da uno a due milioni di anni. Quasi ovunque vi siano rocce di quell’epoca, i geologi trovano tracce di clima umido. Questo cosiddetto evento pluviale carnico coincide con alcuni enormi mutamenti evolutivi.
La cosa più notevole è che quel periodo si è forse sovrapposto al momento in cui alcuni rettili rari, i primi dinosauri, si sono evoluti fino a diventare un gruppo diversificato e a dominare gli ecosistemi di terra. Il Carnico potrebbe aver aperto la strada agli spettacolari dinosauri che sarebbero apparsi in seguito, come lo stegosauro e il tirannosauro.
Anche altri gruppi sono usciti dal Carnico in condizioni molto diverse da quelle che avevano all’inizio di quell’epoca: sia i coralli che il plancton marino stavano diventando più “moderni”, avvicinandosi, dal punto di vista evolutivo, alle forme esistenti oggi. È perfino possibile che in quel periodo siano apparsi i primi mammiferi. “Fu quasi un punto di svolta tra gli elementi di un mondo più antico e di uno moderno”, commenta Simms.
Dopo anni passati nell’ombra, l’evento pluviale carnico oggi è oggetto di interesse sempre maggiore. A maggio 2017, presso l’Hanse-Wissenschaftskolleg Delmenhorst, in Germania, si è tenuta la prima conferenza dedicata all’argomento e in seguito il “Journal of the Geological Society” gli ha dedicato due numeri speciali. Negli ultimi dieci anni molti ricercatori hanno iniziato a studiare a fondo le rocce del Carnico, per capire perché il clima sia cambiato e perché ciò abbia portato a mutamenti evolutivi così notevoli. Le prove oggi disponibili puntano a enormi eruzioni vulcaniche.
Si tratta di un bel cambiamento per un evento scoperto quasi per caso negli anni ottanta.
Un incontro casuale
Tutto iniziò quando Simms, che oggi lavora ai National Museums Northern Ireland a Holywood, andò all’Università di Liverpool, nel Regno Unito, per un programma di ricerca post-dottorato. Simms studiava i crinoidi, animali acquatici imparentati con le stelle marine e dotati di forme che sembrano fiori o piume. In particolare studiava i crinoidi del Triassico, che va da 252 a 201 milioni di anni fa. Il Triassico è delimitato da due epoche tra le più difficili nella storia della Terra: ebbe inizio subito dopo l’estinzione di massa alla fine del Permiano e finì con un’altra estinzione di massa, che segna il passaggio dal Triassico al Giurassico.
Ma per Simms c’era in serbo una sorpresa: “Alla fine del 1987, era ormai chiaro che c’era stata un’estinzione davvero significativa tra i crinoidi del Triassico”, racconta. Però quell’estinzione era avvenuta decine di milioni di anni prima della fine del periodo, si collocava cioè nel Carnico, la quinta di sette epoche più brevi in cui è suddiviso il Triassico.
Incuriosito, Simms tornò in visita all’Università di Birmingham, dove aveva conseguito il dottorato. Nel suo vecchio ufficio c’erano il paleontologo Paul Wignall e Ruffell, che oggi lavora alla Queen’s University di Belfast.
La ricerca di Ruffell era incentrata sui sedimenti del tardo Cretaceo, ma nel tempo libero stava studiando alcune rocce del Triassico chiamate Mercia Mudstone Group, che per la maggior parte riflettevano climi aridi. Proprio nella sezione di queste rocce che risaliva al Carnico aveva trovato un sottile strato di arenaria grigia ricca di fossili, come denti di squalo. Era il resto di un fiume o di un delta. “Nel bel mezzo di tutta quella roba arida e orribile c’era un ambiente che con tutta probabilità era piuttosto piacevole”, sostiene Ruffell.
Chiacchierando con gli altri due ricercatori, Simms menzionò l’estinzione di crinoidi nel Carnico. A quanto raccontano Simms e Wignall, Ruffell replicò: “All’epoca pioveva. Forse ai crinoidi non piaceva la pioggia”. Era una frase detta tanto per dire, che Ruffell non ricorda di aver pronunciato, ma Simms ne rimase colpito. I cambiamenti climatici possono causare estinzioni e forse era successo proprio così con i mutamenti evolutivi del Carnico.
Simms e Ruffell iniziarono a indagare e scoprirono che c’erano prove di un periodo umido anche nelle rocce del Carnico in Germania, negli Stati Uniti, nell’Himalaya e altrove. Per di più, non erano stati solo i crinoidi a trovarsi di fronte a un’estinzione: erano crollati anche anfibi e piante terrestri. Nel 1989 i due pubblicarono le prove di quello che chiamarono evento pluviale carnico.
I risultati non ebbero molta eco, a parte gli attacchi di alcuni ricercatori contrari all’idea. “Ricordo un paio di accademici molto avanti nella carriera che la ritenevano un’ipotesi assurda”, racconta Simms.
Nel 1994 un gruppo di ricerca guidato da Henk Visscher dell’Università di Utrecht, nei Paesi Bassi, pubblicò una confutazione dai toni piuttosto forti, in cui si sosteneva che, anche se in quel periodo alcune zone potevano aver visto un aumento delle precipitazioni, molti ambienti erano invece rimasti secchi. Visscher sosteneva che le prove si potevano spiegare, invece che con un aumento delle precipitazioni, con “un innalzamento delle falde freatiche”.
Vedendo contestati i loro risultati, Simms e Ruffell cambiarono strada. “Passammo semplicemente a una serie di altre cose”, racconta Simms, che proseguì la carriera in geologia e paleontologia, mentre Ruffell divenne un esperto di geologia forense.
Un mondo bagnato
Tuttavia l’evento pluviale carnico non era sparito. In Europa, e in particolare in Italia, i geologi continuavano ad accumulare prove dell’esistenza di condizioni di umidità attorno ai 232 milioni di anni fa. Le coincidenze abbondavano.
Nel tardo Triassico il mondo non somigliava affatto a quello di oggi. Le masse continentali erano tutte collegate tra loro a formare un “super continente” chiamato Pangea, sul quale il clima era caldo e secco, soprattutto nell’interno. Gli ecosistemi di terra erano dominati dai rettili, tra cui i primi dinosauri. Fiori, erba e uccelli non esistevano.
Non esistevano neppure i mammiferi, ma… L’ARTICOLO CONTINUA QUI