Al centro dei buchi neri la densità e la curvatura dello spazio sono infinite e la relatività generale smette di valere

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Al centro dei buchi neri la densità e la curvatura dello spazio sono infinite e la relatività generale smette di valere

Nuovi calcoli su modelli realistici dei buchi neri indicano che al loro centro esiste davvero una singolarità, un punto in cui la loro densità e la curvatura dello spazio sono infinite e la relatività generale smette di valere. Il risultato potrebbe aiutare lo sviluppo di una teoria che riesca a conciliare meccanica quantistica e relatività
di Steve Nadis/Quanta Magazine
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Nel gennaio del 1916, Karl Schwarzschild, un fisico tedesco di stanza sul fronte orientale, trovò la prima soluzione esatta alle equazioni della relatività generale, la rivoluzionaria teoria della gravità di Albert Einstein risalente ad appena due mesi prima. La relatività generale descriveva la gravità non come una forza attrattiva, come la si considerava classicamente, ma come effetto della curvatura dello spazio e del tempo. La soluzione di Schwarzschild rivelava la curvatura dello spazio-tempo attorno a una sfera stazionaria di materia.

Schwarzschild notò che se questa materia fosse stata confinata in un raggio abbastanza piccolo, ci sarebbe stato al suo centro un punto di curvatura e densità infinite: una “singolarità”.

Gli infiniti che appaiono in fisica di solito destano allarme: né Einstein, dopo aver appreso il risultato del militare, né Schwarzschild stesso, credevano che quegli oggetti esistessero davvero. Ma a partire dagli anni settanta si sono accumulate le prove che l’universo contiene davvero un gran numero di queste entità, dette “buchi neri” perché la loro gravità è così forte che non ne può uscire fuori nulla che ci sia entrato, nemmeno la luce. Da allora, la natura delle singolarità all’interno dei buchi neri è un mistero.

Di recente, un gruppo di ricercatori affiliati alla Black Hole Initiative (BHI) della Harvard University ha fatto progressi significativi su questo enigma. Paul Chesler, Ramesh Narayan ed Erik Curiel hanno sondato gli interni di buchi neri teorici che somigliano a quelli studiati dagli astronomi, cercando di determinare che tipo di singolarità si trovi al loro interno. Una singolarità non è un luogo in cui le grandezze diventano davvero infinite, ma “un luogo in cui la relatività generale viene meno”, spiega Chesler. Si ritiene che in un punto così la relatività generale lasci il posto a una descrizione più esatta, ma ancora sconosciuta, della gravità su scala quantistica.

Ci sono però tre modi diversi in cui la teoria di Einstein può smettere di funzionare, il che porta a tre diversi tipi di possibili singolarità. “Sapere quando e dove la relatività generale fallisce è utile per sapere quale teoria [della gravità quantistica]si trovi al di là”, dice Chesler.

Approssimazioni migliori
Il gruppo del BHI si è basato su un importante risultato del 1963, quando il matematico Roy Kerr risolse le equazioni di Einstein per un buco nero rotante, una situazione più realistica di quella affrontata da Schwarzschild poiché nell’universo ruota praticamente tutto. Il problema era più difficile di quello di Schwarzschild perché gli oggetti rotanti hanno rigonfiamenti al centro e sono quindi privi di simmetria sferica. La soluzione di Kerr  descrisse in modo inequivoco la regione al di fuori di un buco nero che ruota, ma non il suo interno.

Il buco nero di Kerr era ancora un po’ irrealistico, poiché occupava uno spazio privo di materia. I ricercatori del BHI hanno capito che questo aveva l’effetto di rendere instabile la soluzione; l’aggiunta anche di una sola particella avrebbe potuto cambiare in modo drastico la geometria spaziotemporale interna del buco nero. Nel tentativo di rendere il loro modello più realistico e più stabile, hanno “spruzzato” dentro e intorno al loro buco nero teorico della materia di un tipo speciale detto “campo scalare elementare”. E mentre la soluzione originale di Kerr riguardava un buco nero “eterno”, presente da sempre, i buchi neri della loro analisi si sono formati da un collasso gravitazionale, come quelli che abbondano nel cosmo.

Chesler, Narayan e Curiel hanno prima verificato il loro metodo su un buco nero sferico carico, non rotante, formato dal collasso gravitazionale della materia in un campo scalare elementare. Hanno descritto i risultati in un articolo pubblicato a febbraio sul sito di preprint scientifici arXiv.org. Successivamente, Chesler ha affrontato le equazioni più complicate relative a un buco nero rotante di struttura simile, pubblicando tre mesi dopo i risultati trovati da solo.

Le analisi hanno mostrato che questi buchi neri… L’ARTICOLO CONTINUA QUI

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