Che forma ha l’universo? A palla o piatto?

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Che forma ha l’universo? A palla o piatto?

Chiuso come una palla o piatto come un foglio di carta? Una nuova analisi dei dati sulla radiazione cosmica di fondo a microonde raccolti dalla missione Planck rimette in discussione la forma del cosmo prevista dalla teoria dell’inflazione. La maggior parte dei ricercatori però non è convinta.
Di Natalie Wolchover/QuantaMagazine
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Uno stimolante articolo pubblicato il 4 novembre su “Nature Astronomy”  sostiene che l’universo possa essere curvo fino a richiudersi su se stesso come una sfera anziché piatto come un foglio di carta, come prevede la teoria standard della cosmologia. Gli autori hanno rianalizzato un ampio corpus di dati cosmologici, concludendo che indicano con una certezza del 99 per cento che l’universo è chiuso, anche se altre prove suggeriscono un universo piatto.

I dati in questione – le osservazioni del telescopio spaziale Planck dell’antica luce detta radiazione cosmica di fondo a microonde (CMB) – “indicano con chiarezza un modello chiuso”, afferma Alessandro Melchiorri dell’Università di Roma La Sapienza, coautore del nuovo articolo insieme a Eleonora Di Valentino dell’Università di Manchester e Joseph Silk, dell’Università di Oxford. A loro avviso, la discordanza tra i dati della CMB, che suggeriscono che l’universo sia chiuso, e altri dati che fanno pensare a una struttura piatta, rappresenta una “crisi cosmologica” che richiede un “ripensamento drastico”.

In un’analisi del 2018, il team del telescopio Planck aveva raggiunto conclusioni diverse. Secondo Antony Lewis, cosmologo dell’Università del Sussex e membro del gruppo che ha lavorato a quell’analisi, la spiegazione più semplice delle caratteristiche specifiche dei dati CMB che Di Valentino, Melchiorri e Silk hanno interpretato come prova di un universo chiuso “è che si tratti solo di una peculiarità statistica”. Lewis e altri esperti affermano di aver già esaminato con attenzione la questione e gli aspetti enigmatici dei dati.

“Non c’è dubbio che a qualche livello esistano quegli indizi”, commenta Graeme Addison, cosmologo della Johns Hopkins University che non ha a che fare né con l’analisi di Planck né con il nuovo studio. “C’è solo disaccordo su come interpretarli.”

La mappa della radiazione cosmica di fondo a microonde tracciata da Planck (ESA/Planck Collaboration)

Che l’universo sia piatto – nel qual caso due fasci di luce che partono fianco a fianco nello spazio rimarranno paralleli per sempre, invece di incrociarsi prima o poi e incurvarsi verso il punto di partenza, come in un universo chiuso – o no dipende in modo critico dalla sua densità. Se tutta la materia e l’energia nell’universo, comprese la materia oscura e l’energia oscura, hanno come somma esattamente la concentrazione alla quale l’energia dell’espansione verso l’esterno equilibra l’energia dell’attrazione gravitazionale verso l’interno, lo spazio si estende in modo piatto in tutte le direzioni.

Questione di densità

La teoria sulla nascita dell’universo più accreditata, nota come inflazione cosmica, ha come netta conseguenza un universo piatto. E varie osservazioni dai primi anni 2000 hanno mostrato che il nostro universo è quasi del tutto piatto, e che quindi la sua densità dev’essere vicinissima a questo valore critico, calcolato in materia o energia equivalente a circa 5,7 atomi di idrogeno per metro cubo di spazio, in buona parte invisibile.

Il telescopio Planck misura la densità dell’universo valutando la quantità di luce CMB che è stata deviata dagli effetti di “lente gravitazionale” mentre attraversava l’universo negli ultimi 13,8 miliardi di anni. Quanta più materia incontrano questi fotoni CMB nel loro viaggio verso la Terra, tanto più vengono deviati, cosicché la loro direzione non riflette più il loro punto di partenza nell’universo primordiale. Ciò si manifesta nei dati come un effetto di sfocatura, che attenua alcuni picchi e avvallamenti nella distribuzione spaziale della luce.

Secondo la nuova analisi, la grande entità della deviazione gravitazionale subita dalla CMB fa ritenere che l’universo possa avere una densità circa il 5 per cento maggiore di quella critica, con una media di qualcosa come 6 atomi di idrogeno per metro cubo invece di 5,7: in tal caso la gravità vincerebbe e il cosmo si chiuderebbe su sé stesso.

Anni fa gli scienziati di Planck hanno notato che l’effetto lente gravitazionale è maggiore del previsto; l’anomalia si è manifestata soprattutto nell’analisi finale dell’intero corpus di dati, pubblicata lo scorso anno. In un universo piatto, il valore della misurazione della curvatura dovrebbe rientrare all’interno di circa una “deviazione standard” dallo zero, per via delle fluttuazioni statistiche casuali nei dati. Invece, sia il team di Planck che gli autori del nuovo articolo hanno scoperto che i dati CMB si discostano di 3,4 deviazioni standard.

Nel caso di un universo piatto, questa sarebbe un’anomalia statistica rilevante, paragonabile a quella di ottenere testa 11 volte di seguito lanciando una moneta, e questo accade meno dell’uno per cento delle volte. Il team di Planck attribuisce la misurazione proprio a una circostanza improbabile di questo tipo, oppure a un fenomeno ignoto che offusca la luce CMB, imitando l’effetto di una quantità maggiore di materia.

O forse l’universo è davvero chiuso. Di Valentino e coautori fanno notare che un modello chiuso darebbe conto anche di altre anomalie della CMB. Per esempio, i valori di alcuni ingredienti chiave del nostro universo, come la quantità di materia oscura e di energia oscura, vengono dedotti misurando le variazioni del colore della luce CMB proveniente da diverse regioni del cielo. Ma curiosamente si ottengono risposte diverse quando si confrontano regioni piccole del cielo e regioni più grandi. Gli autori sottolineano che quando si ricalcolano questi valori assumendo un universo chiuso, non differiscono.

Will Kinney, cosmologo all’Università di Buffalo, nello stato di New York, definisce “davvero interessante” questo “di più” offerto dal modello dell’universo chiuso. Osserva però che le discrepanze tra le variazioni su piccola e grande scala osservate nella luce CMB potrebbero essere anch’esse fluttuazioni statistiche, oppure derivare dallo stesso errore non identificato che potrebbe influire sulla misurazione dell’effetto lente gravitazionale.

Ci sono solo sei proprietà fondamentali che descrivono l’universo, secondo la teoria standard della cosmologia, nota come ΛCDM (chiamata così per l’energia oscura, rappresentata dalla lettera greca Λ [lambda], e la cold dark matter, materia oscura fredda). Con appena sei numeri la ΛCDM descrive in modo accurato quasi tutte le caratteristiche del cosmo, e non prevede alcuna curvatura: dice che l’universo è piatto.

Manca comunque un tassello

Il nuovo articolo sostiene che potrebbe essere necessario aggiungere un settimo parametro alla ΛCDM: un numero che descriva la curvatura dell’universo. In base alla misurazione dell’effetto lente gravitazionale, l’aggiunta di un settimo numero migliora l’adattamento ai dati.

Altri cosmologi sostengono però che prima di prendere un’anomalia tanto sul serio da aggiungere un settimo parametro alla teoria, dobbiamo considerare tutti gli altri aspetti descritti correttamente dalla ΛCDM. Certo, possiamo concentrarci su questa singola anomalia – una moneta che dà testa 11 volte di seguito – e dire che c’è qualcosa che non va. Ma la CMB è un insieme di dati così grande che è come lanciare una moneta centinaia o migliaia di volte. Non è difficile immaginare che così facendo prima o poi ci imbatteremmo in 11 teste consecutive; in fisica è noto come effetto look elsewhere.

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