Il Giappone riprende la caccia alle balene dopo 31 anni, mentre l’Islanda la sospende dopo 17, anche se… i motivi non sono affatto nobili

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Il Giappone riprende la caccia alle balene dopo 31 anni, mentre l’Islanda la sospende dopo 17, anche se… i motivi non sono affatto nobili

Nonostante decenni sotto protezione, diverse specie sono ancora fortemente a rischio: tra queste, segnala l’International Union for Conservation of Nature, ci sono varie specie di balenottere e balene franche. L’Islanda invece sospende ( per un anno?) la caccia, ma i motivi potrebbero non essere così nobili
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Il Giappone riprende la caccia alle balene a scopi commerciali, dopo 31 anni di interruzione. Due baleniere hanno lasciato in queste ore il porto di Shimonoseki, nel sud dell’arcipelago, dopo che Tokyo ha formalmente lasciato la Commissione Internazionale per la Caccia alle Balene (Iwc), decisione annunciata alla fine dello scorso anno. Altre cinque imbarcazioni per la caccia alle balene hanno preso il mare da Kushiro, nell’isola settentrionale di Hokkaido.


Il ministero giapponese dell’Agricoltura, delle Foreste e della Pesca ha fissato una quota di 227 balene cacciabili fino a fine 2019, per evitare un forte impatto sulle risorse cetacee: nella quota sono comprese 52 balene Minke, 150 balenottere di Bryde (detta anche di Eden) e 25 balene sei, la balenottera boreale. “Da oggi”, ha dichiarato il ministro, Takamori Yoshikawa, “chiedo ai cacciatori di cacciare le balene in osservanza della quota e puntare a un ritorno di questa industria della caccia alla balena”.

Nonostante i 31 anni di interruzione, il Giappone aveva comunque continuato a praticare la caccia alle balene per scopi scientifici, una scelta che aveva suscitato polemiche internazionali da parte degli ambientalisti. Secondo le indicazioni fornite a dicembre scorso dal portavoce del governo, Yoshihide Suga, la caccia alle balene sarà permessa solo nelle acque territoriali e nella zona economica esclusiva del Giappone, mentre sarà vietata nelle acque dell’Antartide e nell’emisfero australe.

La ripresa da parte del Giappone della caccia alle balene per scopi commerciali mette sotto pressione la popolazione di cetacei nel mondo, già minacciata non solo dalla pesca ma anche dalla cattura accidentale nelle reti nonché dal cambiamento climatico.

Nel contempo una buona notizia arriva dall’Islanda dove, dopo 17 anni, si è deciso di fermare la caccia alle balene. Ad annunciarlo le due principali baleniere dell’isola.

Le motivazioni alla base di questa decisione non sono però proprio quelle che ci si aspetterebbe, ovvero la presa di coscienza di quanto questo sterminio sia poco etico. Lo stop alla caccia alle balene è stato deciso per l’estate 2019 in quanto mette a rischio il turismo ed è considerato troppo costoso. Alla base, dunque, preoccupazioni di tipo commerciale. Il turismo dell’Islanda stava risentendo troppo della situazione affondando l’economia del paese.

Le balene infatti sono una delle grandi attrattive turistiche dell’Islanda e non è un caso che, proprio quando la Hvalur, la compagnia islandese più nota del paese specializzata nella caccia alle balene, non ne ha uccisa nessuna (parliamo del 2016), il turismo è cresciuto del 38%.

Come ha spiegato anche il noto ambientalista e attore della serie tv Downton Abbey, Peter Egan, in un tweet: “uccidere questi esemplari ferisce il turismo incentrato sugli avvistamenti di balene che produce il doppio del profitto rispetto all’industria della caccia”.

Iceland is plunging faster than a harpooned great whale, sinking the national economy Whaling harpoons Icelandic tourism & the whole nation suffers https://www.animals24-7.org/2019/06/27/whaling-harpoons-icelandic-tourism-the-whole-nation-suffers/ 

Whaling harpoons Icelandic tourism & the whole nation suffers

Killing whales wounds a whale-watching industry that brings in twice as much money             REYKJAVIK, Iceland––Tourism to Iceland is plunging faster than a harpooned great whale,  sinking the n…

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E’ stata proprio la Hvalur ad annunciare per prima lo stop a causa della mancanza di tempo tecnico per preparare la propria flotta (dovuto ai ritardi nella concessione dei permessi) ma adesso è arrivata anche la rinuncia da parte dell’altra baleniera che opera nei mari islandesi, la IP-Utgerd, che si dedicherà quest’anno alla raccolta dei cetrioli di mare. Come hanno dichiarato gli alti funzionari della compagnia, si è deciso di non intraprendere la caccia a causa dell’estensione della zona vietata che avrebbe costretto le barche ad andare molto più a largo aumentando i costi dell’operazione.

La fine del crudele sterminio dei cetacei era stato interrotto in precedenza solo nel 2002 per un anno, riprendendo poi nel 2003 violando la moratoria della Commissione internazionale per la caccia alle balene che vuole proteggere questi animali dal rischio estinzione.

Qualunque siano i reali motivi dello stop, almeno per un anno le balene in Islanda tireranno un sospiro di sollievo! E speriamo che anche in futuro questi cetacei saranno liberi di nuotare nel mare senza pericoli.

Nonostante decenni sotto protezione, diverse specie sono ancora fortemente a rischio: tra queste, segnala l’International Union for Conservation of Nature, ci sono varie specie di balenottere e balene franche.

Balenottera azzurra: con oltre 33 metri di lunghezza e più di 150 tonnellate di peso, è il più grande animale vivente sulla Terra. Di recente è stata stimata una popolazione mondiale tra i 5 mila e i 15 mila esemplari.

Balenottera boreale: Con i suoi 20 metri di lunghezza e 50 tonnellate di peso, è la terza in ordine di grandezza tra le balenottere. è anche tra i cetacei più veloci: raggiunge i 50 chilometri orari. La popolazione è stimata in 50 mila esemplari.

Balena franca Nord Atlantica: Era la preferita dai cacciatori di balene per la quantità di grasso e la sua tendenza a stare vicino alle coste. Oggi ne sopravvivono circa 400 esemplari nell’Oceano atlantico nord-occidentale, mentre in quello nord-orientale è di fatto considerata estinta.

Balena franca Nord Pacifico: concentrate nel mare di Bering e nel Golfo dell’Alaska, secondo alcune stime ne potrebbero rimanere in vita solo poche decine. Secondo il Center for Biological Diversity, è la specie più a rischio in assoluto.

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