L’asteroide che cambiò l’aspetto della Luna

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L’asteroide che cambiò l’aspetto della Luna

Le differenze fra la faccia visibile della Luna, con grandi bacini chiamati “mari”, e quella nascosta, butterata di crateri, sarebbero dovute all’impatto di un grande asteroide avvenuto poco dopo la sua formazione
di Emiliano Ricci
www.lescienze.it

Fra poco più di un mese si celebra il cinquantesimo anniversario dello sbarco del primo uomo sulla Luna, ma il nostro unico satellite naturale ha molte caratteristiche ancora in attesa di essere spiegate. Una di queste è l’evidente asimmetria nell’aspetto dei due emisferi lunari: quello rivolto verso la Terra, ricco di grandi bacini detti “mari”, e quello sempre rivolto dalla parte opposta (a causa della sincronizzazione fra moto di rotazione e moto di rivoluzione della Luna), che è segnato ovunque da crateri.

Dell’esistenza di questa asimmetria ci siamo accorti solo quando abbiamo visto per la prima volta la “faccia nascosta”, un risultato storico raggiunto appena 60 anni fa. Era infatti il 7 ottobre 1959 quando la sonda sovietica Luna 3 inviò per la prima volta le immagini di alcune regioni lunari che l’occhio umano non aveva mai potuto osservare.

Ma si è comunque dovuto attendere le missioni Apollo perché la faccia nascosta potesse essere vista direttamente dall’uomo.

Questa fortuna toccò agli astronauti della missione Apollo 8, che il 24 dicembre 1968 furono i primi a circumnavigare il nostro satellite: il comandante Frank Borman, il pilota del modulo di comando James Lovell e il pilota del modulo lunare William Anders, divenuto famoso come autore del celebre scatto Earthrise, che mostra la Terra che sorge sopra l’orizzonte lunare. (James Lovell divenne invece celebre come eroico comandante della sfortunata missione Apollo 13.)

L’equipaggio dell’Apollo 8, da sinistra: James Lovell, William Anders e Frank Borman (NASA/MSFC)

Da quel momento, la faccia nascosta della Luna è stata osservata da vicino da altri ventiquattro astronauti delle successive missioni Apollo (l’ultima, Apollo 17, si svolse nel dicembre 1972), a eccezione della missione Apollo 9, il cui programma prevedeva di svolgere vari test restando in orbita terrestre.

In seguito, l’emisfero lontano è stato fotografato e analizzato da molte altre missioni robotizzate statunitensi e sovietiche, ma anche di altri paesi, come Giappone, India, Europa (con l’Agenzia spaziale europea), e, soprattutto, Cina. (Per completezza, all’elenco va aggiunto anche Israele, che, con la fallita missione Beresheet, sarebbe stato il primo a posarsi sul suolo lunare con una missione privata. Purtroppo l’11 aprile scorso la sonda si è schiantata a causa di un malfunzionamento avvenuto pochi minuti prima dell’allunaggio.)

Il 3 gennaio scorso la missione cinese Chang’e-4 è riuscita per la prima volta a far atterrare un lander e attivare un rover nel grande bacino Polo Sud-Aitken, una delle più imponenti strutture della faccia nascosta della Luna. Grazie agli strumenti a bordo del lander e del rover gli astronomi si aspettano di ottenere dati importanti per comprendere la geologia del nostro satellite e arrivarne a definirne meglio la storia, che mostra ancora ampie lacune.

Un passo importante è stato però già compiuto da uno studio pubblicato a maggio sul “Journal of Geophysical Research: Planets” da un gruppo di ricercatori guidato da Meng-Hua Zhu, dell’Istituto di scienza dello spazio dell’Università della scienza e della tecnologia di Macao, che ha condotto un’estesa serie di simulazioni numeriche basate sui dati raccolti nel 2012 dalla missione NASA GRAIL (Gravity Recovery and Interior Laboratory).

Secondo Zhu e colleghi, l’asimmetria fra i due emisferi lunari sarebbe da imputare a un impatto fra la Luna e un asteroide di grandi dimensioni avvenuto non molto dopo la sua formazione, ma quando la sua crosta era già solida. L’analisi delle osservazioni condotte dalla sonda GRAIL rivela infatti che la crosta dell’emisfero lontano è circa 20 chilometri più spessa di quella del lato opposto e ha anche una composizione chimica piuttosto diversa.

Mentre in un’ampia regione dell’emisfero vicino è presente una particolare concentrazione di un gruppo di elementi il cui complesso è chiamato KREEP (K è il simbolo del potassio, P quello del fosforo, REE sta per rare-earth elements), quello lontano ne è quasi privo, con la sola eccezione della regione del Polo Sud-Aitken. Per contro quell’emisfero è coperto da uno strato di crosta in cui abbonda materiale femico (o mafico), ricco cioè di composti di ferro e magnesio, come pirosseni e olivine, che nasconde uno strato di crosta anortositica (di origine magmatica), più simile a quella del lato vicino.

Tuttavia, la missione giapponese Kaguya rivelò a suo tempo una vasta zona dell’emisfero vicino – l’Oceano delle Tempeste, il più esteso bacino basaltico della Luna, la stessa zona in cui si concentrano i KREEP – in cui sono presenti pirosseni a basso contenuto di calcio. Questa composizione è di solito interpretata come il risultato della fusione di una miscela di materiali provenienti sia dalla crosta che dal mantello, che si ipotizza sia appunto composto da materiali densi come olivine e pirosseni. E una miscela di questo tipo si ottiene solo grazie a un gigantesco impatto che deve aver sconvolto l’intero satellite.

Zhu e collaboratori hanno approfondito questa possibilità eseguendo 360 simulazioni numeriche. E’ risultato che, fra le numerose ipotesi presenti in letteratura, quella dell’impatto sul lato vicino – di cui l’Oceano delle Tempeste sarebbe la cicatrice – è in effetti la più probabile Ma quali sono gli elementi fondamentali che fanno propendere per questa soluzione?

“In primo luogo, come vincolo principale per il nostro modello, abbiamo usato la differenza di spessore della crosta”, spiega a “Le Scienze” Kai Wünnemann, del Museo di storia naturale dell’Istituto Leibniz per l’evoluzione e la scienza della biodiversità di Berlino, secondo autore dell’articolo. “Una volta trovata con il modello una buona corrispondenza con lo spessore della crosta, abbiamo imposto altre condizioni, collegate alla presenza di KREEP sul lato vicino e al fatto che la crosta lunare del lato lontano è costituita da una struttura a doppio strato.” Questa struttura, secondo i modelli presentati dagli autori, sarebbe infatti il frutto dalla deposizione dei materiali sollevati dall’impatto e poi ricaduti sulla superficie lunare.

Mappe dello spessore della crosta lunare nell’emisfero vicino (a sinistra) e lontano (NASA/JPL-Caltech/S. Miljkovic)

Una volta fissate le condizioni al contorno del modello, bisognava stabilire le caratteristiche dell’asteroide: dimensioni, velocità e l’inclinazione dell’impatto. “Dalle simulazioni abbiamo visto che diversi modelli, in cui… L’ARTICOLO CONTINUA QUI

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