Una collisione cosmica ha creato l’oro della Terra
Una parte consistente degli elementi pesanti del nostro pianeta, fra cui l’oro, deriva da un’unica collisione tra due stelle di neutroni avvenuta a 1000 anni luce di distanza 4,6 miliardi di anni fa
di Imre Bartos e Szabolcs Márka/Scientific American
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Una collisione tra due stelle di neutroni è stata rilevata per la prima volta 60 anni dopo che Margaret Burbidge e i suoi colleghi avevano compreso che gli elementi più pesanti dell’universo dovevano essere stati creati da violente esplosioni cosmiche.
Le onde gravitazionali provenienti dalla collisione, osservate da LIGO e Virgo nel 2017, hanno portato in tutto il mondo a una caccia al flash cosmico prodotto dai detriti delle stelle di neutroni. I risultati di quelle ricerche hanno fatto diventare le stelle di neutroni l’ipotesi più probabile come origine degli elementi di Burbidge.
Alcuni elementi generati nel processo descritto da Burbidge sono radioattivi, cioè sono soggetti a un continuo decadimento dopo l’esplosione iniziale che li ha prodotti, e quindi sono una sorta di orologi cosmici onnipresenti che ci danno informazioni sulla loro origine.
La materia depositata da quella collisione è ovunque. Ogni essere umano ne ha in sé una quantità pari a un ciglio, soprattutto sotto forma di iodio; una fede nuziale in oro ne contiene dieci milligrammi, un’automobile Tesla Model 3 cinque grammi, un reattore nucleare 200 chilogrammi. Di tutto l’oro mai raffinato dagli esseri umani, 600 tonnellate derivano da quel singolo evento.
Le stelle di neutroni sono “cadaveri” stellari ultracompatti che si formano quando una stella massiccia collassa sotto il peso della propria forza gravitazionale. Possono avere una massa pari a quella del Sole, ma hanno le dimensioni della città di New York. In pratica sono un gigantesco nucleo atomico costituito in massima parte da neutroni, da cui il nome.
L’ipotesi delle collisioni
Gli scienziati sospettavano da tempo che ogni tanto nell’universo si verificassero collisioni di stelle di neutroni, anche se era difficile ottenere prove tangibili. All’inizio degli anni sessanta, Freeman Dyson ipotizzò che due stelle di questo tipo potessero orbitare l’una attorno all’altra, molto vicine, e si interessò alla possibilità di estrarre energia da un sistema del genere in un futuro remoto dell’umanità. Russell Hulse e Joe Taylor furono i primi, negli anni settanta, a osservare due stelle di neutroni vicine tra loro: quelle due, nello specifico, sono destinate a scontrarsi fra 300 milioni di anni, dato che la loro distanza continua a diminuire come risultato dell’emissione di onde gravitazionali.
Il primo indizio delle collisioni fra stelle di neutroni fu un effetto collaterale fortuito della guerra fredda. Negli anni sessanta gli Stati Uniti avevano lanciato una rete di satelliti militari, chiamata Vela, per controllare che l’Unione Sovietica rispettasse un trattato per la messa al bando dei test nucleari, ma invece di esplosioni illecite sulla Terra i satelliti iniziarono a rilevare segnali misteriosi dallo spazio. Alcuni di quei lampi cosmici di fotoni carichi di energia, chiamati raggi gamma, si sarebbero in seguito rivelati segnali di stelle di neutroni che si scontravano a miliardi di anni luce da noi.
Il momento e il punto in cui avvengono le collisioni tra stelle di neutroni è di particolare importanza per la nascita di un sistema solare. Prima della formazione del nostro Sole e dei suoi pianeti, la materia da cui sarebbero sorti esisteva sotto forma di una nube primordiale di gas e polveri di dimensioni molto superiori a quelle dell’attuale sistema solare, una nube che, come un’enorme rete cosmica, catturava gli atomi in movimento tra le stelle nel cosiddetto mezzo interstellare. Parte della materia accumulata in questa nube, inclusa gran parte dell’oro, del platino, dell’uranio e di altri elementi pesanti che si trovano oggi sulla Terra, derivava da collisioni tra stelle di neutroni.
Per ricostruire quello che avvenne, abbiamo guardato agli isotopi radioattivi prodotti dalle stelle di neutroni che si sono depositati nella nube presolare. Anche se gran parte di quegli isotopi è decaduta già da molto tempo, la loro presenza nel sistema solare primordiale è registrata nelle meteoriti che si sono formate poco dopo il collasso della nube che innescò la formazione del Sole e dei pianeti.
Le informazioni codificate negli isotopi radioattivi sono rivelatrici. Abbiamo scoperto che le quantità relative di diversi isotopi a breve vita con tempo di dimezzamento inferiore a 100 milioni di anni corrispondono a isotopi che derivano dalle stelle di neutroni, e non da un altro tipo di esplosioni cosmiche: le supernove, prodotte dalle stelle massicce quando muoiono. Nella Via Lattea le esplosioni di supernove sono mille volte più frequenti di quelle delle stelle di neutroni.
In altre parole, se gli isotopi a breve vita fossero prodotti dalle supernove, la loro quantità sarebbe reintegrata regolarmente, ed essi sarebbero stati di certo presenti al momento della formazione del sistema solare. Nel caso delle collisioni tra stelle di neutroni, più rare, gli isotopi a breve vita decadono poco dopo la fusione e non ce ne sarebbero di nuovi fino alla collisione successiva: è dunque probabile che al momento della formazione del sistema solare fossero tutti decaduti. Le quantità osservate degli isotopi a breve vita curio-247 e iodio-129 nel sistema solare primordiale indicano proprio che si era verificato questo decadimento, e ciò esclude che quegli elementi provenissero dalle supernove.
All’epoca del lavoro originale di Burbidge e nei decenni successivi le supernove erano considerate l’origine più probabile degli elementi più pesanti, ma questo paradigma è stato poi messo in discussione da molte prove indipendenti, incluso il segnale ottico della collisione tra stelle di neutroni rilevato da LIGO e Virgo, oltre che dal nostro lavoro.
Gli isotopi radioattivi suggeriscono anche che una collisione di stelle di neuroni sia avvenuta non lontano dalla nube presolare. Confrontando le quantità misurate nella Via Lattea con le simulazioni numeriche, abbiamo determinato che con buona probabilità fu un’unica collisione a produrre una parte considerevole degli elementi a breve vita del sistema solare primordiale. Per esempio il curio, il cui isotopo più stabile ha un tempo di dimezzamento pari a 15,6 milioni di anni, fu prodotto in gran parte da una singola collisione.
Gli elementi che derivano dalle stelle di neutroni hanno ruoli importanti nella nostra vita. Tra di essi ci sono metalli preziosi come l’oro e il platino, elementi essenziali per la produzione dei moderni dispositivi elettronici, e anche alcuni, come lo iodio, che sono indispensabili per la vita stessa. Se il ritmo delle collisioni fosse stato diverso, o se la Terra si fosse trovata in una zona diversa della Via Lattea, l’abbondanza di materia proveniente dalle stelle di neutroni avrebbe potuto essere molto diversa, e con essa tutto il nostro ambiente.
Con l’avvento di nuovi tipi di osservatori, come quelli in grado di rilevare le onde gravitazionali o i neutrini, lo studio dell’universo fa sempre maggiore affidamento sull’incrocio di informazioni provenienti da diversi messaggeri dell’universo. In questo nuovo campo di ricerca, chiamato astrofisica multimessaggera, l’esame degli elementi radioattivi che si trovano nel sistema solare è una novità preziosa. C’è ancora molto da scoprire sugli eventi cosmici più estremi e sul modo in cui hanno plasmato il nostro ambiente qui sulla Terra.