La sismicità storica dei Campi Flegrei

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La sismicità storica dei Campi Flegrei

di Flora Giudicepietro, Patrizia Ricciolino e Anna Tramelli
ingvvulcani.wordpress.com

I Campi Flegrei sono una caldera ovvero una struttura vulcanica originatasi a seguito di una grande eruzione (probabilmente quella dell’Ignimbrite Campana avvenuta circa 40.000 anni fa) che ha parzialmente svuotato un’estesa camera magmatica superficiale, provocando il collasso delle rocce sovrastanti. La sismicità dei Campi Flegrei è intrinsecamente collegata alla dinamica della caldera e cioè all’attività dell’area vulcanica.

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Figura 1 – Veduta del litorale flegreo dalla spiaggia di Bagnoli.

In generale, i terremoti avvengono a causa della rottura delle rocce litosferiche sotto l’azione di un campo di sforzo, dovuto a processi geodinamici che agiscono su vasta scala. Nelle zone vulcaniche, invece, si creano dei campi di sforzo che agiscono a livello locale e che controllano la sismicità vulcanica, dovuti alla pressione dei fluidi in profondità e al peso dell’edificio e delle rocce che si trovano al di sopra dei serbatoi magmatici.

Alla presenza di un campo di sforzo locale concentrato nell’area vulcanica si associa, in genere, abbondanza di fluidi nel sottosuolo (acqua e gas) e la presenza di fratture e faglie formatesi durante precedenti fasi di attività del vulcano. Lungo queste fratture si può sviluppare sismicità a causa dell’aumentata pressione dei fluidi al loro interno, che ha l’effetto di favorirne la propagazione, generando, così, piccoli terremoti.  Tutto questo accade anche ai Campi Flegrei, dove la sismicità varia nel tempo diventando più frequente nei periodi in cui si verificano significative deformazioni del suolo.

Ricerche storiche hanno rivelato che anche nel passato l’area flegrea, dove fin dall’antichità si sono sviluppate popolose città come Napoli (figura 1), Pozzuoli e Cuma, è stata interessata da terremoti locali, in certi casi distruttivi, non solo per il livello di intensità, ma anche per l’effetto cumulativo sulle abitazioni del susseguirsi di numerosi eventi. In particolare, è documentata un’intensa attività sismica iniziata intorno al 1470, diversi  decenni prima dell’eruzione di Monte Nuovo, ultima eruzione dei Campi Flegrei avvenuta nel 1538. Numerosi documenti dell’epoca permettono di evidenziare anche un forte sollevamento del suolo iniziato decenni prima dell’eruzione, che si è accentuato sempre più con l’approssimarsi dell’evento eruttivo, tanto che sono sorte dispute sull’attribuzione della proprietà di nuove terre emerse dal mare.

I terremoti di quel periodo sono stati spesso distintamente avvertiti a Napoli. Si ha notizia di terremoti avvenuti dopo l’eruzione di Monte Nuovo, a partire dal 1564. Questa fase di sismicità è culminata con il terremoto del 1582, tra gli eventi maggiori dell’area, che probabilmente ha prodotto danni anche a Napoli. Dall’inizio del ‘600 sembra che l’area flegrea, ormai soggetta ad un lento abbassamento del suolo, non abbia manifestato sismicità avvertibile fino alla metà del ‘900, ad eccezione di un evento sismico isolato, avvertito a Pozzuoli nel 1832,  che ha provocato qualche danno locale.

Intorno al 1950 i Campi Flegrei hanno iniziato a manifestare una prima fase di sollevamento (circa 73 cm) (figura 2) che si è verificata in assenza di significativa sismicità. Ancora, tra il 1968 e il 1972, una nuova fase di intenso sollevamento del suolo (circa 177 cm)  ha interessato l’area flegrea accompagnata da una modesta sismicità che non ha prodotto danni ai centri urbani. Il fenomeno del lento movimento del suolo ai Campi Flegrei è anche noto con il nome di bradisismo ed è caratteristico dell’area (figura 2).

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Figura 2 – I movimenti verticali del suolo dei Campi Flegrei misurati al caposaldo 25A della rete di livellazioni dell’Osservatorio Vesuviano INGV (asterischi rossi) e ricostruzione degli stessi movimenti del pavimento del Serapeo di Pozzuoli, famoso sito archeologico simbolo del bradisismo flegreo e luogo fondamentale per la nascita della moderna geologia. Le barre verticali di colore celeste indicano i periodi di sismicità. In basso è riportato il numero di terremoti registrato nelle due crisi di sismicità nei periodi 1970-72 e 1982-85.

Più di recente, un periodo di intensa attività sismica si è avuto tra il 1982 e il 1985 quando una crisi di bradisismo ha prodotto un sollevamento del suolo di circa 179 cm, con un tasso di incremento che ha raggiunto 1 cm al giorno nei momenti di maggiore intensità del fenomeno. Questa fase è stata accompagnata da circa 16.000 terremoti, la cui magnitudo non ha superato il valore di 4.0. Tuttavia, questa crisi sismica ha prodotto gravi danni alle abitazioni, soprattutto nella zona centrale della città di Pozzuoli, e ha richiesto l’allontanamento della popolazione. Infatti, anche se i terremoti che si registrano nelle aree vulcaniche hanno in genere modesta magnitudo, nell’area epicentrale l’intensità (espressa dalla scala Mercalli, che è basata sugli effetti del terremoto) può essere tutt’altro che trascurabile, a causa della superficialità degli ipocentri. Questa caratteristica rende potenzialmente pericolosi, sia pure per una ristretta area, terremoti di magnitudo relativamente piccola. Così, nel 1984 la “zona A” dell’abitato di Pozzuoli (quella più colpita dai terremoti), è stata evacuata mentre nasceva il progetto della “nuova Pozzuoli”, ovvero l’insediamento di Monterusciello.

Fortunatamente, nel 1985 la crisi ha iniziato a rallentare… L’ARTICOLO CONTINUA QUI

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