L’Eruzione di Vulcano del 1444 è una interpretazione arbitraria del manoscritto Voynich

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L’Eruzione di Vulcano del 1444 è una interpretazione arbitraria del manoscritto Voynich

di Cecilia Ciuccarelli, M. Giovanna Bianchi, Dante Mariotti e Alberto Comastri
ingvvulcani.wordpress.com

“È stato decifrato finalmente il manoscritto Voynich!”. Questa la notizia che il 15 maggio 2019 le agenzie e i giornali italiani hanno ripreso e pubblicato e che ha del sensazionale per la (ristretta) comunità di linguisti, paleografi, crittografi e storici e per la (vasta) platea di appassionati del cosiddetto “enigma Voynich”, considerato da decenni il “manoscritto più misterioso del mondo”.

Perché ne parliamo qui? Secondo lo studio che avrebbe portato alla decodifica del codice, pubblicato nella rivista Romance Studies da Gerard Cheshire, studioso dell’Università di Bristol, una mappa illustrata contenuta nel manoscritto rappresenterebbe un’eruzione del cratere di Vulcanello, a nord dell’isola di Vulcano, cominciata la sera del 4 febbraio 1444. Non solo. La mappa descriverebbe anche la straordinaria missione di salvataggio dei sopravvissuti via nave, guidata nientemeno che dalla regina reggente, Maria di Castiglia (1401-1458).

Cheshire propone un’altra suggestiva ipotesi: nella mappa sarebbero rappresentate anche le isole vulcaniche di Lipari e di Ischia con il suo castello aragonese, dove, a suo parere e senza alcuna argomentazione storico-critica, il codice sarebbe stato scritto da una anonima suora domenicana, che lo avrebbe dedicato alla stessa regina Maria.

Vulcano, Vulcanello, Lipari, Ischia. Ben presto, insieme al clamore della scoperta, sono emersi da parte di numerosi studiosi dubbi sulla validità di questa interpretazione.

Se fosse veramente come descritto da Cheshire, il famoso manoscritto Voynich sarebbe la straordinaria fonte coeva, iconografica e insieme scritta, dell’eruzione del 1444, una rappresentazione “in diretta” del vulcano in eruzione e di un intervento di soccorso dalle connotazioni moderne, che vedrebbe in prima linea addirittura la massima autorità istituzionale del regno aragonese. Avremmo una fonte coeva e i dettagli topografici e fenomenologici di una eruzione già conosciuta in vulcanologia solo sulla base di una scarna testimonianza cinquecentesca.

Tuttavia, l’eccezionalità della fonte e le perplessità di molti specialisti richiedono un’analisi e una valutazione attenta da parte di chi studia le eruzioni del passato e ne elabora i dati affinché siano utilizzati in ambito vulcanologico. È ciò che fa la vulcanologia storica, una disciplina che in Italia ha le sue radici in testi eruditi risalenti al Seicento, e che oggi, come la sismologia storica per i terremoti, attraverso lo studio delle eruzioni del passato, fa luce su eventi, che in quanto rari non possono essere conosciuti solo con i metodi e le osservazioni strumentali attuali.

I dati storici in vulcanologia sono usati per comprendere meglio il comportamento eruttivo di un vulcano e conoscerne l’eventuale fenomenologia connessa, sono utilizzati per delineare gli effetti di danno contribuendo così alla definizione degli scenari di pericolosità, e servono, anche se solo per la limitata epoca storica, come riferimenti cronologici per i dati di terreno. Come qualunque altro dato storico, le informazioni devono però essere il risultato di una analisi diretta delle fonti condotta con rigoroso metodo storico, che tenga conto anche della critica e della storiografia.

I dati dello studio di Cheshire e la sua interpretazione del manoscritto Voynich possono dunque essere recepiti in vulcanologia, anche alla luce delle critiche e delle perplessità subito emerse?

Il manoscritto deve il suo nome al mercante di libri polacco Wilfrid Voynich (1865-1930) che nel 1912 lo acquistò in gran segreto nel collegio gesuitico di Villa Mondragone, vicino a Frascati ed è oggi conservato a New Haven, nel Connecticut, nella Beinecke Rare Book and Manuscript Library della Yale University (codice 408, consultabile online). Tutto di questo manoscritto è molto enigmatico: la sua scrittura, la sua origine e la sua storia testuale. Vergato in una ordinata e bella grafia, apparentemente alfabetica, senza alcuna cancellatura o segno grafico che faccia pensare a ripensamenti o correzioni, e mai finora decodificata, il manoscritto è ricco di illustrazioni raffiguranti piante quasi mai riconoscibili, scene di balneazioni femminili e mappe apparentemente cosmologiche ma indecifrabili (figura 1).

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Figura 1 – Particolare dell’enigmatica scrittura priva di cancellazioni, correzioni e punteggiatura del manoscritto Voynich (Beinecke Library, ms. 408, f. 10r).

I tentativi di comprensione e decifrazione del testo risalgono almeno al 1665, quando il medico ceco Jan Marek Marci (1595-1667) inviò il manoscritto a Roma al gesuita tedesco Athanasius Kircher (1602-1680), eclettico erudito noto agli studiosi e agli appassionati di Scienze della Terra per la sua opera Mundus Subterraneus (1678), in cui descrisse e rappresentò la storia e la struttura interna del globo e della crosta terrestre in base alle conoscenze dell’epoca. Quasi duecentocinquant’anni di silenzio avvolgono il manoscritto, perché, tra l’invio a Kircher e l’acquisto di Voynich, se ne perdono completamente le tracce.

Dal 1912 in poi, però, diventa uno dei manoscritti più studiati al mondo: la sua scrittura è stata oggetto di analisi da parte di innumerevoli specialisti di varie discipline umanistiche (linguisti, paleografi, filologi, medievisti) ed esaminato senza successo dai più autorevoli esperti di crittografia, tra cui tecnici dell’Fbi e della Cia e non decriptato dalla macchina ideata da Alan Turing (1912-1954) per la decifrazione del Codice Enigma, utilizzato dai nazisti per messaggi cifrati durante la seconda guerra mondiale. Umberto Eco (1932-2016), semiologo prima che scrittore, nel 2013 si recò appositamente alla Beinecke Library per visionare in originale il manoscritto Voynich. Tuttavia, non si è finora riusciti neanche a individuare con certezza chi, dove e perché abbia composto il manoscritto.

In estrema sintesi… L’ARTICOLO CONTINUA QUI

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