17 paesi, dove vive un quarto della popolazione mondiale, stanno affrontando uno stress idrico estremamente elevato

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17 paesi, dove vive un quarto della popolazione mondiale, stanno affrontando uno stress idrico estremamente elevato

Italia 44esima e San Marino 11esima sono ad alto rischio di stress idrico. Crisi idriche una volta impensabili stanno diventando la nuova normalità
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L’acqua non segue i confini nazionali stabiliti dall’uomo i fiumi attraversano i Paesi e un’alluvione può colpire ovunque, per questo la maggior parte delle informazioni relative all’acqua vengono raccolte a livello di bacino o sub-bacino, ma le decisioni politiche necessarie per combattere lo stress idrico, come i limiti di prelievo, il trattamento delle acque reflue e i prezzi per l’acqua potabile, industriale e agricola  avvengono soprattutto a livello nazionale, statale o provinciale.

Quindi, i dati per spartiacque sono più utili per uno scienziato che per un politico e questo è un bel problema per che vuole fare politiche idriche basate sui migliori dati disponibili sui rischi idrici. Per favorire questo processo, il World resource institute (Wri) produce stime nazionali e subnazionali dello stress idrico, della siccità e dei rischi di alluvione che possono aiutare i responsabili politici a comprendere meglio l’esposizione del loro Paese al rischio idrico.

Un rischio sempre più diffuso e visibile: attualmente i bacini idrici di Chennai, la sesta città dell’India, sono quasi asciutti. Nel 2018 a Città del Capo si è evitato per un soffio il “Day Zero” dell’erogazione di acqua. Senza andare tanto lontano, nel 2017 Roma è stata costretta a razionare l’acqua. Secondo il Wri, «Le ragioni di queste crisi sono molto più profonde della siccità: attraverso nuovi modelli idrologici abbiamo scoperto che i prelievi idrici a livello globale sono più che raddoppiati dagli anni ’60 a causa della crescente domanda  e non mostrano segni di rallentamento».

Ora i nuovi dati di Aqueduct tools del Wri rivelano che «17 Paesi (Qatar, Israele, Libano, Iran, Giordania, Libia, Kuwait, Arabia Saudita, Eritrea, Emirati Arabi Uniti, San Marino, Bahrein, India, Pakistan, Turkmenistan, Oman, Botswana)  che ospitano un quarto della popolazione mondiale, stanno affrontando livelli “estremamente elevati” di stress idrico di base, dove l’agricoltura irrigua, le industrie e i comuni emungono in media ogni anno oltre l’80% della loro disponibilità. 44 Paesi (classifica chiusa dall’Italia), che ospitano un terzo della popolazione del mondo, affrontano livelli “elevati” di stress, dove in media ogni anno viene emunta più del 40% dell’offerta disponibile».  I ricercatori del Wri sottolineano che «Un divario così stretto tra domanda e offerta rende i Paesi vulnerabili a fluttuazioni come siccità o maggiori prelievi d’acqua, motivo per cui stiamo vedendo sempre più comunità che devono far fronte ai loro  “Day Zero” e ad altre crisi».

Lo stress idrico rappresenta una grave minaccia sia per la vita umana che per i mezzi di sussistenza  e la stessa stabilità economica e al Wri avvertono che «E’ destinato a peggiorare a meno che i paesi non agiscano: la crescita della popolazione, lo sviluppo socioeconomico e l’urbanizzazione stanno aumentando la domanda di acqua, mentre i cambiamenti climatici possono rendere più variabili le precipitazioni e la domanda».

Alcuni di questi impatti, che si manifestano in tutto il mondo, sono già visibili e il Wri presenta 4 trend che emergono dai dati tendenze che stiamo vedendo nei dati di Aqueduct:

Il Medio Oriente e il Nord Africa (MENA) è la regione più idricamente stressata  della Terra: 12 dei 17 Paesi a maggiore stress idrico sono nel MENA, una regione calda e siccitosa dove la risorsa idrica è bassa in partenza, ma la crescita di domanda di acqua ha spinto i Paesi verso lo stress idrico estremo. I cambiamenti climatici complicheranno ulteriormente le cose: la Banca mondiale ha scoperto  che questa regione ha le maggiori perdite economiche attese per scarsità d’acqua legata al clima, stimata al 6-14% del PIL entro il 2050. Quasi i tre quarti degli abitanti dei Paesi arabi vivono al di sotto della soglia di penuria idrica stabilita in 1.000 m3 all’anno e circa la metà vivono in una situazione di carenza idrica estrenma, con meno di 500 m3, soprattutto in Egitto e Libia. Eppure, anche nel MENA ci sono opportunità non sfruttate per aumentare la sicurezza idrica: «Circa l’82%  delle acque reflue della regione non viene riutilizzato – dicono i ricercatori Wri – sfruttando questa risorsa si potrebbe produrre una nuova fonte di acqua pulita». In Medio Oriente stanno già energendo i Paesi leader nel trattamento e nel riutilizzo: l’Oman, al 16esimo posto della classifica Wri del Paesi ad elevatissimo stress idrico, tratta il 100% delle sue acque reflue raccolte e ne riutilizza il 78%. Circa l’84% di tutte le acque reflue raccolte nei   paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti) viene trattato a livelli di sicurezza, ma solo il 44% viene riutilizzato.

La situazione in India è ancora più preoccupante di quello che sembra e va b ben oltre la sete di Chennai. Nel 2018,  l’agenzia governativa National institution for transforming India (Niti – Aayog) ha denunciato «Il Paese sta soffrendo la peggiore crisi idrica della sua storia, e milioni di vite umane e mezzi di sussistenza sono in pericolo».nella classifica Wri l’India è al 13esimo posto per lo stress idrico complessivo e ha più di tre volte la popolazione degli altri 17 Paesi estremamente stressati messi insieme.

I nuovi dati di Aqueduct comprendono per la prima volta sia lo stress idrico superficiale che quello delle falde e sottolineano che «Oltre a fiumi, laghi e corsi d’acqua, le risorse idriche sotterranee dell’India sono gravemente emunte, in gran parte per fornire acqua per l’irrigazione. Dal 1990 al 2014, le falde acquifere in alcuni bacini acquiferi settentrionali sono diminuite di oltre 8 centimetri all’anno.

L’India sta iniziando a prendere provvedimenti essenziali per mitigare lo stress idrico e ha istituito il ministero  Jal Shakti, che riunisce tutte le competenze idriche, proprio per dare priorità a tutti i problemi relativi all’acqua, inclusi approvvigionamento, acqua potabile e servizi igienico-sanitari. Al Wri sottolineano che «Altre soluzioni che il Paese potrebbe perseguire includono un’irrigazione più efficiente; la conservazione e il ripristino di laghi, pianure alluvionali e aree di ricarica delle acque sotterranee e la raccolta e stoccaggio di acqua piovana».

Esistono sacche di stress idrico estremo anche in Paesi con basso stress idrico complessivo e al Wri fanno notare che «Sebbene sia utile per i politici comprendere e agire sullo stress idrico a livello nazionale, l’acqua è una questione intrinsecamente locale. Ecco perché, oltre a classificare lo stress idrico dei Paesi, Aqueduct include dati a livello subnazionale e sub-spartiacque. E’ chiaro che anche nei Paesi con un basso stress idrico complessivo, le comunità potrebbero ancora sperimentare condizioni estremamente stressanti». Ad esempio, il Sudafrica e gli Usa si collocano rispettivamente al 48esimo e al 71esimo posto nella classifica Wri, ma in Sudafrica la provincia del  Western Cape e negli Usa lo Stato del New Mexico hanno livelli di stress estremamente elevati. Le popolazioni di questi due Stati devono far fronte a una carenza idrica simile a quelle di Stati ad alevatissimo stress idrico.

I ricercatori ricordano che «Lo stress idrico è solo una dimensione della sicurezza idrica. Come ogni sfida, le sue prospettive dipendono dalla gestione. Anche i Paesi con uno stress idrico relativamente elevato hanno garantito le loro forniture idriche attraverso una corretta gestione.

Certo avere a disposizione fiumi di petrodollari aiuta: l’Arabia Saudita, all’ottavo posto della classifica dello o stress idrico, ha avviato il nuovo programma  Qatrah (gocciolina in arabo) che stabilisce obiettivi di conservazione dell’acqua e punta a ridurre il consumo di acqua del 43% entro il prossimo decennio. Ma anche la povera (e ricca di risorse minerarie) Namibia, uno dei paesi più aridi del mondo, negli ultimi 50 anni ha  trasformato le acque reflue in acqua potabile e la ricca Australia ha  quasi dimezzato  l’utilizzo di’acqua per usi domestici per evitare il proprio Day Zero durante la Millennium Drought. Il water-trading scheme australiano, il più grande al mondo, consente un’allocazione intelligente dell’acqua tra gli utenti a fronte di forniture variabili.

Al Wri sono convinti che «In qualsiasi area geografica, lo stress idrico può essere ridotto con misure che vanno dal buon senso a quelle più all’avanguardia. Ci sono innumerevoli soluzioni», ma i ricercarori propongono tre delle più semplici:

1. Aumentare l’efficienza agricola:  il mondo deve fare in modo che ogni goccia d’acqua non vada sprecata  nei suoi sistemi alimentari. Gli agricoltori possono utilizzare semi che richiedono meno acqua e migliorare le loro tecniche di irrigazione utilizzando l’irrigazione di precisione anziché inondare i loro campi. I finanziatori possono fornire capitali per investimenti nella produttività idrica, mentre gli ingegneri possono sviluppare tecnologie che migliorano l’efficienza in agricoltura. E i consumatori possono ridurre la perdita e lo spreco di cibo, che  utilizza un quarto di tutta l’acqua agricola.

2. Investire nelle infrastrutture grigie e verdi:  i nuovi dati di Aqueduct mostrano che lo stress idrico può variare enormemente nel corso dell’anno. La ricerca della Wri  e della Banca mondiale mostra  che le infrastrutture costruite (come tubi e impianti di trattamento) e le infrastrutture verdi (come zone umide e bacini idrici sani) possono lavorare in tandem per affrontare le questioni sia dell’approvvigionamento idrico che della qualità dell’acqua.

3. Trattare, riutilizzare e riciclare:  dobbiamo smettere di pensare alle acque reflue come rifiuti. Trattarle e riutilizzarle crea una “nuova” fonte d’acqua. Nelle acque reflue ci sono anche risorse utili che possono essere raccolte per aiutare a ridurre i costi di trattamento delle acque. Ad esempio, gli impianti di Xiangyang, in Cina e di  Washington DC riutilizzano o vendono i sottoprodotti ricchi di energia e sostanze nutritive estratti durante il trattamento delle acque reflue.

Al Wri concludono: «I dati sono chiari: per l’acqua ci sono innegabilmente tendenze preoccupanti. Ma agendo ora e investendo in una migliore gestione, possiamo risolvere i problemi idrici per il bene delle persone, delle economie e del pianeta».

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