Il riscaldamento globale sta peggiorando l’inquinamento in Cina (e non solo)

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Il riscaldamento globale sta peggiorando l’inquinamento in Cina (e non solo)

Per la Cina, con le ondate di caldo, sarà sempre più difficile centrare i suoi obiettivi ambientali e climatici
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Il nuovo  studio “Impacts of climate change on future air quality and human health in China”, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences da un team di ricercatori della università Tsinghua di Pechino, della North Carolina State University e Potsdam-Institut für Klimafolgenforschung (PIK), dimostra che gli sforzi della Cina per contenere l’inquinamento atmosferico in Cina diventeranno sempre più difficili man mano che il pianeta si surriscalda. Una bruttissima notizia per il governo comunista del Paese che sta già affrontando gravi conseguenze per la salute causati da alti livelli di black carbon e smog.

Secondo gli scienziati, l’aumento delle ondate di caldo e dei periodi di aria stagnante derivanti dal riscaldamento globale peggioreranno l’attuale inquinamento atmosferico in gran parte della Cina che già soffoca per gli inquinanti dispersi nell’aria che causano ogni anno oltre 1 milione di morti premature.

Sono gli stessi autori dello studio, guidati da Chaopeng Hong, del Key Laboratory for Earth System Modeling del ministero dell’educazione della Cina e dell’università Tsinghua, ad avvertire che «Per i politici cinesi che lavorano per migliorare l’attuale qualità dell’aria e proteggere la salute pubblica, la nostra scoperta è una conclusione scoraggiante, che sottolinea la necessità di affrontare contemporaneamente le sfide della mitigazione dei cambiamenti climatici e della qualità dell’aria».

Per il governo cinese ridurre le emissioni di gas serra è diventata una priorità da quando la popolazione ha cominciato a protestare per l’inquinamento atmosferico venefico che ricopre le sue megalopoli per giorni, costringendo a blocchi del traffico, chiusure di fabbriche e cantieri e scuole.

Eppure, lo studio “Substantial changes in air pollution across China during 2015–2017” pubblicato su Environmental Research Letters nell’autunno 2018 aveva rilevato che, dal 2015 al 2017, le concentrazioni di particolato e anidride solforosa in Cina erano diminuite grazie ai provvedimenti del governo per ridurre l’inquinamento atmosferico, ma che le concentrazioni di ozono, alimentate dalle emissioni di auto, centrali elettriche e fabbriche chimiche che reagiscono con luce solare, erano aumentate. E da allora, il consumo di carbone nel Paese è tornato a crescere.

Il nuovo studio ha esaminato quali impatti avrà il peggioramento del riscaldamento globale sull’inquinamento atmosferico e sulla salute umana in Cina entro la metà del secolo e per farlo ha usato una combinazione di dati su clima, qualità dell’aria e modelli epidemiologici, partendo dall’ipotesi ottimistica che entro il 2050  i  Paesi del mondo avranno preso alcune misure per ridurre le emissioni globali di gas serra in  modo che l’aumento delle temperatura sia mantenuto entro circa 1,4 gradi Celsius. Ne è venuto fuori che, anche dentro i limiti di sicurezza dell’Accordo di Parigi, entro la metà del secolo, i cambiamenti climatici influirebbero negativamente sulla futura qualità dell’aria per oltre l’85% della popolazione cinese. Se i livelli di inquinamento non cambieranno, questo porterebbe a un aumento delle concentrazioni di polveri sottili e di ozono, che possono causare danni al cuore e ai polmoni, con ulteriori 21.000 morti precoci all’anno in Cina.

Il problema è che un altro studio, “Mid-21st century ozone air quality and health burden in China under emissions scenarios and climate change”, pubblicato a luglio su Environmental Research Letters,  ipotizzava emissioni di gas serra globali molto più elevate entro la metà del secolo, prevedendo molti decessi prematuri in più.

Il nuovo studio ha scoperto che «Il principale fattoreè la stagnazione dell’atmosfera legata al cambiamento climatico» e uno degli autori, Hans Joachim Schellnhuber direttore emerito del PIK, fa notare che «Le masse d’aria stagnanti sono in un certo senso le condizioni peggiori per l’inquinamento atmosferico che dobbiamo davvero affrontare. E’ un po’ come nel XIX  secolo, quando  ‘era lo smog di Londra, perché c’era una combinazione di inquinamento dai camini delle case a dalle fabbriche e l’altra cosa era le condizioni atmosferiche».

Nel 2013, quando Pechino e altre città della Cina furono avvolte da una cappa di smog venefico che venne chiamata “airpocalypse”, gli scienziati dissero subito che l’aria stagnante contribuiva all’accumulo di inquinamento atmosferico. In alcune parti della Cina orientale densamente popolata, le montagne favoriscono condizioni che rendono più facile per lo smog soffocare le città, quando sistemi di alta pressione e l’umidità interessano la regione. Il nuovo studio dimostra quanto sia grande il ruolo svolto da quelle stagnazioni atmosferiche.

Uno degli autori dello studio Qiang Zhang, che insegna ingegneria chimica all’università  Tsinghua  evidenzia che «I nostri risultati indicano che è probabile che i futuri cambiamenti climatici aumentino il rischio di gravi eventi di inquinamento in Cina. Iin un clima che cambia, la gestione della qualità dell’aria in Cina diventerà quindi più impegnativa».

Lo studio presenta la ricerca che collega lo smog in Cina  con i mutati modelli meteorologici causati dalla diminuzione dei ghiacci marini, il rapido riscaldanmento dell’Artico rispetto alle latitudini più basse e l’indebolimento del  monsone invernale, Insomma è la teoria del battito di ali della farfalla, d solo che le farfalle sono pi di una e sono molto grosse.

I ricercatori prevedono che il riscaldamento globale influirà anche in altre aree del mondo, compresi gli Usa «Ma rispetto agli Stati Uniti, prevediamo ll’incirca un ordine di grandezza in più termini di decessi causati dall’inquinamento atmosferico in Cina», dicono gli scienziati.

Commentando lo studio, Ranping Song, developing country climate action manager del World Resources Institute. del World Resources, ha detto che «I risultati sottolineano l’urgenza con cui la Cina e gli altri Paesi devono ridurre le emissioni di gas serra e di altri inquinanti. Abbiamo sempre saputo delle sinergie e dei benefici collaterali della lotta ai cambiamenti climatici e per la qualità dell’aria, ma ora sappiamo che, se si vuole affrontare la sola qualità dell’aria, senza affrontare i cambiamenti climatici, sarà una sfida molto impegnativa, perché le due crisi vanno di pari passo».

Con la firma dell’Accordo di Parigi, la Cina si è impegnata a raggiungere il picco delle emissioni entro il 2030 e Schellnhuber conclude: «Dato il ruolo svolto dal clima per la salute, i responsabili politici potrebbero voler aumentare i propri obiettivi di riduzione dei gas serra. Poiché ci sono questi effetti esacerbanti, la Cina dovrebbe cercare di raggiungere molto prima il picco delle sue emissioni, invece che al 2030. Ovviamente può ridurre l’inquinamento atmosferico, ma dato il fattore esacerbante del riscaldamento globale, la Cina dovrebbe anche fare tutto il possibile per ridurre le emissioni di gas serra».

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