Gli ambientalisti sono considerati “Nemici dello Stato” nelle Filippine e America Latina (VIDEO)
Come governi e imprese costringono al silenzio chi difende l’ambiente
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Ogni settimana nel 2018 sono state assassinate in media 3 persone colpevoli di aver difeso il loro territorio e l’ambiente di tutti noi, ma nel mondo sono innumerevoli gli ambientalisti che vengono criminalizzati, minacciati, picchiati e feriti. Cifre e fatti ancora una volta denunciati da Global Witness nel rapporto
“Enemies of the State? / ¿Enemigos del Estado?” e l’ONG che difende i diritti umani fa notare che «Siamo sempre di più chiamati a difendere il pianeta; però le persone che difendono il loro territorio e il nostro ambiente vengono costrette al silenzio». Gli attacchi a ambientaliste e leader comunitari sono quasi sempre fatti da industrie distruttive come quella mineraria, del legname e dell’agricoltura intensiva.
Nel 2018 l’aumento più forte di ambientalisti assassinati è stato registrato in Guatemala, dove il numero dei difensori dell’ambiente uccisi 816) si è quintuplicato, trasformando il piccolo Paese centro-americano – retto da un governo di destra che aveva assicurato di voler portare pace e sicurezza – in quello più letale in termini di assassinii pro-capite.
Ancora una volta è l’America Latina la regione del mondo con il maggior numero di ambientalisti assassinati: 83 accertati nel 2018. E dice Ben Leather, responsabile campagne di Global Witness, ricorda che dal 2012, «Da quando documentiamo gli assassinati tra i difensori ambientali l’America Latina è sempre stata la regione più pericolosa». Il Paese latinoamericano più pericoloso per gli ambientalisti è la Colombia, con 24 assassinati nel 2018, seguita dal Brasile con 20, ma con l’arrivo al potere dl presidente di estrema destra Jair Bolsonaro in Brasile le cose nei primi mesi del 2019 sono già peggiorate, con l’invasione delle terre indigene da parte di garimpeiros e taglialegna abusivi. Seguono il Messico con 14 ambientalisti uccisi, l’Honduras con 4, il Venezuela con 3, il Cile con 2.
Ma il Paese del mondo più letale per i difensori dell’ambiente si confermano le Filippine, dove sono stati assassinati almeno 30 ambientalisti tra l’indifferenza – e spesso la complicità – del governo del presidente neofascista Rodrigo Duterte.
In Asia il Paese più pericoloso per i difensori dell’ambiente è l’India: dove gli ambientalisti uccisi nel 2018 sono stati ben 23, e il rapporto segnala anche 6 ambientalisti uccisi in Iran, 6 in Cambogia e uno ciascuno in Pakistan e Indonesia.
Le cifre degli ambientalisti assassinati sembrano molto sottostimate in Africa dove, nonostante le molte guerre e guerriglie in corso con sullo sfondo problemi ambientali, risultano 8 morti solo nella “solita” Repubblica democratica del Congo, 2 in Kenya, 2 in Gambia, 1 in Senegal e 1 in Sudafrica.
L’industria più pericolosa per gli ambientalisti è quella estrattiva: nel mondo sono morte almeno 43 persone morte per essersi opposte alla costruzione o all’ampliamento di miniere e sono anche aumentate le morti (17) legate a conflitti per l’acqua potabile che spesso hanno a che fare con l’inquinamento di falde e corsi d’acqua provocato dalle miniere e dalle dighe idroelettriche. I difensori dell’ambiente continuano a subire gli attacchi di bande criminali, milizie e anche forze dell’ordine al soldo dell’agroindustria 21 morti), dell’industria del legname (13 morti) e da parte dei bracconieri (9 morti).
Global Witness accusa: «I gruppi di sicurezza privati, le forze statali e i sicari sospettati di essere a capo degli assassinii a volte operano in forma congiunta» e fa notare che «E’ molto probabile che le cifre contenute in questo rapporto siano minori di quelle reali, dato che molti assassinii non vengono documentati. Ma le storie che riporta mostrano in che modo la crescente richiesta di terra, come risposta alla domanda dei consumatori, stia generando violenza letale i tutto il mondo».
Il rapporto annuale di Global Witness sugli assassinii dei difensori dell’ambiente e della terra rivela anche come innumerevoli persone vengono quotidianamente minacciate, detenute arbitrariamente o incarcerate per aver ostacolato i progetti di governi e imprese (molto spesso di entrambi) che vogliono ottenere guadagni facili occupando le loro terre. Come spiega l’ONG, «Si tratta di persone comuni che stanno semplicemente tentando di difendere il luogo dove abitano e le forme di vita, difendendo così la salute del nostro pianeta. Nel giro di qualche minuto, vengono spogliati violentemente delle loro terre perché altri producano beni che vengono usati ogni giorno in tutto il mondo, sottoforma di alimenti, telefoni cellulari o gioielleria». Come spiega Joel Raymundo, del movimento Resistencia Pacífica de la Microrregión de Ixquisis, «Dicono che siamo terroristi, delinquenti, assassini e che qui abbiamo gruppi armati; però la realtà è che ci stanno ammazzando».
Il rapporto “Enemies of the State?” racconta molte storie tragiche e Global Witness ne ha scelto qualcuna, come quella di Julián Carrillo, che sapeva di essere in pericolo molto prima che, nell’ottobre 2018, il suo corpo venisse ritrovato crivellato. Era il sesto membro della sua famiglia a morire in soli 2 anni per essersi opposto alla realizzazione di una miniera nei territori della sua comunità in Messico. Paese dove nel 2018 sono stati assassinati 14 difensori della terra, quasi tutti indios.
Qualche giorno prima, un gruppo di uomini armati avevano massacrato 9 uomini, donne e bambini colpevoli di difendere le loro terre a isla de Negros, nelle Filippine centrali.
In Iran un noto scienziato, Kavous Seyed-Emami, è morto in prigione in circostanze poco chiare. Era uno dei 9 ambientalisti arrestati con l’accusa di approfittare di una ricerca sugli ultimi ghepardi asiatici per fare spionaggio.
Ma la violenza che porta alla morte è solo la punta dell’iceberg delle molteplici minacce che quotidianamente debbono affrontare i difensori dell’ambiente: «In tutti i continenti, i governi e le imprese stanno usando i tribunali e i sistemi giudiziari dei diversi Paesi come strumenti di oppressione contro chi rappresenta una minaccia al loro potere e ai loro interessi – denuncia ancora Global Witness – E’ per questo che quest’anno, per la prima volta, abbiamo documentato le varie forme in cui le persone che difendono l’ambiente vengono criminalizzate».
Dal rapporto emerge che in alcuni Paesi il governo sta classificando gli ambientalisti e le persone che difendono le loro terre come terroristi o nemici dello Stato, come ha fatto l’Iran con i 9 ricercatori incarcerati per spionaggio. Ma anche nella democratica Europa. In Gran Bretagna, viene represso il movimento anti-fracking e, come in Italia e in quasi tutti i Paesi dell’Est Europa, governi e industrie stanno modificando o hanno già modificato le legislazioni nazionali per criminalizzare la protesta sociale».
Comunque, l’unico Paese europeo dove risultano 3 ambientalisti assassinati nel 2018 è l’Ucraina.
Global Witness evidenzia che «Criminalizzando in questa maniera le persone che difendono l’ambiente, fa in modo che gli attacchi contro di loro appaiano legittimi, il che li fa aumentare. Questa tendenza è presente in tutto il mondo, spinta da politici populisti che stanno eliminando tutte le salvaguardie ambientali proprio quando ne abbiamo più bisogno».
Insomma, come sempre, populisti e sovranisti dicono di voler difendere il popolo e poi impediscono al popolo di difendersi e si accordano con chi al popolo vuole togliere terra, acqua, salute e diritti. Cattivi avvocati del popolo direbbe – se potesse – il nostro premier Conte