Erano gigantesche e ben nascoste le galassie attive primordiali

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Erano gigantesche e ben nascoste le galassie attive primordiali

Osservate per la prima volta le galassie molto massicce e lontanissime in cui la produzione di stelle, solo uno o due miliardi di anni dopo il big bang, procede a ritmo serrato
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Hanno una massa di circa 40 miliardi di Soli e producono circa 200 stelle all’anno. Le galassie giganti e molto attive dell’universo primordiale erano rimaste finora nascoste dietro una fitta coltre di polveri, dove neanche l’occhio del telescopio spaziale Hubble poteva penetrare.

C’è voluta la potenza di diversi osservatori a Terra combinati tra loro per scoprirne 39, e ricavare così una testimonianza unica dei primi due miliardi di anni di vita del cosmo dopo il big bang. E il risultato, descritto in un articolo pubblicato sulla rivista “Nature” da Kotaro Kohno dell’Università di Tokyo, in Giappone, e colleghi di una collaborazione internazionale, potrebbe portare a rivedere gli attuali modelli sulla formazione delle galassie e la storia dell’universo.

La schiera di radiotelescopi di ALMA (Image 2019 Kohno et al.)

Kohno e colleghi sapevano che queste galassie primordiali dovevano essere lì da qualche parte, negli angoli più remoti del cielo osservabile. Per effetto dell’espansione dell’universo e del fatto che la luce ha una velocità limitata, gli oggetti che appaiono più lontani nello spazio sono quelli temporalmente più vicini al big bang. E la luce che emettono questi oggetti remoti e primordiali è quella che subisce un redshift – o spostamento verso il rosso, dovuto all’effetto Doppler – più intenso.

Ora, nel quadro delle osservazioni di oggetti con elevato redshift c’è una relativa abbondanza di galassie massicce ma inattive, quiescenti. In base ai modelli teorici, tuttavia, mancavano all’appello le loro progenitrici, dove la produzione di stelle procede a un ritmo serrato, avvolta nelle polveri interstellari. Ma  per avere una conferma sperimentale occorreva superare un ostacolo tecnico.
“La luce di queste galassie è molto debole e ha una lunghezza d’onda molto ampia, invisibile ai nostri occhi e impossibile da rilevare per Hubble”, ha spiegato Kohno. “Per questo ci siamo rivolti ad ALMA, l’ideale per osservare questo tipo di oggetti”.

ALMA, acronimo di Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA), è una schiera di 66 radiotelescopi situati nel deserto di Atacama, a 5000 metri di quota delle Ande cilene. Sensibile alle lunghezze d’onda submillimetriche, ha permesso di scrutare attraverso le polveri e di arrivare alla scoperta: 39 galassie distanti giganti e attive, che producono intensamente nuove stelle, in un’epoca compresa tra uno e due miliardi di anni dall’inizio dell’universo. I dati sono poi stati incrociati con quelli di un altro osservatorio cileno, il Very Large Telescope, fino a ottenere la conferma che si trattasse di oggetti mai osservati finora.

Il problema ora è che,sulla base dei risultati di Kohno e colleghi, le galassie progenitrici forse sono troppe. In altri termini, le simulazioni al computer dell’universo primordiale indicano una quantità di galassie massicce troppo limitata per spiegare i dati di ALMA. Per risolvere la discrepanza bisognerà attendere un censimento più ampio e dettagliato di questi oggetti appena scoperti.

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