HD 139139, una stella che confonde gli astronomi
Le frequenti ma irregolari attenuazioni della sua luminosità, rilevate dal telescopio spaziale Kepler, hanno finora eluso ogni tentativo di spiegazione
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Qui, nel nostro remoto angolino della Via Lattea, la vita umana, rinchiusa com’è sulla Terra, può sembrare minuscola e ristretta in confronto alla galassia. Ma l’universo – vasto, profondo e presumibilmente infinito – è sempre pronto a darci delle sorprese.
Nella ricca messe di informazioni raccolta dal telescopio spaziale Kepler, un osservatorio ormai non più in funzione che aveva il compito di cercare esopianeti, gli astronomi hanno scovato una stella assai particolare le cui caratteristiche sfidano molte delle solite nozioni acquisite. Dopo aver passato più di un anno sui dati che la riguardano, il gruppo che ha scoperto questo strano oggetto, denominato HD 139139, non sa ancora come interpretarli.
“Non avevamo mai visto una cosa del genere con Kepler, che pure ha osservato 500.000 stelle”, dice Andrew Vanderburg, astronomo dell’Università del Texas ad Austin e coautore di un recente studio dedicato a questo oggetto celeste, pubblicato sul server preprint ArXiv.
Il telescopio spaziale Kepler, la cui missione è terminata a ottobre 2018, ha esaminato la luce proveniente dalle stelle in cerca di periodiche attenuazioni della luminosità, che normalmente sono interpretate come segni del passaggio di un pianeta davanti alla stella. Gli astronomi analizzano i dati rilevati dall’osservatorio mediante algoritmi che cercano appunto queste ripetute eclissi della luce stellare.
In alcuni casi però gli andamenti della luminosità sono troppo complessi per essere scovati dai computer; la parola passa dunque ai citizen scientists, collaboratori volontari della scienza che esaminano anch’essi il catalogo di Kepler e usano le capacità del cervello umano per trovare segnali inattesi. Nella primavera 2018 alcuni di questi astronomi non professionisti hanno preso contatto con Vanderburg per dirgli di dare un’occhiata a HD 139139, una stella simile al Sole che dista circa 350 anni luce.
“Quando mi è arrivato il loro messaggio e-mail, ho guardato meglio i dati e mi sono detto: sì, questo pare proprio un sistema con diversi pianeti. Però non arrivo a trovarne neanche uno che sembri comportarsi come si deve”, ricorda.
C’erano 28 distinte attenuazioni della luce della stella, ciascuna delle quali durava tra 45 minuti e 7,5 ore; e nessuna sembrava ripetersi. Pareva più una forma di rumore che un segnale, e all’inizio il gruppo ha pensato che potesse trattarsi di qualche problema dello strumento. Dopo un’accurata verifica, però, è sembrato proprio che i dati fossero genuini.
Secondo la prima spiegazione astronomica proposta, HD 139139 potrebbe essere circondata da un nugolo di pianeti, non meno di 14 e forse addirittura 28: un numero stupefacente, di gran lunga superiore a quello di ogni altro sistema noto. Considerata le loro curve di luce quasi identiche, poi, questi pianeti dovrebbero avere tutti più o meno le stesse dimensioni, di poco superiori a quelle della Terra.
Il fatto è che la durata molto breve delle attenuazioni della luce fa pensare che ogni eventuale esopianeta dovrebbe passare davanti alla stella molto rapidamente, suggerendo un’orbita molto vicina a essa. Ma si fa fatica a credere, allora, che neanche uno di essi sia tornato a passare dinanzi alla stella negli 80 giorni di osservazione che Kepler ha dedicato alla stella.
Un’altra possibilità era che un secondo corpo celeste – un grosso pianeta o una stella non ancora vista – facesse sentire la sua forza di gravità sugli oggetti che oscuravano la luce, affrettando o rallentando, a seconda dei casi, le relative eclissi in modo da produrre un andamento apparentemente casuale. Ma un oggetto del genere dovrebbe attirare anche la stella centrale. Dopo aver osservato HD 139139 con telescopi a terra, il gruppo non ha trovato alcuna indicazione che la stella subisse forze attrattive di questo tipo.
I ricercatori hanno considerato la possibilità che davanti a HD 139139 stesse passando qualche pianeta in via di disintegrazione, da cui potevano provenire nubi di polveri che a volte generavano attenuazioni e altre volte no. C’è un piccolo numero di altri sistemi in cui sono stati osservati fenomeni di questo tipo, ma in quei casi gli astronomi sono comunque sempre riusciti a determinare il periodo orbitale del pianeta in via di evaporazione.
Infine, il gruppo si è chiesto se non vi fossero “macchie stellari” (zone fredde analoghe alle macchie solari) a vita breve sulla faccia di HD 139139, che apparivano e sparivano all’improvviso, una situazione in realtà mai vista prima. Vanderburg dice che hanno considerato l’idea soprattutto perché lui e i suoi colleghi si sentivano a disagio nello scrivere un lavoro scientifico senza neanche una proposta di spiegazione naturale.
E aggiunge che c’è un’altra possibilità che non hanno contemplato nell’articolo, anche se è davvero poco convenzionale: un gigantesco progetto ingegneristico extraterrestre che blocchi, a intervalli irregolari, la luce della stella. Idee speculative di questo genere erano già state avanzate nel 2015, quando fra le stelle osservate da Kepler alcuni citizen scientists ne avevano trovata una dagli andamenti strani, informandone l’astronoma Tabetha Boyajian della State University of Louisiana a Baton Rouge.
In quel caso, l’andamento delle attenuazioni della luce aveva incuriosito gli esperti, tanto che l’astrofisico Jason Wright della State University of Pennsylvania aveva organizzato una campagna di ascolto dell’oggetto, che ha finito per essere soprannominato “stella di Tabby”, nella speranza di cogliere le onde disperse di eventuali trasmissioni radio. L’impresa però, alla fine, non ha dato particolari frutti.
“Nella nostra comunità scientifica, quando si sente parlare di cose del genere partono subito le battute sugli alieni”, dice Vanderburg. E la cosa è passata per la testa anche a lui, aggiunge: quelle attenuazioni apparentemente casuali gli richiamavano alla mente la scena del film Contact in cui il personaggio interpretato da Jodie Foster comincia a sentire dei bip dallo spazio profondo che poi vanno a comporre una sequenza di numeri primi.
Questa stella sarà senz’altro aggiunta alla lista di quelle indagate alla ricerca di segni di attività tecnologiche, dice Wright. Ma è più probabile, secondo lui, che gli astronomi finiranno per arrivare a una spiegazione che non chiama in causa extraterrestri intelligenti. “Penso che dobbiamo considerare tutte le altre opzioni prima di prendere questa strada”, concorda Boyajian. “Questo è uno di quei sistemi che probabilmente non capiremo senza ulteriori dati.”
Però sono pochi gli altri osservatori capaci dell’estrema precisione di Kepler. La maggior parte dei telescopi con base a terra non è abbastanza sensibile da vedere le attenuazioni della luce di cui si parla, ed è difficile per i ricercatori prenotare i periodi di tempo piuttosto lunghi di cui avrebbero bisogno su un potente strumento orbitante come il telescopio spaziale Hubble. Il satellite TESS (la sigla sta per Transiting Exoplanet Survey Satellite) della NASA, lanciato di recente, non ha in programma di osservare HD 139139 nel corso della sua campagna primaria, anche se forse potrebbe farlo se la sua missione verrà allungata.
Vanderburg dice che lui e i suoi colleghi sperano che qualcuno, nella comunità di chi si occupa di astronomia, si farà venire un’idea a cui loro non hanno pensato. Intanto, la situazione resta un altro esempio dell’inesauribile diversità dell’universo.
“È una cosa che ci rimette al nostro posto”, dice Boyajian. “Ci richiama all’umiltà e ci ricorda che è proprio vero che non sappiamo tutto”.
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(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Scientific American” il 3 luglio 2019. Traduzione di Alfredo Tutino, editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)