Ci sono nuovi indizi per capire le esperienze di pre-morte

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Ci sono nuovi indizi per capire le esperienze di pre-morte

Un’analisi linguistica che ha confrontato centinaia di racconti di chi ha avuto un’esperienza di pre-morte e quelli di chi ha usato sostanze psicotrope ha trovato una stretta somiglianza fra quelle esperienze e gli effetti dell’allucinogeno ketamina

di Robert Martone/Scientific American
www.lescienze.it

Immaginate un sogno in cui percepite un’intensa sensazione di presenza, l’esperienza più vera e reale della vostra vita, mentre vi allontanate dal vostro corpo e guardate il vostro volto da fuori. Avvertite un attimo di paura mentre vi passano davanti i ricordi di tutta la vita ma poi, superate una soglia trascendente, vi sentite colmi di una sensazione di beatitudine.

Anche se a molte persone contemplare la morte suscita paura, alcune delle esperienze di pre-morte (NDE, dall’inglese near-death experience) riferite da coloro che sono arrivati sull’orlo della morte e poi si sono ripresi comprendono elementi positivi di questo tipo.

I racconti delle NDE sono straordinariamente uniformi per carattere e contenuti. Includono ricordi molto vivaci legati a sensazioni corporee che danno la netta impressione di essere reali, anche più reali dei ricordi di eventi davvero accaduti. I contenuti di queste esperienze includono, com’è noto, la vita che “ti passa davanti agli occhi” e anche la sensazione di uscire dal corpo, e spesso di vedere il proprio volto e il proprio corpo dall’esterno, di viaggiare beati in un tunnel verso una luce e di sentirsi “uniti” a qualcosa di universale.

Notevoli somiglianze

Non sorprende che molti si siano appigliati alle NDE come prova della vita dopo la morte, del paradiso e dell’esistenza di Dio. Le descrizioni della sensazione di uscire dal proprio corpo e dell’unione beata con l’universale sembrano quasi scritte sulla base delle credenze religiose sull’anima che lascia il corpo alla morte per salire verso la beatitudine celeste.

Tuttavia queste esperienze sono condivise da persone appartenenti a una grande varietà di culture e religioni, perciò è improbabile che si tratti di riflessi di specifiche aspettative religiose. La loro diffusione suggerisce invece che possano derivare da qualcosa di più fondamentale delle aspettative religiose o culturali. Forse le NDE sono un riflesso dei cambiamenti che avvengono nel funzionamento del cervello quando ci avviciniamo alla morte.

Alcune pratiche religiose presenti in molte culture usano sostanze psicotrope per indurre sensazioni di trascendenza che sono in qualche modo simili alle esperienze di pre-morte. Se le NDE sono legate alla biologia del cervello, forse l’azione delle sostanze che causano sensazioni simili può dirci qualcosa dello stato che si produce quando si verificano.

Indubbiamente, lo studio di queste esperienze presenta ostacoli tecnici non indifferenti. Non c’è modo di studiarle negli animali e quando un paziente si trova sull’orlo della morte è molto più importante salvarlo che interrogarlo a proposito della sua NDE. Inoltre, molte sostanze usate per indurre stati di questo tipo sono illegali, il che complica qualsiasi tentativo di sondarne gli effetti.

Ma se esaminare direttamente ciò che succede nel cervello durante un’esperienza di pre-morte è impossibile, la raccolta dei racconti di chi le ha vissute è una buona risorsa per l’analisi linguistica.

L’analisi del linguaggio

In un interessante nuovo studio, il linguaggio dei racconti di NDE è stato confrontato con i resoconti di esperienze indotte con sostanze psicotrope, per identificare quale sostanza causi l’esperienza più simile a una NDE. La cosa notevole è che il metodo si è rivelato davvero preciso. Anche se sono stati usati racconti soggettivi aperti, spesso riferiti anni dopo il fatto, l’analisi linguistica è riuscita a individuare non solo una classe specifica di sostanze, ma addirittura una singola sostanza specifica che causerebbe esperienze molto simili alle NDE.

Lo studio ha paragonato i racconti di 625 soggetti che avevano riferito esperienze di pre-morte con i resoconti di oltre 15.000 persone che avevano assunto una tra 165 diverse sostanze psicoattive. L’analisi linguistica dei loro racconti ha permesso di riscontrare somiglianze tra i ricordi di chi aveva vissuto esperienze di pre-morte e quelli di chi aveva assunto una classe specifica di sostanze. Una sostanza in particolare, la ketamina, portava a esperienze molto simili alle NDE. Ciò può significare che le esperienze di pre-morte sono il riflesso di cambiamenti nello stesso sistema chimico del cervello su cui agiscono sostanze come la ketamina.

Modello della struttura di una molecola di ketamina (© SPL/AGF)

I ricercatori sono partiti da una grande raccolta di racconti di esperienze di pre-morte messa insieme nel corso di molti anni. Per paragonare le NDE alle esperienze legate all’assunzione di sostanze psicotrope hanno usato Erowid Experience Vaults, un sito che raccoglie descrizioni in prima persona di esperienze con droghe e sostanze varie.

Ê stato quindi effettuato un confronto linguistico tra i due tipi di racconti, scomponendo ciascuno di essi in parole singole, che poi sono state classificate in base al significato e contate. In questo modo i ricercatori hanno potuto paragonare il numero di volte che venivano usate parole con lo stesso significato e poi hanno usato questa analisi numerica dei contenuti per confrontare i contenuti delle esperienze legate all’assunzione di droghe e quelli delle NDE.

Ciascuna delle sostanze usate era classificabile in base alla capacità di interazione con uno specifico sistema neurochimico cerebrale e ciascuna rientrava in una specifica categoria (antipsicotico, stimolante, sostanza psichedelica, tranquillante o sedativo, ad azione dissociativa o allucinogena).

Sono state rilevate poche somiglianze tra i racconti legati a una sostanza stimolante e quelli legati a un’altra della stessa classe e quasi nessuna somiglianza tra i racconti legati all’uso di sostanze stimolanti e le NDE. Altrettanto si è riscontrato con i tranquillanti. Le storie associate agli allucinogeni, invece, erano molto simili tra loro, così come quelle legate agli antipsicotici e ad azione dissociativa.

Un gruppo di sostanze

Quando i racconti degli effetti delle droghe sono stati paragonati a quelli delle NDE, le storie legate a sostanze allucinogene e psichedeliche sono risultate quelle con maggiori somiglianze, e tra queste la sostanza che più spiccava era un allucinogeno, la ketamina.

La parola in assoluto che ritornava più spesso nelle descrizioni sia di NDE sia di esperienze con ketamina era la parola “realtà”, a sottolineare il senso di presenza che accompagna le esperienze di pre-morte. Altre parole molto ripetute in entrambe le esperienze erano quelle legate alla percezione (visto, colore, voce, visione), al corpo (viso, braccio, piede), alle emozioni (paura) e alla trascendenza (universo, comprensione, coscienza).

Successivamente, i ricercatori hanno diviso le parole in cinque grandi gruppi principali in base al loro significato comune: percezione e coscienza, tossicodipendenza, sensazioni negative, preparazione delle droghe e infine un gruppo che comprendeva malattia, religione e rito.

Le NDE riflettevano tre di queste componenti, cioè percezione e coscienza, religione, rito e malattia, e preparazione delle droghe. La componente legata a percezione e coscienza, etichettata “Vista/Sé”, comprendeva termini come colore, visione, schema, realtà e volto. La componente “Malattia/Religione” comprendeva elementi come ansia, rito, coscienza e sé, mentre la componente legata alla preparazione di droghe, “Fare/Cose” comprendeva elementi come preparare, bollire, odore e rito. Ancora una volta, in questo tipo di analisi la ketamina ha mostrato la maggiore sovrapposizione con le esperienze di pre-morte.

Altre sostanze che causano esperienze simili alle NDE comprendono LSD e N,N-dimetiltriptammina (DMT). Il noto allucinogeno LSD era altrettanto simile alle esperienze di pre-morte della ketamina quando l’episodio era causato da un arresto cardiaco. La DMT, un allucinogeno che si trova in alcune piante del Sud America ed è usato nei riti sciamanici, causa esperienze simili alle NDE ed è sintetizzata anche nel cervello, il che ha portato a ipotizzare che la DMT endogena possa spiegare le esperienze di pre-morte. Tuttavia non si sa se i livelli di DMT nel cervello umano cambino in modo significativo in prossimità della morte, perciò il ruolo che può avere in questo fenomeno è ancora controverso.

Questo studio presenta evidenti punti deboli, perché si basa su resoconti del tutto soggettivi delle esperienze di pre-morte, raccolti anche decenni dopo l’evento. Allo stesso modo, non è possibile confermare i resoconti di Erowid, perché non c’è modo di dimostrare che un certo individuo abbia assunto la sostanza che afferma o crede di aver assunto. Proprio per questo motivo, però, è ancora più straordinario che un’analisi linguistica di resoconti raccolti in questo modo sia stata in grado di distinguere tra diverse classi di sostanze e le loro somiglianze con le esperienze di pre-morte.

Il collegamento tra le NDE e l’esperienza dell’assunzione di ketamina è suggestivo, ma è ben lungi dal dimostrare che entrambe siano dovute a uno stesso evento chimico nel cervello. Le ricerca necessarie per dimostrare questa ipotesi, come la misurazione dei cambiamenti neurochimici in pazienti in condizioni critiche, porrebbe sfide sia tecniche che etiche.

Tuttavia gli autori propongono che questo collegamento possa tradursi in un’applicazione pratica: le NDE possono trasformare chi le vive e avere effetti profondi e duraturi, tra cui la perdita del timore nei confronti della morte; perciò gli autori suggeriscono che si potrebbe usare la ketamina a fini terapeutici nei pazienti terminali, per indurre uno stato simile a una NDE come “anteprima” di quello che forse li aspetta, al fine di alleviare la loro ansia di fronte alla morte. Bisogna soppesare questo beneficio contro i rischi dei potenziali effetti collaterali della ketamina, che comprendono stati di panico o di ansia estrema, effetti che possono annullare lo scopo dell’intervento.

La cosa più importante è che questo studio aiuta a descrivere le manifestazioni psicologiche della morte. Conoscerle potrebbe aiutare ad alleviare il timore del passaggio inevitabile più di una dose di qualsiasi sostanza.

L’autore
Robert Martone è un ricercatore esperto in neurodegenerazione.

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(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Scientific American” il 19 settembre 2019. Traduzione di Francesca Bernardis, editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

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