Produciamo molti più combustibili fossili di quanto servirebbe per mantenere il riscaldamento a 1,5–2°C (VIDEO)
Ecco come il “gap produttivo” dei combustibili fossili sta facendo saltare gli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi
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Il gap tra le prospettive e I bisogni in materia di produzione di carbone, petrolio e gas è al centro di “The Production Gap 2019 Report – The discrepancy between countries’ planned fossil fuel production and global production levels consistent with limiting warming to 1.5°C or 2°C” pubblicato dall’United Nations Environment Programme (Unep), Stockholm Environment Institute (Sei), IISD, ODI, Cicero e Climate Analytics che rappresenta la prima valutazione del gap tra gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e la produzione di combustibili fossili nei Paesi che lo hanno sottoscritto.
L’Unep sottolinea che «Il rapporto fornisce nuove misure per valutare l’attuale ritmo dell’estrazione dei combustibili fossili nel mondo e dettaglia le misure che i Paesi possono prendere per allineare l’approvvigionamento di combustibili fossili con l’Accordo di Parigi. Questo nuovo rapporto constata che il mondo sta producendo molto più carbone, petrolio e gas di quanto sia compatibile con la limitazione del riscaldamento a 1,5° C o 2° C, creando un “gap di produzione” che rende gli obiettivi climatici più difficili da fraggiungere. E’ un rapporto che chiede di mettere maggiormente l’accento sulla ricerca legata alla produzione di combustibili fossili che avrebbe dovuto essere fatta molto tempo prima».
Il Sei ricorda che «Sebbene il carbone, il petrolio e il gas siano i motori principali del cambiamento climatico, raramente sono oggetto di politiche e negoziati internazionali sul clima. Il presente rapporto mira a espandere tale discorso e fornire una metrica per valutare quanto il mondo è lontano dai livelli di produzione che sono coerenti con gli obiettivi climatici globali».
Il rapporto esamina, in 10 Paesi produttori di combustibili fossili – i 7 principali produttori di combustibili fossili (Cina, Stati Uniti, Russia, India, Australia, Indonesia e Canada) e 3 importanti produttori con forti ambizioni climatiche f dichiarate (Germania, Norvegia e Regno Unito) – le politiche e le azioni che puntano ad espandere la produzione di combustibili fossili, ampliando così il gap il divario. Inoltre, presenta delle opzioni politiche che possono aiutare i Paesi ad allineare meglio la loro produzione agli obiettivi climatici ed evidenzia che «Questo sarà particolarmente rilevante nel corso del prossimo anno, poiché i Paesi preparano e aggiornano i nuovi Nationally determined contributions (NDC), che stabiliscono i loro nuovi piani di riduzione delle emissioni e gli impegni climatici ai sensi dell’accordo di Parigi».
Il mondo è pieno di combustibili fossili: dai vasti bacini di petrolio e gas di scisto e di sabbie bituminose del Nord America agli enormi giacimenti di carbone dell’Australia, non c’è certo carenza di carbonio fossilizzato da bruciare. Al Sei sottolineano che «Il carbone, il petrolio e il gas hanno una lunga storia nella fornitura di energia eccezionalmente concentrata e pronta all’uso, spesso a prezzi bassi e sovvenzionati che non riflettono i loro interi costi sociali e ambientali; non c’è da meravigliarsi che abbiano alimentato il pianeta per più di un secolo. Ma cittadini, businesses e leader politici stanno ora iniziando a rivolgersi altrove per le loro esigenze energetiche. L’energia del vento e del sole sta diventando sempre più facile ed economica da prendere e stoccare, rappresentando la prima vera minaccia al dominio dei combustibili fossili. Questo tende è emerso non proprio al momento giusto, data la crescente crisi dei cambiamenti climatici, dovuta principalmente a decenni di combustione di combustibili fossili».
Ma Sei ed Unep mettono in guardia: «Tuttavia, con la crescita delle tecnologie energetiche rinnovabili e di altre tecnologie compatibili con il clima, non vi è alcuna garanzia che i combustibili fossili e le loro emissioni di gas serra (GHG) diminuiranno, per non parlare del ritmo necessario per evitare pericolosi cambiamenti climatici. La continua spinta ad aumentare la produzione di combustibili fossili in tutto il mondo lo rende solo più difficile».
Il Production Gap 2019 Report riguarda proprio il modo in cui i governi possono lavorare per allineare la produzione di combustibili fossili agli obiettivi climatici concordati a livello globale con l’Accordo di Parigi e Inizia ponendo la domanda: quale è il gap degli obiettivi climatici con l’attuale ritmo di estrazione dei combustibili fossili al mondo? Il rapporto propone anche una nuova misurazione, il fossil fuel production gap, che tiene conto del gap d tra i livelli pianificati di produzione di combustibili fossili dei Paesi e i livelli globali di produzione coerenti con i percorsi low-carbon in grado di limitare riscaldamento globale a 1,5° o 2° C.
Dal rapporto emerge drammaticamente il gigantesco gap della produzione di combustibili fossili: «il mondo è attualmente sulla cattiva strada per produrre molti più combustibili fossili nel 2030 rispetto a quelli compatibili con un percorso a 2° C e, soprattutto, con un percorso a 1,5° C. In particolare, gli attuali piani e proiezioni dei Paesi per la produzione di combustibili fossili porterebbero, nel 2030, all’emissione di 39 miliardi di tonnellate (gigatonnellate) di biossido di carbonio (GtCO2). Questo è 13 GtCO2, o il 53%, in più di quanto sarebbe coerente con un percorso di 2° C. E’ il 120% o 21 GtCO2 maggiore dei livelli di produzione di combustibili fossili coerenti con un percorso di 1,5° C. Questo gap aumenterà ancora di più entro il 2040, quando i livelli di produzione raggiungeranno il 110% e il 210% in più rispetto a quelli coerenti con i percorsi a 2° C e 1,5° C».
Al Sei dicono che «Un gap di produzione di questa portata implica il rischio di sostanziali investimenti eccessivi nell’esplorazione, nello sviluppo e nelle infrastrutture dei combustibili fossili». Infatti, i ricercatori hanno scoperto che «Gli obiettivi dell’Accordo di Parigi implicano importanti riduzioni degli investimenti di capitale previsti e prevedibili nella produzione di combustibili fossili, incluso petrolio e gas a breve termine».
E il ruolo svolto dai governi in questo gap che contraddice e vanifica i loro stessi impegni è essenziale: «I governi non svolgono solo ruoli centrali nel consentire l’esplorazione e la produzione; supportano inoltre l’industria dei combustibili fossili attraverso investimenti diretti, finanziamenti per ricerca e sviluppo, spese fiscali e assunzione di responsabilità e rischi. I sussidi per i combustibili fossili coprono tutte le fasi del processo di produzione di combustibili fossili, dalla ricerca, sviluppo ed esplorazione, alle operazioni, trasporto, lavorazione, marketing, smantellamento e bonifica del sito».
Il Production Gap Report analizza piani di produzione, prospettive e meccanismi di sostegno specifici nei 10 Paesi chiave, Secondo l’Unep, la produzione di carbone, petrolio e gas in quasi tutti i piani o prospettive nazionali supera i livelli previsti nel 2030 previsti nel New Policies Scenario dell’International energy agency, uno scenario sostanzialmente coerente con l’implementazione globale degli NDC e «Molti Paesi sembrano delle banche sui mercati di esportazione per giustificare importanti aumenti della produzione (ad esempio, Stati Uniti, Russia e Canada) mentre altri stanno cercando di limitare o in gran parte porre fine alle importazioni attraverso la produzione su larga scala (ad esempio, India e Cina). Il risultato netto potrebbe essere un significativo investimento eccessivo, aumentando il rischio di bloccare assets, lavoratori e comunità bloccati, oltre a bloccare una traiettoria delle emissioni più elevata».
Il rapporto propone alcune soluzioni per colmare il gap e ridurre i pericoli di una catastrofe climatica, ambientale, economica e umanitaria prossima-ventura: «Per contribuire a colmare il gap produttivo – dicono al Sei – i Paesi trarrebbero beneficio da nuovi modelli per affrontare l’offerta di combustibili fossili. Sebbene la maggior parte dei Paesi si concentri esclusivamente sul “lato della domanda”, con politiche volte a potenziare l’energia rinnovabile, l’efficienza energetica e altre tecnologie low-carbon, alcuni governi hanno anche iniziato a mettere in atto misure “dal lato dell’offerta” che mirano a limitare la produzione di combustibili fossili». A Sono molte e diverse le opzioni politiche che possono aiutare i governi ad allineare i loro piani e politiche di sviluppo dei combustibili fossili con gli obiettivi climatici, Sei e Unep ne citano alcune; strumenti economici (come la riforma delle sovvenzioni); approcci normativi (come vietare i nuovi permessi di estrazione); fornitura di beni e servizi da parte del governo (come solo piani di transizione); misure per migliorare l’informazione e la trasparenza (come il reporting nazionale della produzione e i target per i combustibili fossili).
Belize, Costa Rica, Francia, Danimarca e Nuova Zelanda hanno messo in atto divieti o moratorie parziali o totali sull’esplorazione e l’estrazione di petrolio e gas, mentre Germania e Spagna stanno eliminando gradualmente l’estrazione di carbone. Anche le amministrazioni locali, le compagnie, gli investitori, i sindacati e le organizzazioni della società civile possono accelerare la transizione verso l’uscita dai combustibili fossili, mobilitando gli elettori e spostando gli investimenti verso opzioni low-carbon. Il Sei fa l’esempio delle persone e delle istituzioni che si sono già impegnate a disinvestire oltre 11 trilioni di dollari dalle riserve di combustibili fossili.
Ma un ruolo chiave è quello della cooperazione internazionale. I negoziati climatici dell’Onu e di altre istituzioni e iniziative internazionali possono aiutare a catalizzare l’ambizione e l’azione dal lato dell’offerta. Unep e Sei fanno notare che «Le misure per allontanarsi dalla produzione di combustibili fossili sono più efficaci quando i paesi le adottano insieme e la cooperazione internazionale può inviare un chiaro segnale ai responsabili politici, agli investitori, ai consumatori e alla società civile che il mondo sta andando verso un futuro low-carbon».